Un approdo sicuro

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Giancarlo Santone, medico psichiatra, ha fondato e coordina a Roma il Samifo, una struttura sanitaria di accoglienza che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo provenienti da varie parti del mondo. Qui, queste persone, grazie a un’équipe di specialisti, trovano sostegno e un’opportunità di ricostruirsi un futur

Il fantasma dei ricordi. Nonostante tutto, Joy non ha perso il sorriso. Anche se i ricordi sono tutt’altro che dolci e affiorano ogni notte come spine nella carne viva. Guarda ancora una volta la foto del figlio, poi la bacia. Il figlio che incontrerà a breve, dopo diciassette anni, è tutto quello che gli resta della sua vecchia vita in Togo. La storia di Joy cambiò per sempre il 5 febbraio 2005. «Quel giorno – racconta – l’ opposizione aveva proclamato uno sciopero. Mia moglie e mio padre erano andati a fare la spesa. I soldati di Gnassingbé usarono i lacrimogeni e gli esplosivi per disperdere la folla che si era radunata in piazza, poi cominciarono a sparare. Mia moglie e mio padre furono assassinati dai soldati».

Dopo quell’evento luttuoso, Joy scese in piazza contro il regime, ma fu catturato e buttato in una prigione, torturato e costretto a dividere la cella con i corpi degli oppositori assassinati in carcere. Fino a quando la prigione fu assaltata e Joy riuscì, dopo una fuga rocambolesca, a lasciare il paese e a riparare in Niger. Da lì, attraversò il deserto per sbarcare al suo secondo tentativo a Lampedusa.

«Un viaggio terribile – ricorda –. Ho visto molti amici morire, le loro facce tormentano ancora i miei sogni». Joy è uno dei duemila rifugiati e richiedenti asilo che il Samifo (Salute migranti forzati) assiste ogni anno a Roma, vicino alla stazione Termini. La sua voce risuona nelle stanze della struttura e si confonde con quella di altre centinaia di essere umani, che si portano cucito addosso l’inferno. Grazie ai medici del Samifo Joy potrà finalmente riabbracciare suo figlio.

La scommessa. Il direttore del Samifo, lo psichiatra Giancarlo Santone, spera che questo incontro permetta a Joy di riappacificarsi con il passato e allontanare i demoni che lo perseguitano. Alto, sulla cinquantina, naso da pugile e una criniera di capelli ricci, i modi eleganti che gli conferiscono un’aria da uomo di altri tempi, nel 2006 Santone ha fondato il Samifo, decidendo di dare un senso a un’esperienza professionale lunga una vita e scommettendo su un’inedita collaborazione tra sanità pubblica e volontariato cattolico: una Asl e uno dei centri di accoglienza più attrezzati della capitale, il centro Astalli. «Di “palestrati” e di “finti migranti” che attraversano il mare per puro divertimento, da queste parti non ne abbiamo avvistati. Non almeno negli ultimi quindici anni», osserva ironico.

Un’équipe specializzata. L’équipe diretta da Santone conta una cinquantina tra medici di famiglia, medici legali, psichiatri, psicologi, ginecologhe, interpreti e assistenti sociali. Il grosso degli assistiti proviene dall’Africa, attraverso la rotta libica oppure dall’Af- ghanistan, dalla Siria, o da paesi ancora più lontani, attraversando con mezzi di fortuna, spesso a piedi, i Balcani.

«Si tratta nella maggioranza dei casi – osserva Rossella Carnevali, una psicologa del centro – di persone che non hanno altra scelta che partire, perché perseguitate in patria o perché non vedono un futuro nel loro paese. Sono spesso coscienti che il viaggio presenta gravi rischi per la loro incolumità». Un esempio? «Tante donne che provengono dal Corno d’Africa si fanno innestare un contraccettivo sot- tocutaneo per evitare gravidanze in- desiderate durante il viaggio. Sanno di poter essere violentate, eppure partono».

La provenienza dei rifugiati. I medici del Samifo sono arrivati a contare 82 paesi di provenienza tra i rifugiati: molti arrivano da Stati dove sono in corso guerre civili o dove non sono rispettate le libertà più elementari. Le loro storie sono tutte spaventose. «La stragrande maggioranza di chi è passato dalla Libia ha subìto vessazioni di ogni tipo – spiega Giancarlo Santone –: sequestri, ricatti, violenze psicologiche e fisiche, abusi sessuali. Abbiamo assistiti e assistite che erano stati ridotti in schiavitù per lavorare o per essere sfruttate sessualmente. Ma anche i racconti di quelli che arrivano dai Balcani non sono meno drammatici».

In aumento le donne. Le violenze sessuali sulle donne sono frequenti e non sempre facilmente accertabili. «Difficile fare sta- tistiche in questi casi – commenta Silvana Patricelli, una delle gi- necologhe – ma almeno il 60-70 per cento delle donne ha subìto abusi. In alcuni casi, sono abusi evidenti, in altri le violenze sono remote e non rimangono tracce fisiche. Vengono qui per una visita, ma poi crollano e raccontano le loro storie». L’attenzione alle donne da parte dell’ unità sta aumentando con la crescita del loro numero. «Quando aprimmo l’unità nel 2006 – sottolinea Santone – il 92 per cento dei nostri assistiti erano maschi. Oggi uno su tre è donna».

I più deboli pagano sempre. Il direttore Giancarlo Santone si augura ora che si guardi al fenomeno migratorio obietti- vamente: «Abbiamo già visto nel corso degli anni la riduzione delle risorse ai centri di accoglienza. Non diagnosticare un disturbo in tempo ha ripercussioni pesanti sulla vita delle persone e il rischio, ancora una volta, è che a pagare siano sempre i più deboli».