Leggere è un processo faticoso e complicato per il cervello che richiede allenamento. Per questo motivo il bambino non va lasciato solo nel suo percorso di apprendimento e nell’esercizio di questa pratica
di Martina Polimeni, Pepe Verde
Il passaggio dalla lettura come “cosa da imparare” alla lettura come “mezzo per imparare” è molto più complesso di quello che sembra. Il libro per il bambino è un oggetto da decodificare e non si trasforma magicamente in uno strumento pronto all’uso. Il momento di transizione e di formazione di un giovane lettore è molto delicato e richiede quella stessa cura e presenza di un adulto che richiedeva il bambino in età prescolare alle prese con i primi libri-gioco. Il processo di apprendimento della lettura modifica le caratteristiche fisiologiche e intellettive del cervello, permettendo all’individuo di avere accesso a una coscienza del mondo circostante molto più approfondita, sostiene la neuroscienziata americana Maryanne Wolf. Ma riconoscere le parole e comprendere frasi più articolate, non equivale automaticamente a essere in grado di sfruttare le possibilità del saper leggere. La lettura è, infatti, una pratica faticosa, un processo complicato per il cervello, che richiede allenamento. Può accadere spesso che un ragazzo, appena acquisita autonomia nella lettura, venga lasciato completamente solo nell’esercizio di questa pratica. È proprio l’abbandono del ragazzo a sé stesso che va scongiurato, soprattutto in un contesto come quello attuale in cui i tanti stimoli offerti dalle tecnologie potrebbero allontanarlo completamente dal piacere di leggere.
La condivisione
Qual è il modo migliore per aiutare i ragazzi a coltivare la lettura in questa fase così delicata? La soluzione è sempre la condivisione. Un ragazzo lasciato solo potrebbe scoraggiarsi, proprio a causa della fatica che la lettura comporta. È importante, dunque, che un adulto rimanga presente, continuando a leggere e decodificare i testi insieme ai bambini, affinché la lettura non smetta di essere associata al piacere di ascoltare. Due momenti devono accompagnare questa fase: la fatica di imparare e il piacere legato al libro. A questo punto si pone il problema di quali siano i libri più indicati. L’abitudine alla lettura autonoma può essere motivata intercettando gusti ed esigenze personali, facendo attenzione che la scelta dei testi non superi mai il livello di abilità raggiunto dai bambini. Preferibili sono testi brevi, favole, fiabe o racconti, per non affaticare anche il livello di comprensione. Si tratta di libri con caratteri ad alta leggibilità, pensati anche per chi soffre di dislessia, spesso accompagnati da splendide illustrazioni. La scelta può essere fatta ragionando per autori, tematiche o collane. È interessante coinvolgere il bambino in questa operazione, affinché sia lui a decidere cosa preferisce leggere, stimolando l’approfondimento di un tema o la ricerca di qualcosa di nuovo.
Piacere e non dovere
Se la lettura deve essere un piacere, deve distinguersi da quella scolastica e diventare uno spazio a sé, diverso da quello dei compiti a casa, che ovviamente non vanno trascurati. Soprattutto durante il periodo delle vacanze il momento della lettura deve identificarsi come tempo libero. Questo è sicuramente incentivato da un contesto di buon esempio, in cui anche gli adulti si dedicano al piacere di leggere.
Articolo pubblicato sul numero di giugno del nostro mensile. Per abbonamenti clicca qui