Ci sono nonni che in questi giorni di quarantena non possono vedere i propri nipoti. Possono sentirli al telefono, incontrarli in video chat, scrivere loro un messaggio. Ma non è la stessa cosa. Un abbraccio, un pomeriggio da passare insieme, sono desideri che in questa situazione fanno sentire ancora di più la distanza, il distacco da un affetto così vero.
Ma c’è un segreto che aiuta a superare tutto questo. Sono le favole, quelle che aspettano solo di essere scritte e raccontate. Quelle favole che, come Gianni Rodari ci ha insegnato, descrivono sentimenti ancora veri e nella loro semplicità ci fanno riconoscere.
Provate a scriverne una e se già ce l’avete, tiratela fuori. Bambine, bambini e tanti nostri nipoti sogneranno viaggi e avventure, impareranno dalle storie e vivranno tante vite. Con la fantasia, i muri di casa spariranno. Inviate le vostre favole e i disegni dei bimbi a: redazione@libereta.it
Ai bimbi una fiaba, ai nonni un disegno #2
Passeggiata nel bosco
Michela è molto contenta quando, terminato l’anno scolastico, può passare le vacanze con la nonna nella casetta in mezzo ai boschi. Può correre per i prati e i sentieri di montagna, portare al pascolo la capretta che ogni giorno regala quel buon latte fresco, accudire le tre galline che ogni giorno regalano un ovetto… Poi via in libertà. Papà e mamma verranno domenica per passare la giornata assieme a lei.
– Nonna mi racconti una storia? La storia di Bubu…
– Ma l’ho raccontata tante volte.
– È sempre bello ascoltarla, qui vicino al fuoco.
– Va bene.
In una casetta sulla montagna, in un tempo in cui non c’erano ancora strade comode e automobili, abitava una nonna. Anche lei aveva una nipotina come te, che amava passare le vacanze in quella casetta. Il suo papà era morto in guerra e la mamma per guadagnare da vivere faceva la lavandaia sulle sponde del canale di Riva Reno a Bologna. Vita dura, perciò la piccola Luisa era felice di passare le vacanze dalla nonna. Tutto il giorno correva per i prati raccogliendo fiori, more e bacche dolcissime.
La nonna si raccomandava sempre che non si allontanasse, nel timore che si perdesse o incontrasse qualche animale selvatico. Era quello un luogo molto solitario: s’incontrava, e
molto di rado, soltanto qualche boscaiolo e qualche pastore. Luisa rassicurava la nonna, ma poi correva, saltava, inseguiva lucertole e farfalle, cercava bacche e fiori: era felice. L’unico giocattolo che possedeva era un orso di pezza, Bubu, dal quale non si separava mai.
Un brutto giorno si trovò sulle rive di un torrente che non aveva mai incontrato. Incuriosita s’incamminò lungo l’argine e giunse a un piccolo lago. Ne seguì le rive, bagnando le mani nell’acqua fresca, buttando sassi e bastoni, ma quando si accorse che veniva sera pensò di ritornare a casa, ma non ritrovò la strada. Spaventata chiamò, urlò, andò di qua e di là, senza riuscire a uscire dal bosco. Dopo ore di angoscia, piangendo si lasciò cadere sull’erba, allacciata a Bubu, e si addormentò. Aveva freddo, tanto freddo, ma nel sonno le sembrò di non avere più freddo perché la mamma la teneva tra le sue braccia.
Alla luce del giorno che sorgeva, la svegliarono le voci di persone che la chiamavano. Aprì gli occhi e per prima cosa vide un piccolo orso che giocava con Bubu, anzi gli aveva strappato un orecchio. E lei era appoggiata a mamma orsa: era lei che l’aveva tenuta calda tutta la notte.
Alle voci di chi la stava cercando mamma orsa prese il suo piccolo per la collottola e sparì tra i cespugli. Nel fuggire, il piccolo orso lasciò cadere Bubu che Luisa raccolse. Poi chiamò i soccorritori. Quando la trovarono salva e anche in buona salute, soltanto affamata, pensarono a un miracolo. Mai nessuno credette che a salvarla dal gelo della notte fosse stata mamma orsa tenendola insieme al piccolo. Tutti pensarono che avesse sognato.
Gabriella Zocca