“Chiedimi come sto”. La ricerca dello Spi Cgil sui giovani dopo il Covid

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Con Rete degli studenti medi e Unione degli universitari (Udu), il sindacato dei pensionati presenta la prima indagine sulla condizione della popolazione giovanile dopo il covid. Nove ragazzi su dieci vivono un disagio psicologico: ansia, stress, paura del futuro. In aumento i casi di disturbo alimentare e di autolesionismo. Ma cambia anche la sfera valoriale: la stragrande maggioranza crede nella collettività e nella solidarietà.

Ansia, paura, stress, preoccupazione per il futuro, aumento dei disturbi alimentari e degli episodi di autolesionismo. Ancora: nove studenti su dieci manifestano un forte disagio psicologico e importanti criticità sulla loro salute mentale a seguito della pandemia.

Queste sono solo alcune delle indicazioni che emergono dall’indagine “Chiedimi come sto. Gli studenti ai tempi della pandemia” promossa dalla Rete degli studenti medi, dall’Udu – Unione degli universitari e dal sindacato dei pensionati Spi-Cgil, che ha coinvolto in un solo mese trentamila studenti delle scuole superiori e delle università, sparsi su tutto il territorio nazionale. La ricerca è stata presentata oggi nei locali della redazione della rivista Scomodo, all’interno del complesso autogestito Spintime Labs, da Assunta Ingenito (Ires Emilia Romagna).  Presenti lo psichiatra Andrea Filippi (Fp Cgil), Federica Tessari (Scomodo), Aurora Caporossi (presidente di Animenta), e Lorenzo Mazzoli (segretario nazionale Spi Cgil).

Si tratta di una vera e propria inchiesta sul campo (condotta dall’Ires Emilia Romagna) e anche la prima del genere a mettere in evidenza, grazie a un corposo numero di testimonianze, le conseguenze della pandemia tra i giovani. «Questa ricerca – dicono dallo Spi, che da tempo collabora con le organizzazioni degli studenti – pone con forza al paese una questione giovanile che deve essere assolutamente affrontata».

Lorenzo Mazzoli sottolinea il valore di questa ricerca: «È una grande indagine che si muove nel solco di un vero e proprio patto intergenerazionale che da tempo il sindacato dei pensionati ha siglato con le organizzazioni degli studenti e che vogliamo rafforzare sempre di più. Due considerazioni di merito: la prima è che questa generazione crede nei valori della solidarietà e del lavoro, in linea con la Costituzione. Ci sentiamo in sintonia con questi ragazzi, perché questi sono anche i nostri valori. La seconda è la paura del futuro. È un’ansia comprensibile, che va presa molto sul serio, a cui tutti dobbiamo dare una risposta, a cominciare da noi pensionati».

 

Le conseguenze del covid. Dalla ricerca emerge come Il 28% degli studenti ha dichiarato di avere disturbi alimentari, il 16% dei quali innescati dalla pandemia, mentre il 14,5% ha avuto esperienze di autolesionismo, la metà in coincidenza del periodo pandemico. Il 10% ha assunto sostanze e il 12% ha abusato di alcol.

A crescere nel corso dell’emergenza sanitaria sono state soprattutto le emozioni negative tra cui la noia (68%), la demotivazione (66%), la solitudine (62,7%), l’ansia (60%), la paura e la rabbia (46%). La pandemia ha prodotto anche un cambiamento dei comportamenti e delle abitudini, con l’aumento dell’uso dei social (78%), dei videogiochi (30,7%) e del fumo (18%). Sono invece diminuiti gli incontri con gli amici, sia online che in presenza (48%) e la cura del proprio aspetto fisico (37%). Il 64% ha subito un cambiamento dei ritmi del sonno.

Disastro Dad. L’indagine evidenzia anche il fallimento della didattica a distanza. Un quarto degli studenti (26,4%) ha pensato di abbandonare gli studi durante l’emergenza sanitaria e l’esperienza della Dad. La frequenza alle lezioni è diminuita per il 24% mentre è rimasta invariata per il 64%.

 

La didattica a distanza, in generale, ha prodotto diverse criticità accentuando il disagio psicologico e incidendo negativamente sulla salute mentale degli studenti.

Tra le criticità maggiormente diffuse la noia (75,5%), la fatica a stare davanti a uno schermo (69%), la demotivazione (67%), l’ansia (58,6%), il senso di solitudine (57%) e la difficoltà a vedere la propria immagine riflessa su uno schermo (47%).

Timori per la propria salute mentale. Il 60,3% degli studenti – si legge nella ricerca – guarda in prospettiva con criticità molto elevata alla propria salute mentale. Atteggiamenti e stati d’animo che più di frequente rispecchiano la visione del futuro sono la curiosità (82%), l’insicurezza (75%) e la paura (72,6%), segnalando quindi un’attitudine propositiva di fondo che viene però smorzata da sensazioni fortemente negative.

Il 73,6% ritiene che vi sia una visione sottostimata della propria generazione da parte degli adulti. Credono negli amici (85,8%) e nella famiglia (85,6%) mentre la fiducia che ripongono verso i diversi soggetti istituzionali è sotto il 50%, fatta eccezione per scuola, università e Unione europea.

No all’individualismo. Buone notizie invece per quanto riguarda la sfera valoriale, con la dimensione collettiva (89%) che prevale sull’individualismo (56,7%), il cambiamento (92%) sulle tradizioni (52,6%), la solidarietà (95%) sulla competitività (47,5%). È invece conteso il confronto valoriale tra passioni (97%) e profitto (85%) e tra merito (89%) e uguaglianza (96%).

Tra le priorità d’intervento per il futuro della propria generazione al primo posto c’è il lavoro (56%), seguito dalla richiesta di supporto psicologico e dal tema dell’ambiente, evidenziando quindi una forte cultura lavoristica degli studenti.

Si a supporto psicologico nelle scuole. Il 90% degli studenti ritiene utile e richiede che vi sia un supporto psicologico nella propria scuola e università. Di questi il 35% non lo ritiene solo utile ma vorrebbe usufruirne, a dimostrazione del forte impatto della pandemia sulla loro salute mentale ma anche della volontà di affrontare e superare le difficoltà. Uno su quattro si è rvolto a un servizio di supporto psicologico.