Anziani e alimentazione. Con la crisi diminuisce la sana alimentazione e peggiorano le condizioni di salute

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Il 4 aprile a Bra (Cuneo) verrà presentata la ricerca di Spi Cgil in collaborazione con Auser e Fondazione Di Vittorio “Pensa a cosa mangi”.

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Il 17.5% di anziani – soprattutto over 75 – salta il pranzo o la cena a causa della perdurante crisi economica. A farne le spese sono soprattutto le donne. Sono loro, infatti, (in una quota rilevante vedove) ad aver subito una diminuzione del 20% di pasti e consumi, contro il  15,55% degli uomini. Sono i dati drammatici che emergono dalla ricerca “Pensa a cosa mangi. Alimentazione e salute delle persone anziane” promossa dallo Spi Cgil, in collaborazione con Auser, e condotta dalla Fondazione Di Vittorio.

Sono state 7.241 le persone intervistate, con un’età media tra i 69 e i 70 anni. I numeri ci dicono che la  crisi ha pesato di più fra le persone meno istruite, tra chi ha  le pensioni più basse e tra chi risiede al Sud e nelle Isole.

Sono quindi principalmente fattori oggettivi a limitare e a comprimere le scelte alimentari delle persone anziane. In particolare, il reddito da pensione disponibile incide notevolmente per i redditi più bassi rispetto al paniere degli alimenti. Non è un caso quindi se dalla ricerca risulti come i bassi redditi da pensione si associano sempre a una cattiva e scarsa alimentazione. Ma anche a una minore frequenza della diagnostica e a maggiori problemi di masticazione, poiché ci si rivolge meno a un medico e ancor meno a un dentista. La cattiva alimentazione ha quindi un riflesso evidente sulle condizioni di benessere e sulla salute. I redditi più alti invece mantengono una maggiore qualità e varietà della dieta e sono anche quelli più aperti a modalità di spesa innovative come i mercati a Km0 o a gruppi di acquisto.

Ma oltre alle difficoltà economiche, un elemento critico che influenza la buona alimentazione risiede nelle forme della convivenza e nell’accessibilità del territorio: le persone sole, e quelle via via più anziane, hanno minori opportunità relazionali e di stimolo per tenere alti gli standard alimentari, mostrando anche un raggio d’azione della spesa più ristretto.

Nel dettaglio, tre quarti degli intervistati consumano tre pasti regolari al  giorno, pochi coloro che ne consumano 4 (8,9%, di preferenza i  tre pasti principali e una merenda pomeridiana), e solamente il  3,9% ne consuma 5 in 24 ore e il 7,7% consuma meno di 3 pasti.  Il 13,4% degli anziani con reddito fra i 500 e gli 800 euro  consuma meno di tre pasti e ancora di più le persone che li hanno diminuiti per la crisi (ben il 17,8% consuma meno di 3  pasti al giorno).  Secondo la ricerca chi ha patito la crisi fa la spesa soprattutto nei discount (38,7% contro 20,9% di chi non ne ha  subito i contraccolpi), ritorna nei mercati rionali (31,7%  contro 22,6%), abbandona i supermercati (49,8%, contro 82,8% del  totale), ma ricorre in maniera analoga ai negozi di quartiere  (22,3% contro 25,4%).

Nel complesso, gli anziani si mostrano disponibili a cambiare la propria dieta e anche ad attivarsi nella frequenza di corsi di formazione e occasioni informative. Questo orientamento risulta più accentuato tra le donne, al centro-nord, tra le persone che convivono con il coniuge e anche tra le persone che hanno diminuito i pasti a causa della crisi (con l’eccezione, significativa, delle persone con i più bassi redditi da pensione).

La ricerca verrà presentata a Bra (Cuneo) all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche il 4 aprile durante un convegno nazionale che vedrà la partecipazione di grandi esperti di cibo e alimentazione. A introdurre i lavori sarà la segretaria nazionale Spi Cgil Mina Cilloni. A seguire il saluto del Presidente nazionale di Auser Enzo Costa. I risultati della ricerca saranno illustrati da Beppe De Sario della Fondazione Di Vittorio. A seguire la tavola rotonda con Matteo Guidi, Amministratore Delegato Last Minute Market srl, Roberto Morgantini, Vice Presidente di Amici di Piazza Grande onlus, Carlo Petrini Presidente Internazionale Slow Food. A condurre sarà il direttore del giornale LiberEtà Giorgio Nardinocchi. Le conclusioni saranno affidate al nostro segretario generale Ivan Pedretti.