Giobbe Covatta, non siamo i padroni del pianeta

0
1306
intervista Giobbe Covatta sul clima

I teatri sono stati chiusi mentre era in tournée con Sei gradi. Sono i sei gradi di temperatura in più che porteranno alla fine del mondo conosciuto. È una commedia – guardando alle previsioni scientifiche – con in scena uno storico del futuro che racconta i mali del secolo trascorso, da oggi ad allora, e ridiamo pure… Giobbe Covatta, nelle interviste prima del Covid-19, diceva: «Il problema ambientale più urgente è l’ignoranza. Nei prossimi vent’anni, che potrà mai succedere?». Poi è cambiato tutto. A Camogli ci sono i caprioli che vanno a fare il bagno, tornano i pesci in laguna a Venezia…

«Nella nostra infinita presunzione pensiamo di essere i padroni del pianeta, ma come la natura sta dimostrando i padroni del pianeta sono i virus e i batteri. E lo sono da tempo immemorabile, molto prima di noi, e anche numericamente: se mettiamo tutti i batteri da una parte e tutte le forme viventi dall’altra, i primi pesano cinque volte di più. Abbiamo fatto un errore di valutazione fin dall’inizio».

Dall’inizio, quando?
«Quando abbiamo cominciato a essere civili, a organizzare il pensiero complesso che ci ha portati in una direzione sbagliata, o almeno in una direzione giusta con una serie di dettagli profondamente sbagliati, specialmente nell’ultimo periodo in cui il capitale, il profitto, il mercato e la finanza hanno preso il sopravvento».

Pensavo alla questione ambientale, ma lei si sta riferendo all’impegno politico.
«Se mi chiedessero, in quanto ambientalista, di fare il ministro, non sceglierei il ministero dell’ambiente, ma vorrei occuparmi dell’industria, perché è da lì che parte l’ambiente. L’ambientalismo è un concetto, un’idea, dopo di che quest’idea deve essere sviluppata attraverso una serie di azioni che vadano in una certa direzione. Sempre tenendo presente che non si può togliere tutto di mezzo e ricominciare da capo, perché ci sono otto miliardi di persone che ogni giorno dovrebbero mangiare a pranzo e a cena. Il buon selvaggio rimane il buon selvaggio, ma non ha alcun tipo di appeal per quel che è la possibilità di organizzare una società».

Questo rimanda al futuro: tutti convergono sull’idea che non potremo ricominciare come prima, ma non le sembra che, a partire dalle industrie lombarde, tanti hanno cercato di ricominciare come prima?
«Quello è proprio l’esempio più lampante del capitale e della finanza. Certo che per loro è fondamentale. Ma faccio sempre un esempio a proposito del fatto che un paio di secoli fa arrivò la corrente elettrica e i produttori di candele fallirono. Ma i produttori di candele procuravano un Pil che era infinitesimale. I produttori di petrolio procurano un Pil superiore all’intera ricchezza del pianeta. Significa che non siamo di fronte a una sprovveduta classe di produttori di candele, ma di fronte alla lobby più potente mai esistita, ai proprietari del pianeta. Il pianeta è proprio loro, se lo sono comprato, dal punto di vista economico e amministrativo. Ora bisognerebbe dire: esiste la possibilità di cambiare sostanzialmente i meccanismi della nostra storia e dell’economia. Vogliamo farlo?».

(….)


Continua a leggere l’intervista sul nostro mensile. Abbònati! Costa solo 12 euro l’anno