Emergenza case di riposo. Arrivano nuove denunce

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I Nas di Perugia hanno denunciato all’autorità giudiziaria i gestori responsabili di due comunità di alloggio per anziani. L’accusa è di aver ospitato 23 anziani non autosufficienti in condizioni psico-fisiche incompatibili con i requisiti necessari e di averli fatti accudire da operatori socio-sanitari privi di titoli e competenze specifiche. E, per finire, sono state rilevate anche violazioni delle norme di sicurezza dei luoghi di lavoro. Si perché a rischiare nelle case di riposo non sono solo gli anziani ma anche i tanti lavoratori che spesso lavorano senza alcuna tutela.

È l’ennesimo caso che coinvolge drammaticamente una popolazione anziana sempre più sola. In queste strutture i familiari sono tenute a pagare delle rette a volte molto salate. Ma in cambio di cosa?

“Noi dello Spi Cgil denunciamo da anni questa situazione. Le case di riposo nascono e chiudono alla velocità della luce. Sono un modo per fare business. Delle condizioni degli anziani non interessa a nessuno. L’intervento dei Nas purtroppo non è né il primo né sarà l’ultimo” spiega il segretario dello Spi Cgil di Terni Luigino Mengaroni. “Le strutture sono spesso fuori norma per le condizioni igienico-sanitarie – prosegue – altre volte esercitano violenza o minacce sugli anziani. La situazione è grave. Per questo abbiamo chiesto più volte all’amministrazione comunale di intervenire e provvedere all’immediata chiusura delle strutture. A volte vengono chiuse, ma riaprono pochi giorni dopo, magari con un altro nome”.

In Umbria le case di risposo private, convenzionate e non, sono molte. Nella provincia d Terni ce ne sono alcune che esistono da tanti anni e che funzionano perfettamente. Sono quelle gestite da cooperative sociali trasparenti ed efficienti. Con loro il sindacato dei pensionati, da sempre in prima linea nella battaglia contro le violenze e gli abusi nelle residenze per anziani, ha ottimi rapporti. Si costruiscono iniziative congiunte e i volontari dello Spi possono entrare liberamente e controllare senza problemi le condizioni degli anziani che vi alloggiano.

Altrove la situazione invece è drammaticamente diversa. Nelle strutture private nate come funghi negli ultimi 10- 15 anni l’accesso è severamente vietato. Nessuno di fatto può entrare per verificare, monitorare e sanzionare. Se non le forze dell’ordine, quando ormai si è passato il segno e arrivano le denunce.

“Noi ci battiamo da anni perché l’amministrazione pubblica, comunale e provinciale, istituisca controlli più rigidi. Tempo fa con la Regione avevamo siglato un accordo sulla non autosufficienza nel quale era stata introdotta una clausola che prevedeva la creazione di un comitato dei familiari dei pazienti che potesse accedere alle strutture private” dice Mengaroni.“Noi come Spi avremmo fatto parte di questo comitato e così avremmo potuto monitorare più da vicino la situazione. Il comitato però, colpevole l’amministrazione regionale, non è mai decollato e noi ci ritroviamo senza strumenti adeguati per far fronte a questa situazione”.