Strage di Brescia. A piazza della Loggia per non dimenticare

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Il 28 maggio 1974 alle 10.12 una bomba esplode in piazza della Loggia a Brescia. Morirono 8 persone. Ci furono più di cento feriti. Fu un attacco alla democrazia e al mondo del lavoro.

«Sono arrivato in piazza della Loggia – ricorda in un video pubblicato su facebook il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti, che in quegli anni lavorava proprio a Brescia – «la bomba era appena scoppiata Si sentiva ancora l’odore acre di carne bruciata. È un ricordo indelebile, forte. C’era rabbia. C’era sconcerto rispetto a quell’atto così plateale nei confronti del movimento sindacale. La consapevolezza era che eravamo un sindacato fortemente antifascista, radicato nei luoghi di lavoro, nel territorio, che poteva intimorire democraticamente le forze di destra, le forze terroristiche. Non avremmo mai pensato si potesse arrivare a tanto».

Quarantasei anni dopo, nel clima irreale causato dal Covid 19, alle commemorazioni in piazza della Loggia non ci saranno assembramenti: obbligo di indossare le mascherine, niente abbracci, niente strette di mano, rispetto della distanza fisica tra una persona e l’altra. Per garantire la sicurezza durante l’intera giornata, i sindacati Cgil, Cisl e Uil, cui fa capo l’organizzazione della manifestazione, hanno preparato un vademecum dettagliato. Le delegazioni in rappresentanza di associazioni o organizzazioni sono composte al massimo da tre persone. Anche i singoli cittadini potranno partecipare, ma dovranno seguire le stesse prescrizioni previste per le delegazioni. Avanzando a scaglioni, delegazioni e privati passeranno davanti alla stele ma in in modo da «mantenere in piazza un numero costante di persone, adeguato alle disposizioni prescritte dalle autorità».

Il programma delle iniziative

Come ogni anno, alle ore 10.12, alla presenza della delegazione istituzionale, in tutta la città si sono uditi gli otto rintocchi che ricordano le vittime della strage. Alle 8.30 il vescovo Pierantonio Tremolada ha celebrato la messa al cimitero Vantiniano. Alle 10.20, inoltre, tutte le campane della Diocesi di Brescia hanno suonato contemporaneamente.

Nella mattinata si prosegue con un convegno nel Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia, che sarà possibile seguire via streaming e a cui parteciperanno via Skype Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio, magistrato ucciso dalle Brigate Rosse e, come accade ormai da anni, una studentessa, Chiara Zanelli del liceo Arnaldo. In chiusura del convegno sarà trasmesso un video in omaggio alle otto vittime, Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Vittorio Zambarda.

Nel pomeriggio, alle 18, manifesterà in piazza anche la sezione Anpi Caduti di piazza Rovetta. Molte le iniziative online previste per tutta la giornata.

La storia

«Una bomba… Aiuto! Fermi, state fermi… Compagni e amici state fermi, state calmi, state all’interno della piazza… Il servizio d’ordine faccia cordone intorno alla piazza… State all’interno della piazza… Invitiamo tutti a portarsi sotto il palco… Lavoratori venite sotto il palco».

La registrazione sonora dei concitati attimi di terrore dopo l’esplosione è tra i più angosciosi documenti della nostra storia. Pioveva a Brescia la mattina del 28 maggio 1974: nella centralissima piazza della Loggia era in corso una manifestazione indetta dalla Federazione Cgil, Cisl, Uil e dal comitato antifascista per protestare contro i frequenti attentati avvenuti in città per mano dei gruppi di destra. Erano da poco passate le dieci e dal palco stava parlando Franco Castrezzati, sindacalista Cisl, quando un chilogrammo di tritolo, nascosto in un contenitore metallico di rifiuti, esplose provocando la morte di otto persone e il ferimento di altre cento.

Dopo piazza Fontana (1969) e la bomba alla questura di Milano (1973) l’attentato di Brescia fu un altro anello della lunga catena di atti criminosi, di sangue e di lutti che caratterizzò la “notte della Repubblica” (di lì a poco, il 4 agosto, ci sarà l’attentato al treno Italicus). Come per gli altri capitoli della “strategia della tensione” anche per la strage di Brescia la strada per l’accertamento delle responsabilità si rivelò subito irta di ostacoli: prima le coperture e i depistaggi a opera di pezzi dell’apparato statale, a cominciare dai servizi segreti; poi l’interminabile serie di processi.

Dopo quarant’anni, per i fatti di piazza Loggia nel 2015 furono condannati Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi, sentenza poi confermata dalla Cassazione nel 2017. In quello stesso anno, Tramonte venne estradato dal Portogallo e incarcerato in Italia. Carlo Maria Maggi considerato il mandante della strage, morì il 26 dicembre 2018: «Sono convinto che sia morto portandosi via tante verità mai dette», commentò a riguardo Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari delle vittime della Strage di piazza Loggia e fondatore della Casa della Memoria. C’è la certezza processuale e definitiva che la matrice dell’attentato sia stata opera dell’organizzazione fascista Ordine Nuovo. Per i giudici Maggi non si limitò a volere la strage, piuttosto procurò l’esplosivo che poi venne affidato a Carlo Digilio e Marcello Soffiati. Quell’ordigno, nascosto in un cestino dei rifiuti, esplose durante una manifestazione antifascista contro il terrorismo nero.