Meme e social. Il web unisce giovani e pensionati

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Ma cos’è un meme? In parole semplici, una vignetta. Il dizionario Treccani ci viene in soccorso per sgomberare il campo da equivoci: “Un meme è un singolo elemento replicabile e trasmissibile per imitazione”, da una persona all’altra o da un mezzo di comunicazione a un altro. Il termine, che viene dal greco mímēma, ovvero “imitazione”, viene coniato per la prima volta nel 1976 dal biologo Richard. Ma un video, un disegno, una foto quando diventano replicabili? Quando hanno una forte capacità di suscitare un’emozione.

E che ci fa il sindacato dei pensionati della Cgil in una diretta Facebook insieme a giovani e giovanissimi inventori di meme? Il curioso incontro intergenerazionale è andato on line pochi giorni fa. E c’è più di un buon motivo per parlarne.

L’idea è venuta agli ideatori di alcune delle pagine social italiane tra le più creative, dinamiche e originali, dichiaratamente orientate a sinistra, che popolano l’universo web. Socialisti gaudenti, Hipster democratici, Eurocrati, Ministero dei meme, Memi Borghesi: sono solo alcune delle pagine che quotidianamente riflettono non solo sui meccanismi che sottendono al modo di fare informazione che caratterizza i nostri giorni, magari smascherando ironicamente lo sconfinato universo delle fake news, e propongono anche contenuti inediti e, di fatto, avanzano una propria idea di società, una visione del futuro. Senza mai prendersi troppo sul serio. I toni sono volutamente divertenti, leggeri. I contenuti, al contrario, non lo sono quasi mai. La comunità che sta dietro queste pagine si caratterizza infatti per una marcata volontà di comprendere la realtà e anche di confrontarsi con i grandi attori sociali del nostro paese.

È proprio in questo contesto che nasce il confronto on line con il sindacato pensionati della Cgil. La cornice è quella offerta dal DPCmeme, un momento di dibattito settimanale ospitato da più di dieci pagine, il cui nome mescola ironicamente gli ormai celebri Dpcm a cui il governo Conte ci ha abituato durante il primo anno di pandemia e la parola “meme”.

La satira sulla comunicazione politica, e non solo, ci ha ormai abituato al linguaggio dei meme. Ma lo stesso non può dirsi per tutti gli utenti più avanti con l’età che sono sbarcati sui social. Tanti i pensionati che in questi anni si sono avvicinati a Facebook in particolare. Tanti coloro che gradualmente hanno preso dimestichezza con il linguaggio proprio dei social. Ma un contributo fondamentale a questo processo di avvicinamento al linguaggio dei più giovani lo ha dato senz’altro il sindacato dei pensionati della Cgil che in questi anni si è cimentato con meme assolutamente originali e inediti, portando avanti un processo di “ringiovanimento” dei codici utilizzati per comunicare i propri contenuti politici e sociali.

Un libro, pubblicato di recente, Ciao nonna, edito da LiberEtà, raccoglie alcuni dei meme più significativi che lo Spi Cgil ha messo in rete in questi anni e fa il punto della situazione su come il sindacato possa incidere positivamente anche sull’universo giovanile proprio a partire dal linguaggio che si utilizza. Un fenomeno insomma, per gli esperti di social, e non solo, da tenere sott’occhio.

La diretta facebook DPCmeme di pochi giorni fa ha registrato più di 4000 visualizzazioni e ha ottenuto una cinquantina di commenti, non solo di chi abitualmente segue le pagine, che hanno ospitato la diretta, ma anche di tanti attivisti e sindacati dello Spi Cgil che per l’occasione si sono collegati proprio per seguire il confronto che ha visto protagonisti i responsabili di alcune pagine di meme e il segretario generale del sindacato dei pensionati Cgil Ivan Pedretti. Segno di un interesse crescente per un incrocio intergenerazionale che merita di essere preso seriamente in considerazione.
“Lavoro nelle sedi dello Spi Cgil e guardo i meme”, scrive in un commento un pensionato dello Spi Cgil che segue la diretta. “Facciamo open day nelle sedi sindacali… cari ragazzi venite a trovarci!”, dice un’altra. La voglia di comunicare con i più giovani è tanta.

Come fare allora? A spiegarlo è Ivan Pedretti durante la diretta: “Noi siamo cresciuti con le vignette di Altan. Nella storia del movimento sindacale c’è stata sempre una forte autoironia. Abbiamo provato a forzare la mano tentando di raccordare sempre di più il linguaggio nostro con quello dei nostri nipoti”. Le reazioni, dentro il mondo sindacale, sono state le più disparate: entusiasmo, resistenza, chiusura, ma anche tanta disponibilità ad aprirsi al confronto, non solo per capire quel linguaggio innovativo che a un certo punto ha fatto irruzione nel mondo sindacale, ma anche per farlo proprio, e cercare di costruire ponti intergenerazionali anche a partire dai social.
“La pandemia ha spinto in avanti la macchina perché tutti sono stati costretti ad usare le nuove tecnologie e qualche migliaia di persone pensionate si sono cimentate e allargheranno sempre di più la loro influenza”, ha proseguito Pedretti. “Abbiamo voluto tentare di interpretare il cambiamento della società e voi giovani per noi siete una grande leva”.

L’obiettivo del sindacato è anche quello di ribaltare pregiudizi e stereotipi sugli anziani, un conflitto generazionale per niente velato che anzi durante la pandemia è esploso come mai era accaduto prima. “Non siamo vecchi ed egoisti”, dice Pedretti. “E pensiamo soltanto che un milione di noi, i nostri attivisti e volontari, tiene molto al rapporto con i ragazzi. Bisogna ribaltare la comunicazione corrente. Bisogna rompere i vecchi schemi. Del resto”, ha aggiunto il segretario generale dello Spi Cgil, “noi veniamo dalla rivoluzione culturale degli anni Settanta, siamo vecchi d’età e giovani di mente”. Gli risponde divertito il responsabile della pagina Facebook Ministero dei meme: “noi forse siamo giovani d’età ma vecchi di mente”, alludendo a una passione politica che di fatto ha abbandonato tanti giovani. Ma di certo non loro.

Come unire dunque le forze? Il suggerimento arriva da Pedretti, insieme a un invito ai giovani a mobilitarsi: “La soluzione non è comprimere i diritti degli anziani ma semmai dare tutele e diritti ai giovani, dando loro un lavoro adeguato e una retribuzione adeguata. Se il lavoro è flessibile semmai va pagato di più, tenendo conto della disponibilità che il lavoratore dà. Credo che la persona anziana in pensione possa contribuire in modo solidale al benessere della società. Allora non si tratta di comprimere le pensioni ma incrementare le condizioni dei giovani. E su questo fronte si può lavorare insieme. Ma i giovani si devono mobilitare”, ha concluso il segretario generale dello Spi, “si devono attivare sul territorio, non bastano i social”.

Ecco, non bastano i social. Ma di sicuro sono un tassello fondamentale di cui non si può fare a meno per ricostruire un dialogo, un percorso comune, e il futuro che verrà.