La ricerca verrà presentata a Bra (Cuneo) all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche il 4 aprile durante un convegno nazionale che vedrà la partecipazione di grandi esperti di cibo e alimentazione.
Dalla ricerca emerge come la buona alimentazione degli anziani appaia sì legata alle specificità delle culture alimentari locali e regionali e alle esigenze specifiche dell’età anziana, ma si evidenziano anche fattori oggettivi che portano le persone anziane a limitare e comprimere (sia quantitativamente sia qualitativamente) le proprie scelte alimentari. Anzitutto, si tratta di una questione di reddito da pensione disponibile, il quale incide notevolmente per i redditi più bassi rispetto al paniere degli alimenti. Ciò mostra anche effetti per la salute: minore frequenza della diagnostica e maggiori problemi di masticazione. Viceversa, i redditi più alti mantengono una maggiore qualità e varietà della dieta, e inoltre sono più aperti a modalità di spesa innovative (mercati a Km0, Gruppi di acquisto, etc.).
È da segnalare una vera e propria diminuzione dei pasti giornalieri per una quota minoritaria (ma non marginale: intorno al 15%-20%) di anziani che saltano il pranzo o la cena, a causa della perdurante crisi economica. Oltre alle difficoltà economiche, un elemento critico che influenza la buona alimentazione risiede nelle forme della convivenza e nell’accessibilità del territorio: le persone sole, e quelle via via più anziane, hanno minori opportunità relazionali e di stimolo per tenere alti gli standard alimentari, mostrando anche un raggio d’azione della spesa più ristretto.
Nel complesso, gli anziani si mostrano disponibili a cambiare la propria dieta e anche ad attivarsi nella frequenza di corsi di formazione e occasioni informative. Questo orientamento risulta più accentuato tra le donne, al centro-nord, tra le persone che convivono con il coniuge e anche tra le persone che hanno diminuito i pasti a causa della crisi (con l’eccezione, significativa, delle persone con i più bassi redditi da pensione).