Indagine. terza età a tavola. Frutta, verdura e pane, ma la crisi pesa sulla dieta

0
1530

L’Auser, lo Spi Cgil e la Fondazione Di Vittorio,  hanno deciso di mettere il naso nel piatto degli anziani ed esaminare cosa e come mangiano, quali sono le loro abitudini, attraverso un’ampia ricerca. La crisi ha pesato di più fra le persone meno istruite, tra chi ha le pensioni più basse e tra chi risiede al Sud e nelle Isole.

La crisi, la solitudine, il borsellino spesso vuoto perché magari bisogna sostenere una spesa imprevista. Sono diversi i fattori che incidono sulle abitudini alimentari di tutti noi e in modo particolare degli anziani. Fattori ai quali dobbiamo aggiungere elementi di tipo culturale, di estrazione sociale, di salute ed autonomia di vita che messi tutti insieme fanno sentire le loro conseguenze anche a tavola.
L’Auser, lo Spi Cgil e la Fondazione Di Vittorio,  hanno deciso di mettere il naso nel piatto degli anziani ed esaminare cosa e come mangiano, quali sono le loro abitudini, attraverso un’ampia ricerca, con oltre 11.000 questionari distribuiti in tutte le regioni presso i centri sociali, le sedi sindacali, i servizi fiscali e di consulenza. Nel complesso sono stati analizzati 7241 questionari.
I risultati di questa ampia indagine sono stati presentati a Firenze venerdì 14 ottobre, nell’ambito dell’ottava edizione della città che apprende.
Il profilo degli intervistati: sposati e con basso reddito
Età media 69-70 anni, Il 37.1% è  in possesso  della licenza media o avviamento professionale, il 28.2% ha la sola licenza elementare, il 27,2% è diplomato, i laureati sono il 6% mentre non hanno alcun titolo di studio il 4,5% degli intervistati.
Tra gli intervistati prevalgono le persone coniugate (63,9%), seguono vedovi e vedove per il 22,2%, celibi o nubili per il 7,2% e separato o divorziati per il 6,7%. La maggioranza – quasi il 49% –  vive in coppia con il proprio coniuge, le persone che vivono da sole sono il 26,8%.
Hanno un reddito da pensione tra i 500 e gli 800 euro il 25,6% degli intervistati. Nella fascia tra gli 800 e i 1200 euro si colloca il 29,25 degli intervistati. Una pensione media fra i 1200 e i 1500 euro interessa il 21,7% , marginali i numeri di quelli che hanno una pensione che supera i 2000 euro.

Frutta fresca, pane e verdure: gli alimenti e i cibi della dieta quotidiana degli anziani
Fra gli alimenti di gran lunga preferiti dalle persone anziane e utilizzati con frequenza giornaliera, figurano frutta fresca e pane (per circa l’85% degli intervistati), seguiti da ortaggi e verdura, cereali e derivati, latte e yogurt (per circa due terzi delle risposte). I prodotti a base di cereali figurano nelle diete quotidiane di oltre la metà delle persone intervistate (52,4%), i formaggi nel 19,5%, le carni trasformate sono presenti in misura maggiore di quelle fresche (9,8%  contro il 9%).
Difficile rinunciare ad un bicchiere di vino rosso durante i pasti, infatti le bevande alcoliche sono  assunte quotidianamente dal 41% degli anziani intervistati. Pesce e uova sono consumati raramente tutti i giorni, la percentuale si abbassa al 4-6% degli intervistati, mentre porzioni quotidiane di legumi sono segnalate  dal 7,5% degli anziani. Questi ultimi gruppi di alimenti sono largamente presenti nella dieta settimanale con percentuali comprese tra l’85% e il 90%.
L’Italia, lo sappiamo, è un paese di campanili con forti differenze regionali di abitudini e culture alimentari da Nord a Sud, da Est a Ovest. I formaggi, per esempio, sono presenti nella dieta quotidiana del 24,5% degli anziani del Nord-ovest, mentre al Sud e Isole la percentuale scende all’10,5%. Anche la struttura sociale dei diversi territori condiziona molto ciò che si mette in tavola. Il consumo per più di una volta a settimana di carni fresche è intorno al 65% tra Nord- ovest, Nord-est e Centro, scende al 59,6% a Sud e al 49,3% nelle Isole. Per il pesce i rapporti sono differenti e il Sud prevale sulle altre zone d’Italia con il 46,6% degli intervistati, con un consumo più di una volta a settimana.

Gli effetti della crisi nei consumi alimentari
Il fattore economico influisce senza dubbio sulla composizione della dieta. Verdura e ortaggi  sono consumati  una volta al giorno da circa il 47-48% degli intervistati in tutte le classi di reddito, ma il consumo frequente e cioè più volte al giorno si attesta sul 17,3% di coloro che hanno pensioni tra 500 e 800 euro al mese, e sul 28,6%  di chi ha pensioni superiori a 1500 euro mensili. Se si è in due si mangia meglio, lo dice chiaramente la ricerca dell’Auser  e dello Spi. Le persone che vivono da sole, infatti, hanno una dieta meno varia e “più povera” con maggiore utilizzo di legumi e uova.
La crisi economica ha inciso profondamente sul paniere della spesa degli anziani, con il calo di alcuni alimenti e la crescita di altri. Il 17,7% delle persone intervistate hanno patito una diminuzione in quantità e qualità dei pasti giornalieri a causa della crisi. La crisi ha incisi di più fra le persone più anziani, gli over 75. Le donne – tra cui è presente una quota maggiore di vedove – per il 20% hanno diminuito pasti e consumi, contro il 15,55 degli uomini. La crisi ha pesato di più fra le persone meno istruite, tra chi ha le pensioni più basse e tra chi risiede al Sud e nelle Isole.
Chi ha patito la crisi fa la spesa soprattutto nei discount (38,7% contro 20,9% di chi non ne ha subito i contraccolpi), ritorna nei mercati rionali (31,7% contro 22,6%), abbandona i supermercati (49,8%, contro 82,8% del totale degli intervistati), ma ricorre in maniera analoga ai negozi di quartiere (22,3% contro 25,4%). Inoltre, sebbene non cambi la frequenza con cui si fa la spesa settimanalmente, per coloro che hanno diminuito i pasti è più frequente l’esclusività con un singolo luogo della spesa (56,5% contro 46,9%).

Tra gli alimenti assunti in modo significativo con la massima frequenza (più di una volta la giorno) si notano i cali più vistosi: ortaggi, verdura e frutta fresca che rientrano più volte al giorno nelle diete rispettivamente  del 23,7% e del 33,8% del totale degli intervistati, scendono all’11,1% e 17,8% tra chi ha patito maggiormente la crisi.
Rispetto agli alimenti consumati Una volta al giorno, la frutta recupera tra chi ha diminuito i pasti a seguito della crisi (58,4%, contro il 52,4% sul totale), mentre si conferma il calo degli ortaggi/verdura (40,6%, rispetto al 46,4% sul totale). Tra le frequenze giornaliere, alcuni alimenti risultano evidentemente compensativi di altri, nella dieta quotidiana: aumentano, infatti, tra chi ha patito maggiormente la crisi latte e yogurt (dal 63,1% al 68,8%), il pane (dal 54,2% al 59,4%, diminuito però nella frequenza più di una volta al giorno) e, più marginalmente, i legumi (dal 6,6% al 8,7%). Diminuiscono invece i prodotti a base di cereali (da 48,7% al 40,9%).
Tra i prodotti di solito consumati generalmente più di una volta a settimana (carni, uova, pesce), si osserva un calo sensibile delle carni, sia fresche (dal 61,1% al 50,5%) sia trasformate (dal 47,1% al 39,5%), e ancor più consistente del pesce (dal 41,9% al 30,9%). Invece cresce il consumo di uova più di una volta a settimana (dal 33,8% al 40,6%).

Colazione, pranzo e cena
Ma come mangiano gli anziani e quali stili di vita seguono? La ricerca ci dice che i tre pasti principali rappresentati da colazione, pranzo e cena, sono consumati da oltre il 95% degli anziani. Quasi il 10%  si concede anche uno spuntino mattutino e l’11% la merenda pomeridiana.
Tre quarti degli intervistati consumano tre pasti regolari al giorno. Sono pochi coloro i quali ne consumano 4 (8,9%, di preferenza i tre pasti principali e una merenda pomeridiana), e solamente il 3,9% consuma 5 pasti al giorno. Viceversa, un non marginale 7,7% consuma quotidianamente meno di 3 pasti.
Se si guarda al reddito e si considerano gli effetti della crisi economica, risulta che il 13,4% degli  anziani con reddito fra i 500 e gli 800 euro consuma meno di tre pasti al giorno e ancora di più le persone che hanno diminuito i pasti a seguito della crisi (ben il 17,8% consuma meno di 3 pasti al giorno). Questa rarefazione dei pasti pare anche associata all’età, ma con un andamento meno lineare di altre variabili: la maggiore frequenza di chi consuma meno di 3 pasti quotidiani cresce fino ai 70-74 anni (10,8%), per poi ridiscendere sotto la media. Dal punto di vista dell’età, probabilmente si tratta di un fase critica e di passaggio, al netto di altre condizioni economiche, di residenza, territoriali, etc.
La colazione è uno dei pasti fondamentali, gli anziani affrontano la giornata consumando caffelatte nel 57.7% dei casi o caffè (27,1%), meno frequente il consumo di tè  (13,5%) e orzo (3,4%9. Tra i cibi pane e marmellata sono diffusi nel 22,3% dei casi, le fette biscottate nel 15,3%, yogurt nel 5,6% e solamente un risicato 2,5% degli intervistati fa colazione con cibi salati. Una larga parte degli anziani intervistati fa una colazione leggera con un solo alimento (51,7% spesso solo caffè o caffelatte), oltre un terzo combina due alimenti.

La spesa, dal supermercato al negozio sotto casa
I tre quarti degli intervistati (76,6%) fanno abitualmente la spesa nei supermercati, il 24,3% nei discount, vanno al mercato rionale il 24,4% degli anziani e al negozio sotto casa il 24,8%.  Ancora poco frequentati i negozi bio, i gruppi di acquisto solidale, mercati contadini e km 0, frequentati da pochi anziani, con pensioni medio alte ed elevato livello di istruzione.
Dietro a queste scelte pesano tanti fattori, sia soggettivi sia legati ad abitudini culturali e di vita.  chi fa abitualmente la spesa al supermercato è il 54,8% dei rispondenti, mentre si attesta al 90,7% tra chi ha pensioni superiori a 1.500 euro. Viceversa, i discount sono frequentati dal 33,7% delle persone che dichiarano pensioni tra 500 e 800 euro, e dal 16,5% dei pensionati con più di 1.500 euro. Tra chi vive solo risulta maggiore il numero di chi fa la spesa abitualmente nei discount (29% contro il 20% di chi vive con coniuge o figli). Anche l’età incide sui luoghi dove si fa la spesa. Più si è anziani e più si preferisce  frequentare il negozio vicino casa.

A tavola davanti alla tv
La quasi totalità degli anziani intervistati (93,1%) consuma i pasti a tavola, la metà pasteggia davanti alla tv magari guardando il telegiornale o il programma preferito. Il tempo dedicato al consumo dei pasti è abbastanza veloce, circa mezzora.   I cibi vengono preparati nella cucina di casa propria, solo il 2,1% utilizza convenzioni con trattorie  e l’1,2% fruisce della  consegna dei pasti già pronti  a domicilio.
Tre quarti degli intervistati  (75,6%) cucinano i propri pasti per sé e per il coniuge o altri parenti. Ai pasti più veloci corrisponde il minor uso di carni fresche e pesce. Tra le persone coniugate cucinano il 52,4% degli uomini contro il 95,6% delle donne.

Gli avanzi
Tra gli intervistati solamente il 17,5% butta cibo avanzato dopo la preparazione e il 26,1% butta cibo al naturale, ancora non preparato perché non più commestibile. Ma qual è il profilo di chi non riesce a consumare tutto il cibo preparato e gli alimenti acquistati? Tra coloro che buttano cibo cucinato appaiono differenze sociali considerevoli: da una  parte le persone con pensioni più basse e più bassi titoli di studio (solo il 9-11% buttano cibo cucinato) e dall’altra chi ha assegni pensionistici oltre i 1.500 euro e gli alti titoli di studio (buttano cibo oltre un quarto degli intervistati). Un rapporto analogo (circa il 15% contro il 35%) si evidenzia tra coloro che buttano cibo al naturale, considerando il confronto tra i bassi redditi/titoli di studio e quelli alti.

Disponibili a cambiare
Il 40,1% degli intervistati è disponibile a cambiare le proprie abitudini alimentari. Tra le motivazioni, prevalgono quelle legate alla salute e al benessere (84%), ma vi sono quote di persone per le quali il cambiamento è anche associato a obiettivi di sostenibilità ambientale (eliminare lo spreco per il 9,8% degli intervistati, e produrre meno rifiuti e inquinamento per il 6,1%). A questa disponibilità generale si associa un’analoga disponibilità alla frequenza di corsi e occasioni formative, nel 39,6% dei casi. La disponibilità a cambiare abitudini si lega alla condizione reddituale delle persone, ma in misura inferiore alle differenze di istruzione. La disponibilità a cambiare abitudini si concentra in modo evidente su caratteristiche personali e relazionali, coinvolge maggiormente le donne (42,1%) rispetto agli uomini (38,4%), le persone più giovani (48,1% dei 60-64enni contro il 30,5% dei 75-79enni).