Racconti d’estate. 1977, L’anno terribile

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Augusto Venanzetti è l’autore di questo brano tratto dal racconto 1977, con cui ha partecipato alla prima edizione del premio Guido Rossa.

(…) Nel 1977 tirava una brutta aria. Il traballante governo Andreotti III si reggeva grazie all’astensione del Pci, l’inflazione era al 12%, gli scandali per tangenti toccavano alti esponenti della Dc, ministri e persino il presidente della Repubblica; le Brigate Rosse (…) erano più che mai attive con attentati e atti terroristici. La scena quotidiana era catturata dalle violenze dei gruppi estremisti. In una fase cruciale del paese, quando sarebbe stata opportuna una spinta verso l’aggregazione, a sinistra tanto per cambiare si litigava e fioriva la partenogenesi.

(…) Ricordo terribili sabati di guerra nel centro storico di Roma. Il fumo dei lacrimogeni che creava una nebbia fitta, i cassonetti usati come barriere, le auto rovesciate. La pacifica pittoresca Trastevere ne venne travolta. È uno di quei sabati, l’ennesimo; gli scontri si stanno svolgendo sul Lungotevere, tra Ponte Sisto e Ponte Garibaldi poi su Viale Trastevere. (…) Un pulmino della polizia è in sosta proprio all’angolo tra Via Benedetta e Vicolo Moroni. Sta lì da tre ore. (…) Dentro ci sono una dozzina di celerini in pieno assetto antisommossa.

Proprio dirimpetto alla finestra della mia casa c’è il Teatro In Trastevere e ospita spettacoli del circuito alternativo. (…) Dall’ingresso del teatro spunta la cassiera; è una ragazza, si appoggia allo stipite e si accende una sigaretta. La conosco e la saluto attraverso il vetro della finestra della casa in cui vivo.

Poi di colpo, avviene l’impensabile.

I celerini escono di botto dal pulmino e irrompono nel vicolo. Anche se hanno i caschi si vede che sono giovani e hanno facce spaurite, stravolte. (…) Vedono la ragazza all’ingresso del teatro e si avventano su di lei. La colpiscono con i manganelli almeno in sei o sette. (…) Apro la finestra e mi metto a urlare, dico loro di lasciarla stare, non ha fatto nulla… Continuano a picchiare (…), ma ecco che compare un agente in borghese, è un superiore, realizza che sta succedendo un atto di follia collettiva, si lancia sul gruppo e urla a sua volta: «Ma che cazzo state a fa’, tornate sul pulmino, daje!!!». Li recupera e strappa via anche quello che mi sta minacciando col suo fucile. (…) Il mezzo, rombando, sparisce. Tutto sarà durato una quindicina di secondi.

Corro in strada. La ragazza è riversa in terra, perde sangue dal naso, da un orecchio, ha il viso tumefatto, ha preso colpi terribili in tutto il corpo, ma è cosciente. Dall’interno del teatro arrivano due persone, uno di questi è il gestore. Insieme la adagiamo nell’atrio. Siamo stravolti, spaventati, e ci chiudiamo dentro. (…)

Pur nella concitazione ragioniamo. È ovvio che si è trattato di un momento di follia, (…) Questi celerini sono giovani e sicuramente male addestrati; (…) dovevano per primi avere una paura della madonna. Una volta fuori hanno reagito da matti. Ma questo non giustifica quello che è successo, e tanto meno giustifica il responsabile, a cui per qualche ragione la situazione è sfuggita di mano.

Ci diciamo che è il caso di sporgere immediatamente denuncia di aggressione, e do subito la mia disponibilità a testimoniare l’accaduto.

Il gestore ci mette un po’ a mettersi in contatto telefonico con il vicino commissariato. (…) Chi risponde dice che (…) per la denuncia formale bisogna recarsi al Commissariato. Aggiunge però che pochi minuti prima è arrivata un’analoga segnalazione da parte di un reparto di polizia, con la quale si denunciano atti violenti e resistenza a pubblico ufficiale da parte di personale proprio del teatro In Trastevere. Pende pertanto un’incriminazione nei confronti dei gestori del teatro!Trasecoliamo. Non sembra possibile una cosa del genere. (…)

Passano quasi due anni dal fatto. Mi arriva una convocazione da parte della Procura di Roma, in qualità di testimone per fatti avvenuti nel giorno tale, nel luogo tale. Vado nella sede di Piazzale Clodio e sono impaziente di raccontare quella scena terribile a cui ho assistito, ma soprattutto di ribaltare quello che alla fine si è configurato come un vero e proprio sopruso da parte delle forze dell’ordine e dell’apparato di protezione che le regola.

Il Giudice mi fa accomodare e mi chiede perentorio i miei dati, che confronta con il documento di identità. Poi mi chiede se il giorno tale ero a Roma nell’appartamento sito in Vicolo Moroni XY. Rispondo di sì. A quale piano si trova l’appartamento. Rispondo che è al primo. Da che ora a che ora mi sono trattenuto all’interno dell’appartamento. (…)

Rispondo che ero lì dalle tre del pomeriggio.

Appunta tutto poi mi dice «Bene, può andare». Come sarebbe “Bene può andare”? Tutto qui? Non mi chiede cosa ho visto? Alza lo sguardo, mi fissa dritto negli occhi e scandisce «Bene – può – andare!». Esco da quella stanza come un pugile suonato che non ha neanche capito se il match è finito o no. (…) Frustrazione e rabbia sono arrivate dopo.

Non so come è andata a finire. Nessuno mi ha più convocato. (…) Il 1977 ci sembrava essere stato un anno terribile e non vedevamo l’ora di mettercelo alle spalle. Invece il peggio doveva ancora arrivare.