Nel bene confiscato intitolato alla memoria dell’imprenditore Alberto Varone, si tiene in questi giorni Revolutionary Camp, un campeggio organizzato da Unione degli universitari e Rete degli studenti medi. “Al di là dei sogni”, la cooperativa che gestisce il bene, si occupa del reinserimento di persone con situazioni di disagio. La sfida è promuovere una filiera produttiva ed etica basato su attività sociali. In questo contesto, ieri il segretario dello Spi Pedretti ha presentato con i curatori “Ruvide”, diario multimediale di lotte e lavoro
Un campeggio di studenti medi e universitari in un bene confiscato alla mafia intitolato alla memoria di Alberto Varone, imprenditore locale, ucciso il 24 luglio 1991 perché non aveva mai accettato di sottostare alle richieste dei camorristi di cedere le sue attività e di pagare tangenti al gruppo criminale del clan Muzzoni. Si chiama Revolution camp e si tiene in questi giorni a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta.
Organizzato dall’Unione degli universitari e dalla Rete degli studenti medi, Revolution Camp è giunto alla sua decima edizione. Quest’anno si tiene all’interno del bene gestito dalla cooperativa Al di là dei sogni, dove soggetti appartenenti a “fasce deboli” possono trovare la dignità di nuovi percorsi di vita; sono persone provenienti da situazioni di disagio (salute mentale, ex dipendenze, ospedali psichiatrici giudiziari, area-riabilitazione) che, attraverso i cosiddetti progetti terapeutici riabilitativi individualizzati, in cogestione con le Asl, vengono inseriti in un graduale ma costante percorso di autonomia.
Un filiera etica
La sfida è promuovere, attraverso questo inserimento, una filiera produttiva ed etica che parte dalle attività sociali e da quei luoghi che una volta erano simboli di violenza e di sopraffazione e che oggi, invece, sono rinati a nuova vita grazie alla collaborazione con le istituzioni e con tutte le realtà sociali del territorio.
Mentre l’attuale governo volta la faccia da queste realtà tagliando 300 milioni di euro di risorse destinate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza allo sviluppo di tante simili esperienze, giovani da ogni parte d’Italia hanno invece voluto piantare le tende in uno dei tanti simboli di legalità e giustizia che nel nostro paese ci ricordano quanto le mafie siano presenti in ogni regione ma anche come lo Stato può e deve riappropriarsi di quelle ricchezze che le organizzazioni criminali accumulano nell’universo delle attività economiche e non solo in modo spregiudicato, intimidatorio, violento e pervasivo, fino a restituirle alle comunità di cittadini, alla società civile sotto forma di servizi, di luoghi in cui si crea lavoro legale, in cui si parte dal rispetto dei diritti dei lavoratori, delle persone e dell’ambiente. Qui più che altrove si può sentire quello che il giudice Paolo Borsellino chiamava «il fresco profumo della libertà» dalla cultura mafiosa.
A testimoniarlo sono i tanti appuntamenti che questa settimana caratterizzano Revolution Camp. Ieri, sotto l’enorme tettoia di legno gremita di giovani si è parlato di lavoro, in particolare di Ruvide. Storie di lotte e lavoro, progetto multimediale dell’archivio audiovisivo dello Spi Cgil voluto per mantenere viva la memoria delle battaglie del movimento operaio per i diritti sociali e del lavoro e realizzato dal Centro di giornalismo permanente, collettivo di giovani giornalisti precari, nato nel 2018 come modello alternativo di fare giornalismo, inchieste e reportage. Presentato al XXI congresso nazionale del sindacato dei pensionati della Cgil, l’archivio è accessibile grazie al canale YouTube intitolato Ruvide.
La presentazione di “Ruvide” con Pedretti
Su palco hanno dialogato con il pubblico il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti, Massimo Mastrandrea e Maurizio Franco, curatori del progetto.
Ruvide è un progetto ambizioso che ricostruisce un pezzo di storia italiana che va dal secondo dopoguerra ai primi anni Ottanta attraverso racconti e testimonianze di esponenti storici della politica e del sindacato, ma anche donne e uomini comuni che hanno vissuto quegli anni in prima linea e hanno lottato per garantire migliori condizioni di lavoro, salari più alti, dignità, rispetto.
Temi più che mai attuali, fortemente sentiti dalle giovani generazioni. Lo dimostrano le tante domande rivolte al segretario generale dello Spi Cgil dai giovani presenti nel corso di un incontro che sarebbe dovuto durare un’ora e che invece si è protratto per più di due ore e mezzo.
“Il sindacato e in generale la sinistra italiana– ha affermato Pedretti – hanno l’obbligo di aiutare le nuove generazioni a crearsi un mondo e un futuro migliore. Senza paternalismi né la volontà di imporre un pensiero o una visione”. Attraverso Ruvide, ha poi proseguito Pedretti, lo Spi comunica e si confronta con le giovani generazioni attraverso la trasmissione della della memoria e della storia come strumenti per legger meglio le criticità presenti oggi e per cambiare una realtà che attualmente racconta di milioni di lavoratrici e lavoratori costretti a prestare la loro opera per meno di cinque euro l’ora.
Il lavoro di ieri e di oggi
In decine di ore di interviste a tanti protagonisti, Ruvide racconta in video vite di lavoro, duro, alla catena di montaggio, nei campi, nei cantieri, fatto di sudore e fatica certamente, ma anche di orgoglio, aspirazioni, conquiste, vittorie e sconfitte, tutto nella speranza di costruire un mondo migliore, con meno disuguaglianze e più diritti. Un flusso continuo di racconti: gli scioperi, le manifestazioni, le occupazioni delle fabbriche, la militanza nella Cgil, la possibilità di trovare un senso e un significato alla propria identità operaia.
iniziato nel novembre 2021, l’obiettivo del lavoro realizzato da collettivo di giovani giornalisti, ha ricordato Massimo Mastrandrea, era di parlare della Storia, con la S maiuscola, attraverso le storie private individuali di persone che mettevano a disposizione il loro impegno per l’interesse generale. Raccontare le proprie storie nel corso delle interviste, ha voluto sottolineare infine Maurizio Franco, ha significato per le persone che abbiamo incontrato, rivivere le gioie e le frustrazioni di una generazione che attraverso la partecipazione metteva in pratica i valori in cui credeva. Vale per il passato tanto quanto per il presente e il futuro.