venerdì 19 Aprile 2024
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Rimbocchiamoci le maniche. Il futuro raccontato da nonni e nipoti #4

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Rimbocchiamoci le maniche. Il futuro raccontato da nonni e nipoti #4

Nonni e nipoti a confronto sul futuro. Come sarà il nostro domani? In che modo la pandemia ha cambiato orizzonti, aspettative e speranze? Lo abbiamo chiesto a tanti nonni e nipoti che per più di due mesi non si sono potuti vedere ma sono rimasti in contatto con il telefono e le videochiamate. Ora eccoli riuniti virtualmente in un confronto tra generazioni sul futuro che ci attende. Una doppia testimonianza per ogni puntata.


“Se ci ragiono su, effettivamente la situazione in cui viviamo è di ansia costante. Non posso uscire dalla regione in cui vivo, non posso andare a trovare mia nonna in Liguria”. Mirta ha 12 anni e vive a Milano. Ha vissuto, e continua a vivere, una situazione difficile. Il ritorno alla normalità sembra lontano. “Ora è tutto immobile. Mi risulta complicato pensare al futuro. E per me è strano: prima che scoppiasse la pandemia pensavo di laurearmi in ingegneria biomedica e trasferirmi all’estero. Ora mi sembra più difficile, ma continuo a pensare di poter realizzare il mio sogno”.

Realista ma ottimista. A 12 anni ha già le idee chiare come se ne avesse 20. Eppure le nostalgie e le mancanze sono quelle di chi si avvia verso l’adolescenza: “Faccio la prima media e i miei compagni li ho conosciuti solo per sei mesi. È come se avessi messo gli amici in pausa. Mi mancano”.

E nonostante anche il futuro per Mirta sia messo un po’ in pausa, di idee per il domani ne ha molte, come l’energia di chi si affaccia alla vita, con la voglia di costruire un futuro migliore: “Credo che tutti dovrebbero pensare a fare più ricerca. Siamo stati colti impreparati dall’emergenza. Va bene che non potevamo sapere come andavano le cose, però vorrei che da questo punto di vista si possa migliorare, penso soprattutto ai paesi in cui gli ospedali non ci sono”. Il suo futuro da ingegnere biomedico sembra già disegnato, come su una lavagna appena pulita, con tratti di gessetto netti e luminosi.

Sua nonna Kitti del resto è della stessa tempra: tante speranze, energia e voglia di fare. Vive da sola, in Liguria, ad Albenga, in provincia di Savona. 74 anni, ex insegnante di scuola media. Iscritta al sindacato dei pensionati della Cgil. Kitti dice che con il coronavirus si è sentita improvvisamente vecchia, come se fosse sopraggiunta una consapevolezza nuova che prima non aveva. “Ma non mi sono rassegnata, mi sono sforzata di rimanere attiva anche se dovevamo restare in casa. E mi sono imposta di uscire tutti i giorni per andare a comprare il giornale e fare il giro del palazzo. Sapevo che quella passeggiata di dieci minuti era vitale per me”.

Prima dell’emergeza Kitti non si percepiva anziana: “Ho sempre progettato viaggi e ne ho fatti molti anche con mia nipote, in giro per l’Italia”. Il coronavirus non ha stravolto però la sua visione del futuro né cambiato più di tanto il suo modo di vivere e di pensare: “Combatterò in tutti i modi perché questa cosa non mi cambi troppo la vita. Certo, mi adatterò alla situazione, come mi sono già adattata, per difendermi e per difendere gli altri, ma non voglio che in futuro cambi tutto. Appena potrò, ricomincerò a viaggiare. Non posso pensare improvvisamente di essere bloccata da una cosa così. I rischi ci sono nella vita. Ma bisogna imparare a conviverci. Non andrò certo a mettermi in mezzo a un gruppo di persone, sarò prudente ma non voglio stravolgere gli ultimi anni della mia vita”.

Kitti è determinata, decisa, un carattere forte il suo. Lo sapeva bene la sua mamma, che anziché chiamarla Luchina, decise di accorciare il nome: Kitti. “Mia madre diceva che tempo che finiva di dire ‘Luchina’ io avrei avuto tutto il tempo di scappare”. Sì, perché Kitti era un peperino già da piccola. “Come diceva Massimo Troisi in Ricomincio da tre ‘se chiami tuo figlio Massimiliano, tempo che hai pronunciato il nome, è già andato via’”, dice ridendo. “Kitti invece era breve e perentorio”.

All’inizio Luchina ha avuto tante paure: “poi però ho sentito dire una cosa molto interessante da uno psicologo, in televisione. Diceva che non bisogna lottare con l’ansia ma accettarla e farsi attraversare. E così ho fatto anche io”. I primi giorni della pandemia si misurava la febbre quotidianamente, era il suo modo per tenere a bada l’ansia. Poi ha smesso.

Che Kitti abbia una visione costruttiva del futuro lo si capisce anche da come parla di sua nipote e di ciò che ognuno di noi dovrebbe fare secondo lei per dare il suo piccolo contributo all’economia del nostro paese. “Voglio vedere crescere mia nipote, voglio vederla diventare donna. E penso che nell’immediato futuro dobbiamo dare tutti una mano. Se posso andarmi a comprare una pizza, devo andarci, devo dare il mio contributo. Dobbiamo tutti sforzarci di sostenere le piccole attività, più della grande distribuzione”.

Mirta e Kitti, tenute insieme dal realismo e dallo spirito pratico. Perché del resto il futuro non è altro che un presente dietro l’altro, da affrontare passo passo rimboccandosi le maniche.