Ai bimbi una fiaba, ai nonni un disegno #12

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Una favola moderna. Api & api-robot unite per salvare il mondo

di Ado Grilli

 

A mia figlia Erika, a Bianca e Jacopo

Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita. (Albert Einstein )

Marco fin da piccolo aveva un sogno: allevare api. Gli aveva trasmesso la passione il babbo, Alessandro, un agricoltore amante della terra e della natura.

In verità Marco di sogni ne aveva due. L’altro era quello di riuscire a costruire robot che aiutassero gli uomini a rendere il mondo migliore.

Così seguiva sempre i babbo nella cura delle api e i robot erano diventati i suoi giocattoli preferiti e quando gli chiedevano – come si fa con i bambini – cosa volesse fare da grande, Marco rispondeva «Allevare api e diventare ingegnere robotico».

 

A Marco quel mondo fantastico, dove il babbo aveva realizzato il sogno della sua vita, avere una fattoria in mezzo al verde, era sempre piaciuto.

Lo appassionavano i racconti del babbo che sapeva tutto sulle api e le riteneva capaci di vivere in gruppi perfettamente organizzati in cui tutti si adoperano per un fine comune. Come fanno le formiche, le gru e un po’ meno gli uomini e le vespe.

 

Marco, da bambino, era molto curioso e chiedeva al babbo tantissime cose sul mondo delle api che lo affascinava sempre di più. Voleva sapere le ragioni della particolare collocazione delle arnie e perché le aveva colorate.

Babbo Alessandro, contento per l’interessamento di Marco, gli spiegava che l’alveare deve essere posto nei pressi della fattoria, in un punto dove non c’è eco, rivolto verso oriente nei mesi invernali, con intorno tantissimi fiori per impollinare ed acqua pura. Importante che l’acqua sia pulita, non stagnante, perché costituisce uno degli elementi fondamentali nell’alimentazione delle api. «Ho colorato le arnie con vernice atossica – aggiunse il babbo – perché riconoscere la propria arnia è fondamentale per le api. Non vedono i colori come noi; sono in grado di riconoscere il giallo, il verde, l’azzurro ma non distinguono il rosso, lo vedono nero. Così la diversità di colore delle arnie le aiuta a riconoscere la propria. Se un’ape operaia sbaglia arnia poco male e spesso è accettata in quanto considerata forza di lavoro aggiuntiva. Ma se sbaglia l’ape regina di ritorno da uno dei suoi voli di orientamento, viene uccisa».

 

Quando Marco diventò adulto realizzò il suo sogno di laurearsi ingegnere robotico. Naturalmente aveva studiato non abbandonando mai il suo primo sogno: quello di allevare api.

Quando si rendeva libero dai suoi impegnativi studi aiutava il babbo ad aumentare il numero delle arnie intorno alla fattoria per produrre buonissimo miele. Nel tempo erano riusciti a costruire un centinaio di arnie che, in piena estate, potevano contenere fino a novantamila api.

Il miele prodotto era molto ricercato. La fortuna dell’ottima collocazione della fattoria consentiva di avere molte varietà: millefiori, girasole, erica, trifoglio, macchia mediterranea, castagno, acacia. A seconda delle stagioni anche edera e corbezzolo

 

Nella bella stagione le api volavano libere di fiore in fiore. Marco ed il babbo erano felici per avere realizzato il loro comune sogno mentre da più parti si parlava del pericolo di estinzione delle api a causa dell’inquinamento mondiale, dei pesticidi, delle onde elettromagnetiche.

Nella loro fattoria il problema non esisteva. I loro campi e quelli dei vicini erano, in primavera, un grande tappeto verde dove sbocciavano papaveri rossi, margherite, girasoli; ma vi era anche il trifoglio e il rosmarino, particolarmente graditi alle api.

 

I proprietari dei terreni vicini alla fattoria erano Margherita e Paolo due amici di Marco con il quale erano cresciuti insieme. Anche loro avevano deciso di seguire le orme dei loro genitori che lavoravano la terra per discendenza. Erano contrari a colture estensive e all’uso dei diserbanti, tanto meno degli insetticidi per le molte piante di frutti.

Margherita aveva, anche, avviato un allevamento di pecore e capre e aperto un mini caseificio che produceva latte, burro, yogurt e formaggi. L’attività dava buoni risultati nelle vendite a privati, i gruppi di acquisto solidale, detti GAS, negozi tipici e formaggiere.

Paolo aveva scelto di aprire per l’estate una vendita, vicino alla strada che porta al mare, di verdure e soprattutto dei numerosi frutti che coltivava in modo biologico, difendendoli dagli insetti nocivi attraverso l’uso dei feromoni. E aveva anche aperto, utilizzando i grandi spazi della casa colonica familiare, un agriturismo che ospitava, ogni anno, numerosi turisti attratti da questo mondo fantastico, vicino al mare.

 

Un giorno Marco trovò il babbo che piangeva, seduto su un tronco d’albero, tenendosi disperato la testa tra le mani. Pensò che fosse crollato per la paura e lo sconvolgimento del terribile virus venuto dalla Cina che li aveva bloccati tutti in casa, come l’intero Paese. Il babbo singhiozzando lo prese per mano e lo condusse alle arnie.

Marco comprese il profondo dolore del padre che prese anche lui.

 

C’era una vera strage delle loro api, sparse sul terreno e decapitate. Ed erano solo quelle che le terribili vespe velutine non erano riuscite a portare al proprio nido, abilmente nascosto, come alimento per la prole.

Il babbo addolorato disse a Marco di aver sentito parlare della vespa velutina che, originaria del sud-est asiatico, era arrivata anche in Italia. È un insetto terribile, per velocità e ferocia, che causa gravi danni agli alveari perché gran parte della dieta delle sue larve è a base di api. Può ucciderne fino a sei al minuto. Il primo caso – continuò il babbo – si era avuto in Lombardia. Aveva diffuso la notizia un apicoltore lombardo che aveva “imbottigliato” alcuni esemplari con una trappola costituita da una bottiglia contenente birra.

«E io avevo sottovalutato il pericolo perché avevo saputo che le vespe velutine non erano arrivate nella nostra Toscana», concluse il babbo.

Il babbo si riteneva responsabile di avere ritenuto la fattoria fuori da ogni pericolo. Disse a Marco che aveva visto alcune vespe aggirarsi intorno alle arnie ma non pensava si trattasse delle velutine che probabilmente avevano messo un loro nido nascosto in una delle molte piante vicine alla fattoria. Aggiunse che aveva notato le api che si difendevano bene dai loro attacchi, unendosi tutte insieme intorno al corpo delle poche vespe che rimanevano soffocate da quella stretta.

Ma doveva trattarsi di un ridotto gruppo di un piccolo nido. Ora dovevano essere diventate un numero notevole e si era di fronte a una diffusione incontrollata che le api non riuscivano a respingere.

Marco ascoltò il babbo, attentamente. Poi lo rassicurò.

«Non te lo avevo ancora detto ma forse ho la soluzione. Sai della mia passione per i robot, fin da piccolo, che adesso ho trasformato in lavoro con un valido gruppo di ricercatori di Pisa. Abbiamo scoperto che un giapponese di nome EiJiro Mijako ha ideato un drone con la capacità di impollinare come le api volando sui fiori senza danneggiarli, replicando in modo efficiente l’attività degli insetti impollinatori. Chi ha commissionato lo studio si preoccupa della possibile, drammatica, estinzione delle api per l’inquinamento e, negli ultimi tempi, per le vespe velutine. Non cercano sistemi di difesa delle api ma di come sostituirle se spariscono dalla Terra. Noi siamo riusciti a realizzare una serie di piccolissimi robot del tutto simili alle api dotati di intelligenza artificiale che possono anche agire senza essere comandati a distanza. Sono capaci di impollinare come il drone del giapponese e come le  api ma anche di difenderle. Abbiamo ideato due pungiglioni sulla testa che agiscono come spade taglienti capaci di penetrare la dura corazza delle vespe velutine e ucciderle. Abbiamo fatto prove e funzionano. C’è il brevetto e la possibilità di produrle in serie, per chi ne ha necessità “.

Il babbo sostituì un sorriso al pianto. Marco portò alla fattoria una serie di piccoli robot-api che sembravano vere compagne delle loro amate api. Per loro prepararono un’arnia rossa, colore che le api non riconoscono e scambiano per nero. Fecero una prova nei giorni successivi. Le api e i robot-api si integravano perfettamente e tornavano in modo organizzato nelle loro arnie, diversamente colorate.

Era bello vedere volare nei campi, insieme, le api ed i piccoli robot loro sosia. Si confondevano tra i fiori che impollinavano e al ritorno i piccolissimi ma robusti robot si trasformavano in api guerriere a difesa dell’alveare. Quando arrivavano le vespe velutine venivano abbattute senza scampo.

La scoperta di Marco e dei suoi colleghi ricercatori fu provvidenziale non solo per la fattoria di babbo Alessandro ma per l’intera umanità. La ricerca e la tecnologia era stata messa a servizio dell’uomo non per sostituire ma per integrare il prezioso lavoro delle api che non rischiavano più l’estinzione.

 

Erano passati alcuni mesi.

Il problema delle vespe velutine era stato debellato anche perché il babbo aveva imparato a scovare i loro nidi ed eliminarli e a costruire delle trappole con bottiglie con birra che attiravano e uccidevano le pericolose velutine.

Nel frattempo era uscito un vaccino, testato e sicuro, capace di sconfiggere il coronavirus – importato dalla Cina, come le vespe velutine – che aveva chiuso tutti gli abitanti del mondo, per lunghi mesi in casa impauriti e condizionati nelle loro attività.

Anche gli uomini, come le api, potevano tornare alla normalità. Anzi; non alla normalità perché il virus aveva prodotto molte morti e danni ingenti ma anche insegnato una lezione. Occorreva cambiare abitudini e avere un maggiore rispetto della natura. Marco, il babbo, Margherita e Paolo queste cose le sapevano e le applicavano. Ma anche loro avevano imparato qualcosa dalla lezione. Durante le limitazioni non veniva tagliata l’erba che nasceva lungo i fossi e tantissimi fiori erano nati tra l’erba rendendo più bello il percorso. Le api vi avevano trovato un altro spazio che pullulava di vita.

 

Dal terrazzo della loro fattoria Marco ed il babbo osservavano la meraviglia della natura che li circondava nella quale api e api-robot volteggiavano di fiore in fiore, come la più bella delle poesie.

Quando rientrarono in casa, alla tv, c’era Papa Francesco che parlava del virus e delle epidemie che colpiscono uomini e animali se non si rispetta la natura.

Lo ascoltarono, attenti.

Diceva : «Cogliamo questa prova come un’opportunità per preparare il domani di tutti, perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno».

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