Ambiente: fermiamo l’invasione delle microplastiche

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Le microplastiche stanno, come una specie aliena, letteralmente colonizzando il pianeta. Piccole e insidiose, diffuse nei mari e nell’aria, si trovano sempre più spesso in alimenti di largo consumo e rischiano così di “avvelenare” i nostri piatti.

 Invisibili, invadenti e nocive. Le microplastiche ci stanno implacabilmente colonizzando. Composte da frammenti di dimensioni micro- scopiche, comprese tra 0,001 e 5 millimetri, questa specie aliena sconfina, infatti, dal suo habitat artificiale: biodiversità, uomo, nessuno è al riparo e i danni sono massicci. La causa di questa débâcle è semplice: è, infatti, molto facile staccarle dal loro ambiente naturale e poi niente, o quasi, contrasta la loro diffusione.

Secondo uno studio condotto da un laboratorio australiano pubblicato nella rivista Nature Scientific Reports è sufficiente aprire una banale bottiglia di plastica per liberarne a migliaia. Quello che gli scienziati hanno osservato, grazie a una bilancia ultrasensibile in grado di pesare a scala del nanogrammo (la miliardesima parte del grammo), preoccupa: a ogni prima apertura, una bottiglia di plastica rilascia tra dieci e trenta nanogrammi di microplastica, vale a dire una quantità di particelle compresa tra 14.000 e 75.000 unità.

Uno sciame che potrebbe essere ancora più folto se fosse contabilizzato il numero consistente di particelle che rimangono in sospensione nell’aria, per un certo tempo, come si legge nella ricerca.

Un dato preoccupante. Paragonando i risultati di ventisei studi indipendenti emerge un dato piuttosto preoccupante: 50.000 è il numero di particelle di plastica che, ogni anno, un uomo ingurgita. Stime queste che salgono tra 74.000 e 121.000 se considerate quelle inalate. Ad esempio, chi beve soltanto acqua in bottiglia di plastica ogni anno ne butta giù 90.000 contro le “sole” quattromila di chi consuma acqua del rubinetto, dati questi di una recente ricerca canadese.

Un numero impressionante che potrebbe comunque essere ancora sottostimato, avvertono alcuni esperti che hanno trovato queste sostanze in altri alimenti di largo consumo: dal pesce alla carne, al miele e in tanti altri prodotti industriali.

Gli effetti sul nostro organismo. L’esempio del tè confezionato in buste, appunto, di plastica è calzante. Così imballato racchiude, infatti, molti residui plastici che con il tempo si decompongono in particelle microscopiche, addirittura nanoscopiche, spiegano i ricercatori della McGill University (Canada). E non sostano a lungo nelle buste: tuffando il tè nell’acqua a 95 gradi centigradi, il microscopio elettronico svela che ogni busta sparge nella tazza tra tredici e sedici microgrammi di plastica cioè 11,6 miliardi di microparticelle dal gusto piuttosto amaro.

I loro effetti sull’organismo umano non sono ancora ben identificati ma, secondo risultati pubblicati sulla rivista scientifica inglese The conversation, sembrano capaci, sul lungo periodo, di perturbarlo. Sono, infatti, corpuscoli così fini da attraversare i tessuti e poi accumularsi negli organi. E non soltanto degli esseri umani: molte specie marine li confondono spesso con il cibo tant’è che i biologi hanno ritrovato microplastiche in 114 specie acquatiche di cui la metà finisce nei nostri piatti.