Puglia, anziani abbandonati nelle rsa

0
1796

“Aiutateci, non sappiamo più come fare, venitevi a riprendere i vostri cari, riportateli nelle vostre case”. L’appello arriva dal presidente regionale di Assoap, l’associazione delle strutture socio assistenziali pugliesi, Fabio Margiglio. E dimostra come la situazione delle case di riposo sia esplosiva e fuori controllo anche in una regione come la Puglia dove il numero di contagi da Covid-19 è stato più contenuto che altrove. “È inaudito che gli anziani vengano trattati come oggetti e che ci si ritragga dalle proprie responsabilità chiedendo ai familiari di prendersi cura dei malati. Non si può dire ‘riprendeteveli’!, dice Antonella Cazzato, segretaria del sindacato pensionati Cgil della Puglia che segue da vicino le questioni socio-sanitarie. “Ma è un appello che ci racconta della situazione emergenziale che stanno vivendo le rsa sul nostro territorio. La pandemia sta semplicemente facendo venire a galla le lacune, le criticità, i problemi che ci sono da anni e che noi come sindacato chiediamo da anni che vengano risolti”.

Che la situazione sia preoccupante lo dicono anche i numeri. Un centinaio di decessi nelle rsa di anziani, dovuti al coronavirus. Ma poi ci sono tutti gli altri che la situazione di incertezza non consente di ricondurre direttamente al Covid-19. Ma che gli anziani delle rsa in Puglia, come in altre regioni, siano stati totalmente abbandonati è ormai sotto gli occhi di tutti. Le procure cominciano a indagare. È di ieri la notizia di un nuovo decesso nella casa di risposo La Fontanella di Soleto, in provincia di Lecce, finita già sotto la lente degli inquirenti.

In Puglia le situazioni critiche sono tante. Tantissime le persone in stato di completo abbandono, con il silenzio della Regione che, sebbene abbia disposto la chiusura immediata di tutte le rsa il 10 marzo, secondo il sindacato non ha saputo gestire la situazione. “Di fatto”, dice Cazzato, “l’emergenza è stata sottovalutata e non è stato fatto nulla per controllare e contenere il contagio”. I pazienti sono stati chiusi dentro le strutture ma non ci si è preoccupati delle loro condizioni di salute, dei primi contagi, non è stata attuata una strategia unica a livello regionale. “E anche le Asl hanno agito in autonomia, con interventi sporadici e non sempre efficaci, con gravi difformità tra un territorio e l’altro”, prosegue Cazzato. “Le responsabilità dei gestori delle strutture sono enormi”.

Ma poi c’è anche la difficoltà di dialogare con la Regione. “Certo, di videoconferenze ne facciamo, interloquiamo con la Regione, ma sempre a decisioni prese. I sindacati non vengono coinvolti nella pianificazione delle cose da fare e nelle scelte da adottare”, denuncia la segretaria dello Spi Cgil. “Per questo possiamo dire che siamo di fronte a una vergognosa sottovalutazione del pericolo. Non si è voluto capire che le rsa erano strutture di contagio, si è ritenuto, al contrario, che fossero strutture protette e non si è fatto nulla per isolare i primi malati”.

Le condizioni di trascuratezza in cui le strutture e i pazienti sono state lasciate hanno determinato la morte di tante persone anziane, abbandonate a loro stesse. Vite che se ne vanno, drammi familiari, dolori. E cosa ci riserva il futuro? Secondo lo Spi Cgil, che con la Cgil tutta e anche con gli altri sindacati dei pensionati Fnp-Cisl e Uilp-Uil si stanno mobilitando dall’inizio dell’emergenza, la situazione non sarà semplice da gestire quando avverrà la riapertura. “Che garanzie diamo alle famiglie che devono ricoverare un parente in rsa? O come possiamo fare affinché possano curarlo a casa? I problemi legati alla non autosufficienza da affrontare sono enormi. E la pandemia li sta solo facendo affiorare con più forza”. Già, che le rsa siano sempre state al di là di qualunque controllo i sindacati lo denunciano da sempre. “ È stato sempre difficile per noi avere accesso in queste strutture e controllare cosa avvenisse dentro”.

Per non parlare di tutte le altre strutture non accreditate che operano in un regime di autorizzazione provvisoria ma che sono case di riposo a tutti gli effetti.

Lo Spi Cgil ha inviato tante lettere alla Regione, dall’inizio dell’emergenza. E continua a farlo, giorno dopo giorno, denunciando la gravità della situazione e la necessità di operare in modo coordinato. “Con la Cgil e la Funzione Pubblica abbiamo chiesto sin da subito di attivare un unico tavolo sulle questioni sociosanitarie per adottare delle linee guida che rendessero omogenei gli interventi sui territori”. Ma i sindacati ancora attendono.