Le radici del futuro. Dall'Ansaldo alle officine creative di Base

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Negli storici locali dell’ex Ansaldo di via Bergognone, il futuro sembra davvero avere incontrato la memoria. E una testimonianza di questo incontro l’hanno portata alla festa di LiberEtà, ospite dei locali per il convegno sulle periferie, due donne: Teresa, pensionata ed ex dipendente Ansaldo, e Valentina, classe 1981, che oggi lì svolge un lavoro del tutto differente. Due donne, due generazioni, due approcci al lavoro che rappresentano in maniera emblematica come il lavoro sia cambiato e la società con esso.

 

La chiusura di una fabbrica non è mai indolore. Sia perché finisce il lavoro che vi si svolgeva sia perché si perde un pezzo di cultura e di identità di una comunità. E spesso quelle aree dismesse diventano preda della speculazione oppure vengono abbandonate a se stesse e al degrado. Esistono però anche delle eccezioni, come nel caso dell’ex stabilimento Ansaldo di Milano, che dal 2014, grazie a un progetto di riconversione mirato e condiviso, è diventato sede del Museo delle culture (Mudec) e di Base Milano, un luogo di produzione di attività culturali e di servizi, che mette a disposizione della città spazi di coworking, laboratori, spettacoli, esposizioni, e dove quindi alla produzione materiale si è sostituita la produzione immateriale tipica dell’era post-industriale.
Negli storici locali di via Bergognone il futuro sembra davvero avere incontrato la memoria. E una testimonianza di questo incontro l’hanno portata alla festa di LiberEtà, ospite dei locali per il convegno sulle periferie, due donne: Teresa, pensionata ed ex dipendente Ansaldo, e Valentina, classe 1981, che oggi lì svolge un lavoro del tutto differente. Due donne, due generazioni, due approcci al lavoro che rappresentano in maniera emblematica come il lavoro sia cambiato e la società con esso. In un passaggio di consegne neanche troppo simbolico.
“Quando arrivai in questa fabbrica, nel 1981, ci lavoravano 1200 operai. Pensate cosa voleva dire per una ragazza di 21 anni che veniva da un paese di 500 anime” ha detto Teresa emozionata. “Sono arrivata il 15 luglio e non sapevo dove andare. Peraltro quel giorno c’era anche uno sciopero: l’unico al quale non ho partecipato in tutta la mia vita di lavoro! Qui si faceva tutto quello che riguardava il termoelettromeccanico della Ansaldo, si realizzavano i quadri di comando e i motori dei locomotori e delle navi, si lavorava per le centrali Enel”.
Il presente di questi spazi è ben diverso. “È vero – ha detto Valentina – oggi la produzione è una produzione immateriale, fatta di servizi, eventi, concerti, consulenza, progettazione, innovazione sociale, ma noi sentiamo molto forte il legame con il passato e con la storia di questo luogo, che a suo tempo si decise proprio di destinare alla cultura. Base Milano – ha aggiunto Valentina – è anche uno spazio di confronto tra generazioni e vogliamo valorizzare la memoria e la condivisione delle esperienze e delle conoscenze formative. E tramite questo confronto possiamo trovare insieme le risposte adeguate alle domande che arrivano da un mondo che cambia”.
In fondo il lavoro ha sempre subìto trasformazioni, al passo con le innovazioni tecnologiche e organizzative. “Qui, negli anni Ottanta, – ha raccontato Teresa – facemmo 163 ore di sciopero per ottenere l’inquadramento unico dei metalmeccanici, per venire incontro alle esigenze dei nuovi lavoratori che entravano in fabbrica con una formazione differente dalla nostra. Bisognava adeguare la condizione dei lavoratori alla nuova realtà del lavoro che si trasformava. Purtroppo alla fine l’Ansaldo venne chiusa, ma la nostra ultima battaglia fu quella relativa alla sua destinazione. Chiedemmo infatti con forza che questi spazi non fossero destinati alla speculazione, ma fossero destinati ad attività culturali e sociali. Quindi lasciatemi dire che se Valentina e i tanti giovani che oggi hanno trovato qui la loro attività lo devono anche a noi e alle nostre lotte”.