Essere o non essere? Tocca a noi decidere

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Come funzionano corpo e mente quando dobbiamo prendere una decisione? E più la scelta è ardua, più aumentano stress, fatica, ansia e mal di testa. Cosa si può fare?

Saltare il fosso o no? Non è solo questione di riuscire o meno nell’impresa, c’è di più. Prendersi la libertà di scegliere è un compito che può, a volte, diventare così arduo da trasformarsi in un peso insostenibile, a tal punto che una situazione ambigua – vado o non vado? Cambio lavoro o resto al mio posto? Prendere o lasciare? – può trasformarsi in un’altra impresa davvero stressante qualora siano grandi le responsabilità, veloce la scelta o alta la posta in gioco. Di fronte a una decisione come reagisce allora il cervello? Quali sono i processi cerebrali che interagiscono durante un percorso decisionale? Gli scienziati lo sanno ormai da tempo: decidere significa scegliere. Un compito questo non riservato alle sole sfere delle azioni cerebrali, bensì a tutto il corpo.

I neurobiologi hanno dimostrato che chi sceglie manda segnali che risalgono dal sistema limbico in direzione della corteccia prefrontale, un’area dove sono collocate le nostre capacità di riflessione e di decisione. Si tratta di una specie di laboratorio interno al nostro cervello di valutazione funzionale, in cui vengono analizzate – grazie a calcoli e ragionamenti – le conseguenze delle nostre decisioni. È solo in seguito che spuntano le emozioni, quando abbiamo razionalizzato: rimpianto, gioia o delusione, tutto dipende perciò dall’esito, favorevole o no, della scelta, senza ovviamente sapere che cosa sarebbe successo se avessimo fatto altrimenti.

Essere o non essere? Si capisce bene, quindi, perché davanti a un dilemma nasce lo stress da cui possono derivare dubbi in grado di portare fino allo stallo emotivo. Un po’ come succede, nel famoso apologo, all’asino di Buridano che, esitando tra quale dei due mucchi di fieno scegliere per sfamarsi, rimane immobile e alla fine muore di fame. Sta di fatto che riflettere troppo e troppo a lungo sulla scelta migliore da fare può portare perfino a gravi effetti collaterali come cefalee, ansia e tachicardia.

L’incertezza punto di forza. Le neuroscienze ci dicono che un periodo d’indeterminatezza e indecisione può rivelarsi ricco di creatività intellettuale purché sia momentaneo. Perché se non lo fosse, il rischio sarebbe quello di restare intrappolati in una specie di stasi mentale che finirebbe per convincerci che il nostro cervello è incapace di scegliere, trasformando qualunque bivio esistenziale, anche il più insignificante, in un dramma. E se la scelta migliore fosse prendersi la libertà, appunto, di scegliere? Tocca a noi decidere.