Il nostro addio a Carla Nespolo

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Ci ha lasciato la Presidente dell’Anpi nazionale Carla Nespolo. La notizia è stata comunicata dalla segreteria nazionale dell’Anpi. «La sua scomparsa», è scritto nel comunicato, «lascia un vuoto profondissimo in tutta l’ANPI che Carla ha guidato dal novembre 2017 – prima donna Presidente – con grande sapienza, passione, intelligenza politica e culturale nel solco pieno della grande tradizione di autorevolezza ed eredità attiva dei valori e principi della Resistenza che ha contraddistinto la nostra Associazione fin dalla sua nascita. Non dimenticheremo mai il suo affetto nei confronti di tutti noi, la sua presenza continua anche negli ultimi mesi, durissimi, della malattia. Ciao comandante».

Nata a Novara il 4 marzo 1943 e residente ad Alessandria, Carla Nespolo, laureata in Pedagogia, è stata a lungo insegnante e anche la prima parlamentare comunista piemontese. Di famiglia partigiana e antifascista, ha ricoperto, sin da giovane, incarichi istituzionali e politici. Dal 1983 al 1992 è stata Senatrice della Repubblica.

Relatrice della legge per la riforma della scuola secondaria superiore, membro della Commissione di Vigilanza Rai e relatrice di numerose proposte di legge sui diritti delle donne, Nespolo ha fatto parte della commissione speciale per la legge di parità uomo-donna nel lavoro.

Ha presentato numerose proposte di legge, molte delle quali sono diventate legge dello stato, come quella per elevare sino a trentacinque anni l’età per partecipare a concorsi nel pubblico impiego; ha partecipato, tra gli altri, ai lavori parlamentari per le legge contro la violenza sessuale e per l’informazione sessuale nelle scuole. È stata protagonista di importanti battaglie ambientali, come quella contro l’ACNA di Cengio e per la tutela degli animali.

«In molti anni di stretta collaborazione – ricorda il Sindacato pensionati italiani della Cgil – abbiamo sempre trovato in lei una donna coraggiosa, forte e determinata nella strenua difesa dei valori della nostra Costituzione nata dall’antifascismo e della lotta di Liberazione. La ringraziamo per lo straordinario impegno che ha saputo mettere in campo in anni difficili, rappresentando un punto di riferimento fondamentale non solo per noi ma per tutto il paese. Siamo ora chiamati a portare avanti le sue battaglie e a lavorare giorno dopo giorno perché la memoria della storia del nostro paese sia sempre più diffusa, in particolare tra quelle giovani generazioni a cui insieme a lei abbiamo sempre guardato con speranza e con fiducia».

La notizia della scomparsa di Carla Nespolo addolora profondamente anche la nostra redazione. Nell’ultima intervista concessa a LiberEtà, nel mese di aprile, aveva parlato del senso profondo della celebrazione dell’anniversario della Liberazione dal regime fascista e dall’occupazione nazista, della memoria di quegli avvenimenti e, soprattutto, del ruolo dei giovani, in cui vedeva una forte passione democratica. Ve la riproponiamo perché le riflessioni fatte in quell’occasione rappresentano la rotta che Carla Nespolo ha seguito in tutta la sua vita.


Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Anpi, dialoga con LiberEtà sul significato del 25 aprile 1945. «Questa è la data simbolo che ha fondato l’Italia repubblicana e democratica». Le radici della nostra Costituzione affondano nella lotta di Liberazione e nella resistenza al nazifascismo, per questo è necessario alimentare la “memoria attiva” e tenere aperto il ponte con le nuove generazioni. E per fermare l’onda nera che tenta di riaffacciarsi sono decisive la cultura e la conoscenza.

«Nessuno pensi di cancellare il 25 aprile. Quel giorno rappresenta la data fondativa dell’Italia democratica. La Resistenza fu una lotta di popolo che consentì di liberare il nostro paese dal giogo nazifascista. Il 25 aprile è la nostra festa nazionale».
Quest’anno si celebrano i settantacinque anni della Liberazione. Carla Nespolo, prima donna e prima non partigiana eletta nel 2017 presidente nazionale dell’Anpi, non usa giri di parole per spiegare cosa hanno rappresentato, e ancora oggi rappresentano la Resistenza e il 25 aprile.

In molti, negli ultimi anni, hanno cercato di ridimensionare l’importanza di quella lotta di popolo che pose le basi della rinascita democratica. Con quale parola d’ordine l’Associazione nazionale partigiani intende celebrare i settantacinque anni della Liberazione?
«Più che una parola d’ordine vorrei sottolineare un concetto che riassume il nostro impegno che è quello di “memoria attiva”. Perché abbiamo bisogno non soltanto di mantenere viva la memoria, ma soprattutto di diffonderla, affinché tutti, e in particolare le nuove generazioni, sappiano quali sono le fondamenta democratiche sulle quali si regge il nostro paese. Alla base della nostra Costituzione ci sono i valori della Resistenza e dell’antifascismo e se noi oggi abbiamo quella Costituzione lo dobbiamo ai partigiani e alle partigiane che combatterono e ai tanti che persero la vita in nome di quegli ideali. E lo dobbiamo anche alle popolazioni civili che, nonostante i pericoli e la violenza dei nazifascisti, sostennero la lotta di liberazione. Questo non va mai dimenticato».

Non ti sembra però che la memoria storica si stia un po’ sfilacciando e che la sua trama tenda a strapparsi?
«A volte di fronte a episodi di fascismo, di razzismo, di dileggio di Anna Frank negli stadi, a certi discorsi di alcuni politici, un po’ di sconforto mi coglie. Poi vedo le piazze piene di giovani che si mobilitano per riaffermare i nostri princìpi democratici e torno ad avere fiducia, e mi convinco che la memoria non si stia affievolendo. Però per tenerla viva non basta la spontaneità, servono anche la cultura e la conoscenza. Per questo andiamo nelle scuole per incontrare i ragazzi, parlare con loro e raccontare la nostra storia. Inoltre, abbiamo avviato un progetto, nel quale è molto impegnato il sindacato pensionati della Cgil, affidato ai giornalisti Laura Gnocchi e Gad Lerner, che prevede la raccolta di videotestimonianze dei partigiani ancora in vita. Si tratta di un lavoro straordinario. Le interviste valorizzano questo enorme patrimonio da mettere a disposizione della ricerca storica, della quale le testimonianze sono una parte importante. Come dice Marco Revelli: dobbiamo diventare “partigiani dei partigiani” coinvolgendo in questo processo le nuove generazioni».

A proposito dei giovani, da alcuni anni molti di loro, che ovviamente non hanno vissuto la Resistenza ma ne condividono i valori, si iscrivono all’Anpi: come interpreti questo fenomeno?
«È vero. Sono alcuni anni che registriamo una crescita del numero di giovani nelle nostre file. E questo è un fatto di grande rilevanza, perché portano nuova linfa e nuove energie alla nostra causa. Ho molta fiducia e speranza nei giovani, perché impartiscono a tutti noi una bella lezione di democrazia, di rifiuto della violenza, di ricerca del dialogo. In molti di loro vedo una forte passione democratica».

Una destra tornata aggressiva mette ogni giorno in discussione i valori della Resistenza e dell’antifascismo. Come si può arginare questa “onda nera” che si manifesta spesso con atti violenti e intimidatori e che dilaga in internet e nei social network?
«La nostra Costituzione prevede il divieto di ricostituzione del partito fascista. Ci sono poi la legge Scelba e la legge Mancino, molto esplicite nel contrasto dell’ideologia nazifascista e razzista. Credo però che servano un atteggiamento più omogeneo e un impegno più alto da parte di tutti, magistratura compresa. Per quanto riguarda la rete, c’è una totale mancanza di controllo sui contenuti dei social network. L’Anpi qualche anno fa realizzò una ricerca grazie alla quale vennero individuati più di cinquecento siti di propaganda nazifascista, e che chiamammo la “galassia nera”. Serve una normativa severa. Non ci si può nascondere dietro al “diritto di opinione”perché come disse Sandro Pertini: “Il fascismo non è un’opinione; il fascismo è un crimine”».

Che cosa vuol dire oggi “essere partigiani”?
«Significa prima di tutto tenere sempre ferma la barra della Costituzione. E vuol dire anche stare dalla parte del lavoro e della pace, in Italia e nel mondo intero. Perché non ci si può chiudere nel proprio egoismo, ma bisogna guardare e aprirsi al mondo. Questo è il modo migliore per onorare e ringraziare i partigiani e le partigiane per tutto ciò che hanno fatto. Perché loro, in montagna intorno a un fuoco stentato, quel mondo migliore lo sognavano, lo volevano con tutte le loro forze e lo vedevano dietro l’angolo».

Molti accusano il 25 aprile di essere una data divisiva e di non rappresentare più il simbolo dell’identità e della dignità ritrovata del popolo italiano…
«Il 25 aprile è il giorno in cui l’Italia è rinata dopo l’oppressione nazifascista. È quindi la data fondativa della nostra democrazia. La lotta di Liberazione fu una lotta unitaria e l’Anpi sarà sempre in prima fila con le forze antifasciste e con le istituzioni per celebrarla. Ricordiamoci che cosa disse il presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, alla Conferenza di Parigi di fronte alle potenze vincitrici: “Noi non abbiamo niente di cui vantarci per chiedere la vostra indulgenza, tranne una cosa: noi abbiamo avuto la più grande Resistenza d’Europa”. Per questo il 25 aprile – insieme al 1° maggio e al 2 giugno – è la data simbolo della nostra convivenza civile e democratica. Non dobbiamo mai dimenticarlo».