La lingua segreta delle donne nella “Terra di mezzo”

0
1187

Ci troviamo a raccontare spesso di come l’orologio dei diritti delle donne anche nell’avanzato Occidente stia andando sempre più indietro. E anche per questo le forme di lotta si moltiplicano, in Italia come altrove. Ma la storia della “resistenza” femminile è molto antica, più di quanto immaginiamo, in Occidente come in Oriente. Vi raccontiamo una storia molto particolare, quella delle donne della minoranza Yao che crearono un linguaggio ignoto agli uomini con cui comunicare le proprie sofferenze e aspirazioni.

Le disuguaglianze di genere nella Cina tradizionale erano tali da spingere le donne che non avevano accesso all’istruzione, a creare un linguaggio ignoto agli uomini, con cui comunicare le proprie sofferenze e le proprie aspirazioni. Tra cui, non di rado, il desiderio di suicidarsi. Fino a poco tempo fa, quelle preghiere nessun uomo poteva comprenderle. Non sono in cinese ma scritte in Nu shu (letteralmente scrittura femminile), probabilmente l’ unica lingua al mondo creata da donne per comunicare solo fra loro.

Anche oggi che quella lingua è stata definitivamente decriptata – grazie al lavoro di alcune ricercatrici cinesi e giapponesi – le origini continuano a rimanere avvolte nel mistero: questo codice segreto, composto di 396 caratteri, rimasto ignoto agli uomini per lunghissimo tempo, probabilmente era nato a cavallo delle due dinastie imperiali Ming e Qing, più di quattrocento anni fa presso la comunità Yao, una minoranza che abita il Sud delle Cina, mescolata agli Han, l’etnia largamente maggioritaria nella Terra di Mezzo.

Ma se i tempi e le modalità in cui nacque questa peculiare lingua son incerti, sono chiare le ragioni che spinsero le donne a tentare una via di fuga da una società che le costringeva ai margini della società cinese. La lingua segreta misurava, infatti, tutta la durezza di una società patriarcale, che relegava la donna che seguiva il marito nella famiglia di lui, in una condizione di semi-schiavismo.

«La prima ragione per la nascita di questa lingua fu il fatto che le donne vivevano nell’analfabetismo forzato, non potevano andare a scuola e nessuno insegnava loro lo Hanzi, la scrittura cinese, che rimaneva una prerogativa maschile», ha spiegato qualche anno fa la linguista cinese Zhao Liming.

L’altra ragione era la pratica dei matrimoni combinati, per cui le nozze erano, la maggior parte delle volte, uno snodo drammatico nella vita delle donne: strappate alle proprie mamme e sorelle e alle amicizie d’ infanzia, finivano sotto l’ autorità della famiglia del marito, spesso in stato di schiavitù e sottoposte alle vessazioni delle suocere. Ma come consolazione, le donne della contea di Jiang Yong non conoscendo l’ alfabeto degli uomini, inventarono una scrittura originale per tramandarsi le canzoni della nostalgia, per confidare alle amiche i loro pensieri più intimi e le sofferenze. Furono aiutate dall’esistenza di una solidarietà femminile che si manifestava attraverso l’ antico costume dello Jiebai Zimei, il «giuramento di sorellanza», un legame tra ragazze adolescenti che spesso era più forte del sangue.

«Quando una giovane donna veniva data in sposa – spiega la ricercatrice giapponese Orie Endo – sua madre, le sorelle e le amiche giurate componevano dei canti apposta per esprimere il dolore della separazione imminente. Ma una volta che la ragazza partiva per il villaggio del marito le loro voci non potevano più viaggiare. E’ così che nacque una scrittura per mantenere vivo il legame tra le donne, una scrittura che non poteva essere il cinese». I caratteri del Nu shu venivano trascritti sui vestiti e le suppellettili, e sul  Chao Shu, il libro del cuore in cui le donne della famiglia di origine e le amiche scrivevano i loro auguri di felicità; molte pagine venivano lasciate bianche perché la sposa potesse confidarvi negli anni seguenti i suoi pensieri e le sue sofferenze.

Ma era davvero una lingua segreta? Per Giulia Falcini, sinologa autrice di un recente libro, “Nu Shu, la scrittura che diede voce alle donne”, «questo codice fatto di caratteri romboidali, dalla forma longilinea ed elegante, più che una lingua segreta era una canale di comunicazione a cui gli uomini non prestavano attenzione. Un mezzo estremamente intimo, che permetteva alle ragazze di esprimere i propri pensieri e le proprie afflizioni in estrema libertà, quella stessa libertà negatagli all’interno della società patriarcale nella quale vivevano.

Non era solo una scrittura, ma anche canti che le donne componevano quando si riunivano tutte in una stanza dove ricamavano, cantavano, parlavano e questi momenti erano attimi di sollievo da una quotidianità opprimente». Questa vera e propria lingua, differente dal cinese perché usa caratteri fonetici e non pittografici, che dava corpo  e forma a una miscela di dialetti locali, continua a parlare al presente. Negli anni Cinquanta il Partito comunista al potere ne vietò la diffusione, e allo stesso tempo varò una robusta serie di riforme che cambiarono profondamente la società cinese.

Una delle prime riforme fu proprio l’eliminazione dei matrimoni combinati. Ma il pregiudizio verso le donne, e l’arretratezza della condizione femminile è stato uno spettro che ha continuato ad aleggiare nella società cinese contemporanea, messe in luce dal fenomeno delle “bambine mai nate”: a causa della politica del figlio unico, una legge per il controllo demografico che è stata in vigore a partire dal 1980, e che ha avuto come effetto la proliferazione , specie nelle campagne, degli aborti quando l’ecografia rivelava il sesso femminile del nascituro o, nella migliore delle ipotesi, la mancata registrazione all’anagrafe delle bambine, per sfuggire alle maglie dei controlli. Milioni di bambine mai venute alla luce o inesistenti per lo Stato. Quella legge è stata abolita solo nel 2016.