Legalità. Giovani e anziani uniti nella battaglia contro le mafie

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Giornata di festa per il sindacato dei pensionati della Cgil. Una festa per la legalità, con tutti i volontari e le volontarie dei campi antimafia. Lo Spi Cgil, che partecipa ai campi della legalità promossi da Arci e Libera ormai da molti anni, mercoledì 23 ottobre ha radunato tutti i volontari per premiare l’impegno e per ribadire che la lotta alle mafie passa per il dialogo intergenerazionale.

Si è svolta a Roma la grande assemblea nazionale dei volontari e delle volontarie antimafia. Un momento di riflessione, di dialogo, di bilanci ma anche di progetti futuri. Sì perché se è vero che i campi antimafia si svolgono da giugno a ottobre, la battaglia per la legalità non va mai in vacanza. “Non c’è mai fine a questa esperienza”, ha detto Roberto Battaglia, coordinatore dello Spi cgil nazionale dei campi. “Bisogna agire tutti i giorni e concretamente per ridare bellezza a ciò che è stato rubato dal malaffare”.

Solo quest’anno i volontari sono stati 250, impegnati in 70 settimane di lavoro, di studio e di confronto con oltre 1000 ragazze e ragazzi provenienti da tutta Italia. “Il nostro impegno testimonia un grande senso civico che ci appartiene, un senso di vicinanza, di solidarietà con quei giovani e con quegli amministratori onesti che hanno scelto di rimanere nei loro paesi e nelle loro terre”, ha aggiunto Battaglia.

Quello che è in gioco è ricreare bellezza, ridare felicità a tante terre e tanti luoghi d’Italia martoriati dalla criminalità. Lo si può fare solo se giovani e anziani dialogano insieme, alla faccia di chi vorrebbe delle generazioni divise e in guerra tra loro. “Oggi vorrebbero dividerci dai giovani”, ha detto il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti intervenuto durante l’assemblea. “Invece bisogna essere uniti. E i più anziani devono essere un esempio per i più giovani che si ritrovano nelle mani il proprio futuro e il futuro di tutto il pianeta. Toccherà a loro battersi per conquistare i diritti. Ma non ci dimentichiamo mai quanto hanno combattuto i nostri padri e i nostri nonni, si sono battuti fino alla morte, per i diritti”.

E fino alla morte si sono battuti anche i sindacalisti uccisi dalle mafie, tanti, troppi. A loro è dedicato un libro pubblicato da LiberEtà, a cura del dipartimento legalità dello Spi Cgil, “Terre e libertà”. I nomi dei tanti eroi civili caduti in nome della lotta alle mafie sono stati letti uno a uno, durante l’assemblea dei volontari. A loro tutta la platea ha dedicato un minuto di silenzio. Perché il loro sacrificio non venga dimenticato, soprattutto dai più giovani. Il libro è stato uno strumento fondamentale di lavoro durante i campi della legalità di quest’anno. A ricordarlo è stata Daniela Cappelli, responsabile del dipartimento legalità dello Spi Cgil nazionale. “Il libro è stato uno strumento di confronto immenso e intendiamo continuare a utilizzarlo in tutte le nostre iniziative formative, anche nei prossimi anni. Ciò su cui bisogna lavorare intensamente è proprio la consapevolezza del problema mafioso. Basti pensare – ha aggiunto Daniela Cappelli – che al nord la percezione delle mafie sul territorio è bassissima. In pochi reputano la criminalità un pericolo per la collettività”. Già, perché le mafie uccidono meno. Ma non per questo non sono meno pericolose.
Quei sindacalisti, spesso molto giovani, hanno dato la vita per i diritti di tutti. Per questo è importante ricordarli. “È importante ricordare che la legalità non ce l’ha regalata nessuno. E che bisogna essere sempre grati al sacrificio di quegli uomini”, ha commentato Carlo Ghezzi della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, autore dell’introduzione del libro.

“Ciò che bisogna fare è creare anticorpi, affinché tutti, comuni cittadini o imprenditori che operano sul territorio, sappiano difendersi dalle incursioni spregiudicate della criminalità”. Una volta si appendevano lenzuoli bianchi nella Palermo degli anni 90, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, per protestare contro la mafia. “Ecco, i campi antimafia sono i nostri lenzuoli bianchi”, ha detto Cappelli. Delle lenzuola colorate di rosso, animate dai volti sorridenti dei pensionati Cgil e da quelli giovani dei ragazzi e delle ragazze che partecipano con grande passione ed entusiasmo alle attività organizzate da Libera e Arci.

Tema fondamentale dell’assemblea, il riuso dei beni confiscati alle mafie. Perché ciò che prima era nelle mani della criminalità, attraverso la confisca e l’assegnazione, può tornare nelle mani della collettività. Aziende agricole, cooperative sociali, comunità a sostegno di persone con disagio psichico, e molto altro ancora. Sono tantissime le realtà cooperative e associative che ruotano attorno ai beni confiscati. Hanno creato economia, lavoro, hanno ridato speranza e futuro a tanti giovani cresciuti in terre difficile.

L’obiettivo del sindacato è quello di agevolare il processo di riuso dei beni confiscati. Un processo che si può facilitare attraverso la contrattazione sociale, con il dialogo con le istituzioni, i tribunali, con la firma di protocolli, con l’analisi dei bisogni dei territori, per sviluppare attività concrete anche insieme agli altri soggetti come Arci, Libera ma anche Auser. E poi occorrono i contatti con le cooperative e le associazioni che operano sui beni. Bisogna assisterle e sostenerle, anche in caso di bisogno. Si pensi alla sartoria modello Casa di Alice di Castel Volturno che sta attraversando un momento difficile: “bisogna evitare in tutti i modi che un’esperienza che ha coniugato legalità e integrazione di donne migranti, si concluda”, ha detto Cappelli.

All’assemblea dei volontari e delle volontarie hanno partecipato anche i ragazzi dell’Udu e della Rete degli studenti medi. I giovani, i giovani del futuro. “Da soli non riusciremmo a fare tutto ciò che va fatto” ha detto Enrico Gulluni, in rappresentanza delle due associazioni studentesche. “Bisogna essere uniti. Bisogna tenere insieme l’entusiasmo dei giovani con l’esperienza di chi è più grande, per affermare una nuova cultura della legalità, soprattutto tra i più giovani, che spesso non ne hanno piena consapevolezza”.

Il tema della legalità si intreccia strettamente con quello delle aziende confiscate, dove a rimetterci sono spesso tanti lavoratori innocenti. “La Cgil tutta sta portando a casa molti risultati”, ha raccontato Giuseppe Massafra della segreteria nazionale del sindacato di Corso Italia. “Solo a Roma abbiamo salvato 5mila posti di lavoro delle aziende confiscate alle mafie”. E poi c’è il problema, enorme, del caporalato. A parlarne è stato Jean Renè Bilongo, della Flai Cgil, che ha ricordato Jerry Maslo e tutti quelli che come lui vivono in condizioni di sfruttamento disumano nelle campagne italiane. “In Italia ci sono oltre 430mila invisibili, vivono e lavorano in condizioni disumane. Ma se l’Italia è davvero fondata sul lavoro, dobbiamo ridare dignità al lavoro. Vogliamo un lavoro libero da ogni forma di sfruttamento”, ha detto Bilongo.

A riscaldare i cuori della giornata sono stati anche i tantissimi ragazzi che partecipano ogni anno alle attività estive dei campi antimafia organizzati da Libera e Arci. Con i pensionati della Cgil costruiscono un rapporto di fiducia, di scambio, in cui ognuno può imparare qualcosa dall’altro. Serena Pallecchi dell’Arci ha raccontato che l’età media dei ragazzi che partecipano ai campi ogni anno scende, a testimonianza di una crescente voglia di impegnarsi, concretamente, di metterci la faccia. “Una volta a partecipare erano soprattutto ragazzi che già svolgevano attività politica. Invece oggi la partecipazione è più trasversale e i minori di 18 anni sono sempre di più. E questo è un segnale bellissimo”. Vuol dire che c’è voglia di partecipazione, di cittadinanza attiva, di patti sociali, di legami solidali.

Ed è importante capire quale sia la voglia, quale sia la partecipazione, la misura di questo rinnovato impegno civico che coinvolge tanti cittadini e tanti ragazzi. Per questo è molto importante il cosiddetto “monitoraggio civico”. A raccontarlo è Tatiana Giannone di Libera che spiega come la partecipazione dei ragazzi sia in crescita, anno dopo anno. “Nei soli campi di Libera, quest’anno i ragazzi coinvolti sono stati 3.300. E monitorare cosa accade è fondamentale, per avere contezza di ciò che accade nel nostro paese e misurare la nostra azione”. “Abbiamo voluto capire le loro speranze, le loro inquietudini, le loro emozioni”. Così Battaglia ha sottolineato la fondamentale presenza di ragazzi giovanissimi nei campi della legalità.

Insieme a loro sul palco hanno sfilato le volontarie e i volontari dei campi antimafia, premiati dal segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti con un kit antimafia e un attestato, per riconoscere l’impegno e rinnovare un patto anche per gli anni futuri. Nella borsa dei premiati anche una borraccia, per dire tutti insieme un bel “no alla plastica”. Le battaglie per il clima si possono fare anche con piccoli ma importanti gesti come questi.

Sul palco si sono avvicendati i tanti volontari che hanno preso parte alle attività. Suvignano in Toscana, Torbella Monaca e La Romanina a Roma, Casapesenna in provincia di Caserta, Sarzana in Liguria, Crotone in Calabria, Genova. Sono solo alcuni dei luoghi in cui si sono svolti i campi antimafia di quest’anno. Ma l’elenco è molto più lungo. “Una delle cose più belle e significative è ciò che resta dopo i campi. Resta l’affetto, restano legami, resta la sensazione, concreta, di far parte di una vera famiglia”, dice Annamaria dalla Campania. “Anche noi anziani possiamo imparare tanto durante i campi della legalità. I ragazzi sono degli ottimi insegnanti”, dice Gianmario dalla Lombardia. Da Mesagne, in provincia di Brindisi, Marianna ci racconta come quest’anno sono stati i ragazzi a raccontare l’antimafia, e lo hanno fatto con il video. “Lo scorso anno avevamo organizzato un laboratorio di giornalismo, quest’anno abbiamo deciso di insegnare ai ragazzi come usare la telecamera”. Ma c’è anche chi si è inventato i giochi di ruolo, come a Berceto, in provincia di Parma, per potersi immedesimare appieno nel ruolo del cittadino consapevole e responsabile, contro lo spirito mafioso.

E poi hanno portato il proprio contributo anche tutti coloro che animano le associazioni e le cooperative che lavorano attivamente sui beni confiscati come TerraAut, della cooperativa Altereco di Cerignola, che produce olio e ortaggi e lavora con ragazzi che devono scontare una pena in carcere: “Siamo felici di renderci partecipi di un modo diverso per scontare la pena. Un bene illegale ridiventa legale e anzi diventa strumento di riscatto e reinserimento sociale per tante persone”. Ma c’è anche Nco, nuova cooperazione organizzata, che lavora a Casal di Principe. “La nostra cooperativa si chiama Campania Felix perché la Campania era una terra felice, come insegnano gli antichi romani” – ha detto Pasquale che lavora per Nco – “Noi lavoriamo per riportare la felicità nelle nostre terre”. C’è anche chi organizza visite guidate agli scavi di Pompei, come accade nel campo antimafia di Scafati, in provincia di Salerno, dove si producono pomodori San Marzano: “pensiamo sia importante far conoscere il territorio, per capire dov’è che la criminalità si infiltra, per capire quali sono le potenzialità delle nostre terre, per non dimenticarci mai l’importanza della bellezza”, ha detto Raffaella, coordinatrice del campo.

A fine assemblea è stata consegnato un premio anche a tutte le strutture territoriali dello Spi Cgil che da anni si impegnano nella battaglia per la legalità. Un modo per riconoscere il lavoro di tutti, sul territorio, quotidiano. E un riconoscimento è andato anche a LiberEtà, per aver raccontato le attività dei campi sin da quando lo Spi Cgil ha iniziato a prendervi parte. Il blog, le foto, i racconti sul mensile, i reportage, le storie su Facebook. “Il giornale vive di storie vere”, ha detto il direttore Giorgio Nardinocchi ritirando la targa sul palco, “e voi, volontarie e volontari, ce ne avete date tante”.

Sul palco è salito anche il magistrato Vito D’Ambrosio, oggi in pensione, che ha ribadito come le attività dei campi antimafia abbiano un senso costruttivo di democrazia solo se tutto parte dalla Costituzione. “Sono andato in pensione da magistrato tre anni fa ma mio nipote mi vede continuare a fare molte cose. E un giorno mi ha chiesto perché continuassi a lavorare. E io gli ho risposto che sono in pensione da magistrato ma non da nonno, perché gli impegni da nonno sono anche per lui, e per il suo futuro”.

Dall’assemblea è giunta infine una dura condanna per i sabotaggi e le minacce di morte alla cooperativa Terre di Puglia di Mesagne. Pochi giorni fa è stato danneggiato un impianto di irrigazione. In sei mesi, tre lettere minatorie ai soci lavoratori della cooperativa che gestisce terreni confiscati alla mafia.

Ivan Pedretti ha ricordato anche Filiberto Gargamelli, dirigente dello Spi scomparso nel 2017, impegnato in prima linea nella battaglia per la legalità, promotore delle attività nei campi sin dall’inizio. E in chiusura dell’assemblea ha ribadito l’importanza di lottare tutti insieme, giovani e anziani. “Don Milani diceva ‘Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia’. Non siamo un’organizzazione antimafia ma vogliamo battere la mafia e passare il testimone alle giovani generazioni”. Un augurio a tutti, per continuare a rimboccarsi le maniche.