Strage di Bologna, la verità depistata

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Articolo tratto da Liberetà, luglio-agosto

A quarant’anni dalla strage. Il neo- fascista Gilberto Cavallini condannato in primo grado come quarto esecutore materiale; un quinto, Paolo Bellini, rinviato a giudizio insieme a mandanti, finanziatori e organizzatori ancora in vita, visto che Licio Gelli, Umberto Ortolani e il prefetto Federico Umberto D’Amato sono ormai usciti di scena. Si è aperto così il 2020, che segna il quarantennale della strage alla stazione di Bologna (85 morti, 200 feriti).

Paolo Bolognesi, storico presidente dell’associazione familiari delle vittime ed ex deputato, racconta: “Ancora non sappiamo come sarà il 2 agosto di quest’anno, se riusciremo a fare una manifestazione di popolo come tutti gli anni precedenti o se dovremo renderla più simbolica a causa del distanziamento imposto dal Covid-19. Ma per noi sarà importante perché abbiamo delle speranze in più addirittura di individuare i mandanti. E chissà che una volta definiti questi non si possa arrivare agli ispiratori politici della strage”.

Un impegno costante. In questi quarant’anni l’impegno per trovare la verità sulla strage non si è mai interrotto: “Dal 2010 abbiamo iniziato a presentare memorie alla procura di Bologna per cercare di riaprire il processo Cavallini e per dare nuovo impulso alla ricerca dei mandanti.

Tutti questi nuovi documenti provengono dalla digitalizzazione degli atti di vari processi: strage di Brescia, piazza Fontana, crac del Banco ambrosiano, oltre a tutte le carte dei processi per la strage di Bologna. I documenti portano nuovi elementi per andare oltre le sentenze del 1995 (Francesca Mambro e Giusva Fioravanti) e del 2007 (Luigi Ciavardini).

La procura di Bologna ha accettato la riapertura del processo contro Cavallini. A sua volta, la procura generale ha avocato l’indagine e nei due anni trascorsi è stato possibile non solo stabilire un percorso investigativo, ma aggiungere altri elementi tratti da fascicoli già esistenti”.

L’uomo nero del binario 1. Un esempio è il filmato girato da un turista tedesco dieci minuti prima della strage: “Il video era in possesso della procura dal 1984, ma soltanto con le tecnologie attuali è stato possibile recuperare un fotogramma che rivela la presenza sul binario 1 di un uomo molto somigliante a Paolo Bellini solo dodici minuti prima dell’esplosione”.

Soprannominato “Primula nera”, Bellini è una figura centrale per risalire ai mandanti, in quanto legato ai neofascisti di Avanguardia nazionale e ai servizi segreti, oltre che reo confesso del- l’assassinio del giovane militante di sinistra, Alceste Campanile.

“È la prova – aggiunge Bolognesi – della presenza sul luogo dell’attentato di una persona legata all’eversione di destra e con contatti ad alto livello con i servizi segreti. C’è però molto di più. Il capocentro del Sisde a Padova, l’ex generale dei carabinieri Quintino Spella, nel marzo 2019 è stato indagato per depistaggio. Vuol dire che a quarant’anni dalla strage ci sono ancora ragioni indicibili per cui non vengono rivelati i centri di potere che permisero la strage di Bologna”.

E il fronte politico? Nell’aprile 2014 il governo Renzi decretò che tutti i documenti relativi alle stragi venissero depositati all’Archivio di Stato e quindi resi pubblici. “Abbiamo accolto con molto favore il provvedimento – dice ancora Bolognesi -, anche perché pre- vedeva che fossero depositati i documenti di tutti gli uffici, compresi servizi segreti e ministeri.

Ma alla fine ci siamo trovati di fronte a un ulteriore depistaggio: gli atti sono stati catalogati per eventi e alla richiesta di documenti relativi alle singole persone coinvolte è stato opposto il rifiuto. È stato un prefetto a darci una risposta chiara: dopo il decreto, un comitato ad hoc (ovviamente senza la presenza delle associazioni dei familiari delle vittime) ha deciso che cosa rendere pubblico e cosa no.

Il mio parere sulla direttiva Renzi – conclude Bolognesi – è che se vogliamo essere molto buoni si è rivelata un’ occasione mancata, se vogliamo essere chiari è stato fumo negli occhi per far perdere tempo alle richieste di indagini dei familiari delle vittime. Considerato che oggi il tempo ha un’ importanza eccezionale si tratta allora di un’ ulteriore operazione di depistaggio”.

LA MEMORIA DELLE STRAGI.
Grazie all’Auser che ha digitalizzato i documenti giudiziari di fatti terroristici accaduti a Bologna
1.018 faldoni, oltre 86 scatole, per un totale di 190 metri lineari e più di un milione di immagini: sono i numeri dei documenti giudiziari digitalizzati dai volontari dell’Auser di Bologna che hanno realizzato il progetto volto alla conservazione della memoria dei gravi fatti di terrorismo e di eversione che nel corso degli anni hanno segnato la città, dall’attentato al treno Italicus alla strage alla stazione del 2 agosto 1980.

La riproduzione integrale su supporto digitale è stata necessaria per preservare gli originali, consentire una più agevole consultazione dei documenti e poterli raffrontare con quelli di altri processi. Masse documentali enormi nelle quali è stato necessario orientarsi con una specifica indicizzazione realizzata grazie alla collaborazione tra il tribunale di Bologna e l’Archivio di Stato.