Telemedicina e teleconsulto nel futuro della Sanità

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A Che tempo che fa, l’infettivologo Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano ha ricordato quello che si è detto, ma non fatto, da quasi dieci anni: «Bisogna usare la telemedicina e raggiungere le persone nelle loro case, se non fisicamente, con il consiglio. È vero che è utile parlare con il proprio medico a telefono ma per una valutazione più accurata ci vorrebbe il personale sanitario. In molti, comunque, cercano di osservare tutte le raccomandazioni ma vanno in ansia quando iniziano a tossire o ad avere un po’ di febbre».

Ci voleva un’emergenza come quella del covid 19 per riscoprire l’utilità della telemedicina. Eppure, quasi dieci anni fa, nel 2012, il Consiglio superiore di sanità approvava le Linee di indirizzo italiane sulla telemedicina. Quali sviluppi ci sono stati nel frattempo? Che vantaggi apporta invece a medici e pazienti l’utilizzo di questa “nuova” tecnologia?

In un libro, curato da Marica Guiducci, che sta per essere pubblicato dalla casa editrice LiberEtà per l’Alta scuola Spi Cgil Luciano Lama, e il cui obiettivo è proporre una sintesi ragionata e divulgativa della letteratura internazionale sulle tecnologie della comunicazione e informazione applicate alla salute e alla medicina, al tema è dedicato un ampio approfondimento.

Le pagine del volume attingono ai risultati del rapporto di ricerca Opportunità e sfide per la salute e la sanità. Tecnologie della informazione e della comunicazione, coordinato da Giovanna Vicarelli, dell’Università Politecnica delle Marche. L’indagine documentaria ha osservato il ruolo di politici, amministratori, manager pubblici, professionisti medico-sanitari, partner privati e pazienti, in modo da cogliere la generazione delle nuove idee, la loro implementazione e la diffusione delle pratiche emergenti nella sanità digitale.

In esclusiva, pubblichiamo sul nostro sito un’anticipazione sul capitolo dedicato a telemedicina e teleconsulto.


“Sempre più spesso si discute di telemedicina e di salute mobile come di strategie principali per lo sviluppo dell’intero settore sanitario. Quasi dieci anni fa, nel 2012, il Consiglio superiore di sanità ha approvato le Linee di indirizzo italiane sulla telemedicina: «La modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle tecnologie della informazione e comunicazione, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente non si trovano nella stessa località. La telemedicina comporta la trasmissione sicura d’informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. I servizi di telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/terapeutico. Tuttavia, la prestazione in telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza. La telemedicina deve altresì ottemperare a tutti i diritti e obblighi propri di qualsiasi atto sanitario».

Il Consiglio superiore di sanità, in particolare, individua due tipologie di servizi di telemedicina: la telemedicina specialistica e la telesalute.

A sua volta la telemedicina specialistica è suddivisa in:

  • televisita: è l’atto sanitario attraverso cui il medico interagisce a distanza con il paziente. Il collegamento Internet deve consentire di vedere e interagire con il paziente. La televisita può avvenire in tempo reale o differito. La diagnosi che scaturisce dalla visita può dar luogo alla prescrizione di farmaci o di cure;

  • teleconsulto: è la diagnosi o l’indicazione di una terapia in assenza della presenza fisica del paziente. Si tratta di un’attività di consulenza a distanza fra medici che permette a uno specialista o a un medico di medicina generale di chiedere un consulto a uno o più professionisti;

  • telecooperazione sanitaria: è l’assistenza fornita da un medico o da un operatore sanitario a un altro medico o operatore sanitario. È questo il caso di un dottore di una struttura ospedaliera che gestisce a distanza le operazioni di soccorso d’urgenza svolte sull’ambulanza.

La telesalute invece riguarda i sistemi e i servizi che collegano i pazienti, soprattutto quelli cronici, con i medici al fine di assisterli nella diagnosi, nella gestione, nel monitoraggio e nell’assunzione di responsabilità. La Telesalute comprende lo scambio dei dati relativi ai parametri vitali tra il paziente – da casa, dalla farmacia o presso strutture assistenziali – e una postazione di monitoraggio; si può ricorrere a questa pratica non solo per formulare una diagnosi, ma anche per supportare programmi di gestione della terapia e per migliorare la formazione del paziente. Rientrano nella categoria della telesalute i dispositivi medici indossabili, ovvero gli apparecchi omologati come strumenti medicali che possono essere utilizzati dal cittadino-paziente per misure i parametri fisico-clinici. Tali dispositivi possono essere considerati sia come dei semplici motivatori della salute, che come strumenti di supporto, che consentono l’invio automatico dei valori vitali al medico e il loro monitoraggio in tempo reale. In tal modo, in caso di necessità, l’operatore sanitario può intervenire tempestivamente.

La teleassistenza non compare nelle Linee di indirizzo italiane sulla telemedicina del Consiglio superiore di sanità, tuttavia con tale termine si intende un sistema socioassistenziale per la presa in carico della persona anziana o fragile a domicilio, tramite la gestione di allarmi che attivano servizi di emergenza e telefonate di aiuto da parte di un centro servizi. La teleassistenza ha un contenuto prevalentemente sociale e dei confini sfumati verso l’ambito sanitario con il quale deve connettersi per garantire la continuità socioassistenziale. È questo il caso, ad esempio, dell’anziano che indossa un braccialetto dotato di un tasto per inviare un segnale di allarme nell’eventualità di un malore. Il centro servizi, non appena riceve il segnale, provvede a contattare il paziente e a comunicare immediatamente l’accaduto agli operatori sanitari.

Un altro esempio di teleassistenza sono gli apparecchi domotici installati nelle abitazioni di delle persone con ridotte capacità motorie, i quali nella eventualità di una caduta inviano automaticamente avvisi di allarme a una lista di contatti prestabiliti.

La telemedicina

La parola telemedicina si presta a varie definizioni. L’Organizzazione mondiale della sanità definisce la telemedicina come «L’erogazione di cura e assistenza, in situazioni in cui la distanza è un fattore critico, attraverso tecnologie informatiche e della comunicazione, per lo scambio di informazioni utili alla diagnosi, al trattamento, alla prevenzione, alla ricerca, alla valutazione e alla formazione continua del personale sanitario». Attraverso la telemedicina sarebbe quindi possibile superare molti ostacoli nella cura e nella assistenza dei pazienti, oltre che monitorare le condizioni dei malati con patologie gravi mediante dispositivi tecnologici avanzati con le quali trasmettere a distanza le informazioni mediche tra il malato e la struttura sanitaria.

Una delle definizioni più esaustive di telemedicina è quella proposta da un gruppo di esperti della Commissione europea secondo i quali essa è «L’integrazione, monitoraggio e gestione dei pazienti, nonché l’educazione dei personale e dei pazienti, usando sistemi che consentono un pronto accesso alla consulenza di esperti e alle informazioni sul malato, indipendentemente da dove esso e le informazioni si trovino». Dunque la telemedicina non ha solo la finalità di assicurare l’assistenza medica a pazienti lontani dai centri sanitari, ma anche e soprattutto di adeguamento e aggiornamento dei sistemi sanitari nazionali (in particolare i servizi d’emergenza), di organizzazione ed educazione sanitaria, di didattica e formazione professionale. Tutto ciò si concretizza attraverso la teleassistenza domiciliare, il teleconsulto specialistico, il telemonitoraggio medicale, la telesorveglianza, il telecontrollo, il telesoccorso e il teleallarme.

Da più parti, dunque, la telemedicina è indicata come una delle chiavi per dare risposte ai fenomeni che stanno mettendo sotto pressione i sistemi della sanità: l’aumento della domanda di servizi sociosanitari dovuto all’invecchiamento della popolazione; la crescita delle cronicità; il continuo incremento dei costi delle prestazioni sanitarie; le dinamiche occupazionali dei professionisti clinici. L’uso della telemedicina faciliterebbe:

  • la fornitura di servizi individuali;

  • la tempestività delle cure attraverso la riduzione del periodo di attesa;

  • l’efficienza della consulenza specialistica evitando sprechi, compresi quelli connessi alle attrezzature, alle forniture e all’energia;

  • l’equità nell’accesso alle cure, fornendo assistenza sanitaria anche in aree periferiche.

    Ma qual è la reale diffusione della telemedicina? Le ricerche condotte finora dimostrano che la sua applicazione è molto variabile territorialmente sia all’interno di ciascun paese che tra una nazione e l’altra.

Un esempio emblematico ci viene dalla Norvegia, anche per ragioni territoriali, in questo paese del Nord Europa la telemedicina è utilizzata in modo abbastanza esteso in tutte le aree sanitarie regionali e nel 68 per cento degli ospedali, soprattutto nella forma dei teleconsulti attraverso videoconferenze.

L’Osservatorio innovazione digitale in sanità ha stimato che, nel 2017, le strutture sanitarie italiane hanno investito circa 24 milioni di euro nella telemedicina, eppure solo il 38 per cento dei direttori delle Aziende sanitarie la reputa uno strumento molto rilevante. Si osserva una sostanziale stabilità nel livello di diffusione dei servizi di telemedicina. Il servizio più diffuso è il teleconsulto tra strutture ospedaliere e dipartimenti; non sono invece ancora molto frequenti i servizi di telesalute e teleassistenza che sono adottati soprattutto da progetti pilota. La percentuale di medici specialisti e di medici di famiglia che si serve del teleconsulto è limitata. Il teleconsulto è il servizio di telemedicina maggiormente impiegato, rispettivamente dall’11 per cento dei primi, e dal 4 per cento dei secondi. Fanno fatica a diffondersi i servizi che coinvolgono il paziente, come quelli della telesalute e della teleassistenza. Nonostante questa situazione il livello di interesse dei medici nei confronti della telemedicina è superiore al 50 per cento.

Va anche sottolineato che i dispositivi utilizzati per la telemedicina (telefono, e-mail e schermi video), i contenuti verbali e le relazioni dirette e indirette con il personale sanitario – la presenza o l’assenza di un professionista capace di entrare in relazione con il paziente – incidono notevolmente sull’utilizzo e sulla efficacia di tale metodologia di intervento clinico. Le differenze nelle pratiche di telemedicina non permettono di sostenere con certezza e in modo generalizzato gli effetti negativi o positivi di tale tecnologia medica sulle relazioni terapeutiche. Considerando dunque una così limitata e sporadica applicazione della telemedicina illustriamo nelle pagine che seguono alcuni esempi in Italia.

L’impatto della telemedicina nella riconfigurazione delle pratiche di lavoro implica un nuovo modo di lavorare, il quale a sua volta innesca una serie di cambiamenti nei meccanismi di coordinamento, nei processi di lavoro e nelle relazioni di potere. I dispositivi tecnologici sono progettati a partire da modelli standard di uso e dell’utente finale, nonché ipotizzando quali competenze siano richieste agli utilizzatori.

In realtà, i modelli d’uso, inscritti dal progettista nel dispositivo tecnologico, prendono vita solo nel contesto dell’attività quotidiana degli utenti: quando cioè una volta messo in funzione lo strumento digitale, esso interagisce in modi complessi e si inserisce all’interno di pratiche di lavoro già esistenti. Il risultato è l’avvio di un processo di negoziazione tra l’innovazione e l’attività lavorativa, il cui risultato è, da un lato, il reale uso del dispositivo e, dall’altro, il prodursi del cambiamento nella pratica del lavoro. Questo adattamento è necessario per favorire l’implementazione della tecnologia e il suo sviluppo, se così non fosse il dispositivo verrebbe rifiutato e anche le sue potenzialità.

Teleconsulto

Passiamo ora ad esaminare in che misura il teleconsulto, in altri termini l’effettuazione della diagnosi su un paziente che non è fisicamente nello stesso luogo del medico, attraverso la trasmissione a distanza dei dati prodotti dagli strumenti diagnostici. Specialmente quando è esercitato in un contesto multidisciplinare il teleconsulto modifica le pratiche mediche.

Quali ed eventuali adattamenti il teleconsulto richiede ai professionisti della sanità? Fondamentalmente esso comporta una delega di compiti: un gran numero di gesti clinici e tecnici viene delegato al team di assistenza sanitaria presente nel luogo in cui si trova il paziente. Queste nuove forme di delega si fondano soprattutto sulla fiducia nelle capacità del professionista (delegato), in un contesto in cui la delega può avvenire tra professionisti a diversi livelli della gerarchia medica o paramedica. Al medico delegante, il teleconsulto comporta lo sforzo aggiuntivo di tradurre nel linguaggio verbale conoscenze e attività spesso tacite nella sua attività quotidiana. Va considerato anche non tutti gli specialisti sono pronti a delegare alcune delle loro azioni cliniche e, per contro, il medico delegato deve agire con umiltà nei confronti dello specialista poiché il suo spazio di manovra è ristretto.

Se quindi la delega è teoricamente possibile, tuttavia lo specialista deve accettare il principio di affidare ad altri colleghi alcune azioni che sono al centro della sua identità professionale e che gli permettono di formulare un giudizio sulla condizione del paziente. È evidente che la cultura professionale potrebbe rappresentare un fattore di resistenza al teleconsulto, perché la ritualità delle pratiche rassicuranti per il medico rischia di entrare in collisione con i compiti che sono oggetto della delega.

La ricalibratura del welfare

L’interesse, che va proponendosi da alcuni anni, per l’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’ambito della salute e della sanità deve essere considerato come una opportunità da cogliere per riconfigurare il sistema di welfare italiano in una fase, come quella attuale, in cui molte sono le spinte alla sua riduzione e delegittimazione.(…).
Ciò che si può concretamente fare è tentare di sostenere la regolazione, l’implementazione e la finalizzazione delle tecnologie nell’ottica di una ricalibratura del Sistema sanitario nazionale che non ne metta in discussione i valori e gli obiettivi di fondo.(…)
In Italia, tale processo è stato avviato in modo lento e non completamente governato, così che oggi sono molti gli aspetti del Sistema sanitario nazionale che attendono ancora di essere ridefiniti e attuati in tale ottica.(…)
Tanto più i processi di invecchiamento e di maggiore cronicità chiedono servizi sanitari e sociosanitari, tanto più il peso delle politiche dovrebbe tendere a prevenirli. L’aspettativa di vita in buona salute e libera da disabilità continua drammaticamente a ridursi nel confronto con altri paesi europei, lasciando emergere l’inderogabile necessità di costruire al più presto servizi in tale direzione, gestiti in ambito territoriale e domiciliare, con una forte inclusione delle reti familiari, comunitarie e di prossimità.

In questa prospettiva le tecnologie della informazione e comunicazione possono dare un contributo decisivo contribuendo, se regolate e governate, sia all’incremento delle attività di prevenzione, attraverso l’uso del self-tracking (disciplina della cura di sé, basata sul monitoraggio delle attività quotidiane, in particolare quelle sportive e alimentari e sulla quantificazione di ogni singola azione attraverso i più avanzati dispositivi tecnologici, al fine di restaurare, mantenere o incrementare la qualità del proprio benessere vitale, ndr.), di Internet e dei social media, sia alla riabilitazione e alle cure territoriali/domiciliari: si considerino in tal senso tutte le opportunità derivanti dalla telemedicina, così come dall’uso della domotica e della robotica.(…)

L’applicazione delle tecnologie dell’informazione e comunicazione nel campo della salute e della sanità mette in luce la capacità dello Stato, in quanto principale produttore di politiche e di servizi, di creare e sostenere l’innovazione. Questo ruolo è spesso misconosciuto o negato, come se l’innovazione non potesse e non dovesse interessare un settore come quello sanitario, percepito poco propenso al rischio e strutturalmente contrario al cambiamento a causa di alcune persistenti limitazioni: la mancanza di incentivi di mercato, la scarsezza di risorse, la prevalenza di una cultura burocratica e infine l’invadenza della politica. In realtà, nonostante l’effettivo peso di queste difficoltà, lo Stato in alcuni paesi ha dimostrato di saper svolgere un ruolo prezioso come motore di processi di trasformazione, orientando la ricerca di base in direzioni virtuose e sostenendo lo sviluppo di ecosistemi favorevoli all’innovazione.