David Sassoli e la passione per l’Europa

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David Sassoli

Un’ondata di commozione in Italia e in Europa l’11 gennaio ha accolto la notizia della scomparsa di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. Tutti, alleati e avversari, gli hanno riconosciuto la grande passione politica per un continente unito, la lealtà dei modi, il riformismo senza clamori ma fermo, la mitezza d’animo. Volto noto del Tg, aveva deciso di abbracciare la politica ai più alti livelli. Cattolico, suo padre era stato uno dei parrocchiani di don Lorenzo Milani. A quel pensiero cristiano, non convenzionale – a suo agio all’interno della famiglia del socialismo europeo – ispirò gran parte del suo pensiero.

Quando LiberEtà lo incontrò (leggi qui la nostra intervista), era stato da poco eletto a capo del consesso europeo. Era il novembre del 2019. Ci colpirono la calma determinazione con la quale parlava della sua Europa. Le elezioni di luglio avevano sancito la sconfitta delle forze populiste, e questa nuova condizione per Sassoli era un’opportunità irripetibile per riformare le istituzioni comunitarie.

«Siamo all’ultimo appello, all’ultima chiamata – disse in quell’intervista -. Per troppo tempo il cantiere della democrazia e delle regole europee è rimasto fermo al palo della crisi economica. Abbiamo passato gli ultimi dieci anni a discutere di politiche di rigore, ma oggi molti hanno capito che se non rimettiamo in moto il cantiere, non riusciremo a promuovere nelle nostre opinioni pubbliche l’attaccamento alla democrazia di cui l’Europa, i cittadini hanno bisogno».

La pandemia, che sarebbe scoppiata di lì a poco, impresse un’accelerazione inaspettata. Confermava la necessità di istituzioni salde e di un’azione comune degli stati per mettere in campo misure all’altezza della nuova sfida. Sassoli in questi due anni ha lavorato per rilanciare la centralità del Parlamento europeo, contro ogni pulsione tecnocratica. Ispirandosi ai padri fondatori, aveva capito che non era più tempo di assecondare la deriva liberista che aveva tolto respiro e forza al sogno europeo.

Fu anche grazie al suo lavoro che si arrivò al Next generation Ue, il piano di rilancio europeo che proietta oggi l’Unione oltre il riflesso egoistico dei singoli Stati membri. In quell’intervista sottolineò l’importanza di un bilancio comune, sotto il controllo del parlamento, per imprimere una svolta ormai non più rinviabile.

Sassoli si è inoltre speso fino all’ultimo per l’affermazione della libertà e di quei diritti civili e sociali che in molte parti del mondo – dall’Est Europa all’Africa, all’Asia – sono ancora oggi calpestati. Come dimostra la crisi dei migranti tra Polonia e Bielorussia e nel Mediterraneo. Ad oltre due anni di distanza le parole che usò ci appaiono profetiche: «Oggi – disse – negli europei vedo un orgoglio ritrovato, la consapevolezza che nonostante tutte le difficoltà, l’Unione rappresenta un baluardo di democrazia in un mondo in cui questo non è scontato». E se gli europei stanno finalmente ritrovando orgoglio e senso di appartenenza, lo si deve anche a figure umane e politiche come lui.