Un nuovo welfare per gli anziani

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I sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil chiedono un tavolo per discutere dei decreti attuativi della legge sulla non autosufficienza. Intanto, sabato 7 ottobre, la Cgil e oltre 100 associazioni manifesteranno in piazza San Giovanni a Roma

Per la prima volta nella storia dell’umanità gli ultrasessantacinquenni hanno superato il numero dei bambini di cinque anni. Eppure vivere più a lungo e in condizioni psicofisiche buone non è scontato. È una sfida continua. Nel nostro paese come nel mondo, presuppone condizioni materiali migliori, nuovi servizi di welfare e un profondo cambiamento culturale.

Stati generali dell’invecchiamento attivo

Il 3 ottobre, pochi giorni dopo l’approvazione della nota di aggiornamento ai documenti di finanza pubblica (Nadef), a Roma, nella cornice dell’antico Acquario, si sono riuniti gli Stati generali dell’invecchiamento attivo. Un evento programmato dall’alleanza Happy Ageing, della quale fanno parte, oltre a varie associazioni e istituzioni, i sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil.

Introduce la riflessione dedicata alle politiche per l’invecchiamento, Alessandro Rosina, ordinario di demografia dell’università Cattolica di Milano: «È legittimo domandarsi qual è la nostra visione di una comunità longeva. L’aspettativa di vita continuerà ad aumentare. Ma non esiste un punto di equilibrio nella qualità della vita. Va conquistato attraverso nuovi servizi, la prevenzione della cronicità, il miglioramento delle condizioni economiche. È questa la sfida da vincere. L’Italia ha indicatori peggiori di tanti paesi europei. Ci mancano le parole per descrivere l’invecchiamento e sfatare luoghi comuni: a 65 anni oggi non si è vecchi, non si è per forza malati o dipendenti e soprattutto non si smette di avere relazioni affettive o di essere cittadini attivi».

Anche monsignor Vincenzo Paglia, già presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani, avvalora l’idea di una rivoluzione culturale: «Negli ultimi decenni, è nato un nuovo popolo: gli anziani. Senza accorgersene la vecchiaia è diventata un fenomeno di massa. In Italia, vivono 14 milioni di persone che hanno compiuto sessantacinque anni. E su questa moltitudine non esiste un pensiero strutturato, come 50 anni fa non esisteva sull’infanzia. Va compreso che la vecchiaia non è l’età dello scarto. Non è un naufragio». Grazie al Governo Draghi, sottolinea monsignor Paglia, abbiamo elaborato la Legge delega al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane, che è stata condotta in porto dall’esecutivo in carica. Se fino a oggi si tendeva a intervenire solo in presenza di una conclamata non autosufficienza, la sfida del Ddl 33/2023 è prevenire la caduta nella fragilità e inventare nuove prospettive per tutti anziani».

Mancano le risorse economiche

Una domanda grava sul dibattito: nella prossima Finanziaria saranno stanziate le risorse per rendere operativo il Ddl e migliorare la condizione di vita di quattro milioni di anziani non autonomi?

A questo punto la parola passa a Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro e delle politiche sociali, la quale spiega come il Disegno di legge 33 abbia messo ordine in una giungla regionale in cui mancava una visione nazionale. «Lo abbiamo approvato velocemente perché è una nostra priorità. Non si può dire che il Disegno di legge sia a invarianza di risorse: abbiamo detto chiaramente che le avremmo trovate nelle leggi di Bilancio dell’intera legislatura. Non possiamo pensare – prosegue la ministra – che senza crescita si possano distribuire risorse. La nazione non cresce e noi dobbiamo puntare sul lavoro. C’è ancora molto da fare, ma abbiamo buone speranze. Abbiamo cancellato il reddito di cittadinanza che è costato quasi 29 miliardi senza offrire politiche per occupazione. Il nostro obiettivo non è distribuire soldi, ma creare occasioni di formazione e dignità. Il lavoro è vocazione, è dono di sé, è restituzione alla comunità. Ciascuno di noi ha il dovere di contribuire alla crescita della propria famiglia e della nazione. Non sarà facile, ma il governo è sulla strada giusta. Dobbiamo coordinarci per non vanificare gli sforzi e in passato abbiamo organizzato tavoli con le organizzazioni sindacali per conoscere la loro opinione»

Il disegno di legge sulla non autosufficienza

Controbatte per prima alle affermazioni della vice ministra, Francesca Salvatore, della segreteria della Uil pensionati: «Il Ddl 33/2033 è una buona base, ma sono fondamentali i decreti attuativi e il sindacato chiede di essere coinvolto nella loro formulazione e nel collegarli alla medicina territoriale. Servono risorse aggiuntive, altrimenti tutto è a rischio. Occorre un robusto investimento nella prevenzione. Non si può iniziare ad affrontare i problemi dell’invecchiamento dopo i 65 anni, a quell’età dobbiamo arrivare in buona salute. Chiediamo inoltre di incrementare l’indennità di accompagnamento, di rendere operativi i distretti e fare coincidere distretti sanitari, sociali e case della comunità. Non dimentichiamo che all’orizzonte incombe l’autonomia differenziata che rischia di mandare alla deriva l’universalità delle prestazioni sociosanitarie».

Secondo Emilio Didone, segretario generale della Fnp Cisl, a forza di rimandare i problemi della sanità e della non autosufficienza siamo oggi in una condizione critica. «La politica ha la responsabilità di creare un paese gioioso, tranquillo, sano. Le persone invece sono arrabbiate, il carico della non autosufficienza pesa sulla famiglia e sta erodendo i risparmi. Un fenomeno da non sottovalutare è la solitudine: gli anziani sono soli da quando è andata all’aria la famiglia tradizionale».

«Il Ddl 33/23 – ricorda Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil – è stato il frutto di decine e decine di incontri. Non credo che i decreti attuativi possano risolversi con un’audizione. Servirà l’intelligenza di tutti per dare corpo a un nuovo sistema per quale il sindacato si è battuto per 20 anni».

La domanda fondamentale, ribadisce Pedretti rivolgendosi alla viceministra Bellucci, è se la legge Finanziaria stanzierà le risorse. «Altrimenti siamo nel campo delle chiacchiere. Il Governo ha intenzione di tagliare due miliardi al Sistema sanitario, mentre 3 milioni di persone rinunciano a curarsi per mancanza di soldi. L’ottanta per cento dei pensionati percepisce un assegno inferiore a mille euro al mese. Gli anziani ormai rappresentano quasi un terzo del paese e hanno bisogno di un nuovo welfare. La politica – conclude Pedretti – ha l’obbligo di trovare le soluzioni. Per questa ragione chiediamo ufficialmente una convocazione per cominciare a lavorare mettendo insieme le competenze».

Perché lo Spi Cgil scende in piazza il 7 ottobre

A margine dell’incontro il segretario dello Spi Cgil Ivan Pedretti ha aggiunto «Questo governo mente sapendo di mentire. La vice ministra Maria Teresa Bellucci ha raccontato un Paese che non esiste: dove il lavoro cresce, la sanità e la salute dei cittadini sono delle proprietà, dove non si taglia ma si investe. La realtà è che aumenta il precariato, che gli italiani per curarsi sono costretti a rivolgersi ai privati, solo se possono permetterselo, e che il carrello della spesa è sempre più leggero. Questo è il paese reale dopo un anno di governo Meloni. Continua poi la mistificazione di appropriarsi della legge sulla non autosufficienza che è stata approvata dal governo precedente dopo un lungo confronto con le organizzazioni sindacali. Sabato,7 ottobre, scenderemo in piazza San Giovanni a Roma. Lottiamo: uniti siamo una forza».