Ana Maria è romena ed è la badante di Maria, 88 anni. Positiva al Covid, resta nella casa dove lavora e la signora si trasferisce presso i familiari. Tutto bene, ma perché comuni e regione non offrono soluzioni per questi casi di emergenza?
«No gò miga brontoeà!». Così esclama la signora Maria Sabbadin, pensionata padovana di 88 anni, quando ci ha raccontato l’esperienza vissuta nel periodo delle feste. La donna, invalida al cento per cento, ha dovuto abbandonare la propria abitazione alla notizia che la sua badante aveva contratto il Covid. Da circa un anno è assistita giorno e notte da Ana Maria, 51 anni, romena che per svolgere la sua professione convive con l’anziana signora.
Cosa è accaduto? Lo scorso 24 dicembre l’assistente familiare – dopo un tampone eseguito presso la propria azienda sanitaria – è risultata positiva a seguito di un contatto diretto con una collega contagiata. Alla notizia si sono subito allertate la figlia e la nuora della signora Maria per capire chi dovesse mettersi in quarantena, oltre alla badante stessa che non aveva altro posto dove stare se non l’abitazione in cui lavorava. «Situazione paradossale – racconta Rosanna, figlia della signora Maria, e sindacalista della Cgil -. Per fortuna, oltre a mia madre, soltanto io e la vedova di mio fratello dovevamo sottoporci alla quarantena e così, non avendo la badante un posto dove andare per rispettare l’isolamento, abbiamo provvisoriamente portato la mamma da mia cognata, che vive da sola, sperando nel frattempo di trovare una soluzione alternativa». È stato il marito di Rosanna a occuparsi di fare la spesa facendo la spola tra le tre abitazioni e di “badare” alle tre donne in quarantena, risultate tutte negative al tampone.
La badante ora sta bene, si è negativizzata dopo una decina di giorni e la situazione è tornata alla normalità. Maria è felice di essere di nuovo nella sua casa e ha comunque accettato e condiviso serenamente la scelta di “fare le valige” e spostarsi temporaneamente dalla nuora. Non per tutte le persone anziane però è così: spesso risulta complicato convincerle a uno spostamento, seppur temporaneo, o avere un piano B per affrontare una situazione del genere che può capitare in tutte le famiglie, anche senza la presenza di una persona anziana. Ana Maria, la badante, sa di essere stata fortunata e di essere capitata nella famiglia giusta che non ha esitato nel metterle a disposizione l’abitazione di famiglia. La rete familiare questa volta ha dunque trovato autonomamente una soluzione, ma «servirebbero interventi da parte dei comuni e della Regione – sottolinea Rosanna -. Ho provato a contattare alcune strutture per capire per capire se fosse possibile ospitare l’assistente familiare in quarantena, ma non c’è stato nulla da fare perché non esistono realtà in grado di svolgere questo servizio. Situazioni di questo genere possono capitare a tutti soprattutto in un periodo come questo in cui i contagi stanno aumentando».
«Crediamo che le amministrazioni locali e la Regione dovrebbero fare qualcosa per affrontare anche situazioni di questo tipo – ha affermato Elena Di Gregorio, segretaria generale dello Spi Cgil del Veneto – perché le persone coinvolte sono in assoluto quelle più fragili, perché molto anziane e non autosufficienti. Necessitano dunque di protezione e di interventi mirati. Sarebbe necessario individuare strutture in grado di dare ospitalità quantomeno all’assistente familiare positiva o a contatto con soggetti contagiati in modo da isolarsi per la quarantena». Le istituzioni dovrebbero farsi carico di queste emergenze: è chiedere troppo?