Il resistibile declino di Facebook e degli altri social network

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Fughe di utenti, crisi di aziende miliardarie, licenziamenti in massa: i social network stanno vivendo una fase di evidente difficoltà. Ciò non vuol dire che scompariranno, ma l’evolversi di questa situazione sta disegnando un futuro dai contorni sempre più incerti

Tra Mi piace, condivisioni e commenti, i social network hanno segnato le vite di molte persone in questi ultimi vent’anni. E sembrava che internet ormai non fosse altro che una gigantesca rete di contatti e amici, nella quale condividere le nostre giornate e (s)parlare di qualunque cosa. Ma oggi, tra progetti dal futuro incerto come il Metaverso, fughe di utenti, crisi di aziende miliardarie e licenziamenti in massa, i social network potrebbero essere di fronte al declino. O per lo meno a un loro radicale cambiamento. Dall’inizio degli anni 2000, Facebook e gli altri sono stati ciò che in molti chiedevano a internet. Uno spazio virtuale per condividere opinioni, pensieri ed esperienze con una rete di persone, per lo più amici, parenti e affini. Fin dalla loro nascita, i social network hanno sempre avuto alla base il desiderio delle persone di restare in contatto con amici e conoscenti lontani che altrimenti si sarebbero persi di vista. Per questo sono nati i primi Friendster o MySpace, che hanno poi portato a Facebook e alla vera e propria esplosione dei social network.

Sempre meno “autori’. Ma oggi, soprattutto tra le nuove generazioni sempre più connesse, i social network sono sempre meno usati per lo scopo per il quale erano nati e per cui hanno avuto tanto successo. Aprendo un qualunque feed – come viene chiamato in gergo –, ovvero il flusso di post e informazioni sulla pagina principale, si trovano sempre meno contenuti pubblicati dai propri contatti. A prevalere sono invece post, foto e video selezionati in base al loro successo, ai nostri interessi e alle sponsorizzazioni, tutto a opera degli algoritmi, cioè software automatizzati. Questa tendenza sta così decretando il successo di piattaforme con contenuti generati da pochi utenti “autori” e consumati in modo passivo dagli altri, un po’ come accade in piattaforme come Netflix o sui media tradizionali, come la televisione o la radio. Ne sono un esempio i vari TikTok, Twitch o YouTube, divenuti ormai piattaforme di intrattenimento, sulle quali si scorre il feed anche per ore per vedere i video migliori. Certo, tutti possono essere “autori” di contenuti, ma il livello è sempre più alto ed è sempre più difficile comparire con i propri video nei feed dei propri contatti. Come dimostrano anche i numeri. Su TikTok il 66 per cento degli utenti non crea video, ma si limita a vederli da spettatore, mentre su Twitch per ogni utente che fa video in diretta, ci sono 28 spettatori passivi.

 

Le persone sono più diffidenti e meno inclini a iscriversi e a pubblicare opinioni e aggiornamenti sulla propria vita privata

 

Questione di privacy. Grazie al loro successo, queste piattaforme hanno aumentato enormemente le entrate pubblicitarie, spingendo il colosso Meta, che gestisce Facebook e Instagram, a copiarne i modelli. Ha modificato design e meccanismi di interazione, dando maggiore risalto a contenuti creati da sconosciuti, ma più diffusi e vicini agli interessi degli utenti. Cambiamenti che hanno snaturato i vecchi social, allontanando alcuni utenti. A determinare questa lenta, ma forse inesorabile, trasformazione è stato anche il modo in cui i social network hanno gestito i dati delle persone, cioè la privacy. Accedere alle piattaforme è gratuito, ma si offrono i propri dati, che sono usati a fini pubblicitari o peggio. Le persone sono così sempre più diffidenti e meno inclini a iscriversi e pubblicare le proprie opinioni e aggiornamenti sulla vita privata. Soprattutto in piattaforme diventate ormai più delle vetrine per aziende e influencer che spazi di condivisione tra amici e conoscenti.

Twitter e Facebook, inoltre, si sono trasformate in terreno di scontro tra opposte fazioni e visioni del mondo. Con i toni che si accendono spesso, arrivando anche a insulti e minacce, impedendo un dialogo pacifico e costruttivo. Le piattaforme non sono mai riuscite davvero a regolare certi atteggiamenti, fino a esasperare molti utenti. Che le hanno abbandonate o ne sono diventati spettatori passivi, usandole più per intrattenimento e informazione che per interagire con gli altri. Certo, i social network non scompariranno presto, ne sentiremo parlare ancora a lungo e ci ritroveremo ancora immersi dentro. Ma forse non più come prima.

Articolo uscito sul numero di marzo di LiberEtà. Per l’abbonamento alla nostra rivista clicca qui