Luciano Lama: il coraggio delle idee

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Il 31 maggio di venti anni fa moriva Luciano Lama. Degno erede di Giuseppe Di Vittorio, con il suo carisma ha segnato un’epoca e rappresenta ancora oggi un monumento del sindacalismo italiano.

«Grazie per avermi offerto una vita piena, una causa grande, una ragione giusta di impegno e di lotta». Sono le parole con cui, il 4 marzo 1986, Luciano Lama saluta la Cgil riunita a congresso. La sua leadership carismatica ha caratterizzato un’epoca di storia sindacale. E ancora oggi – a vent’anni dalla scomparsa, avvenuta il 31 maggio 1996 – “la Cgil di Lama” è un’espressione di grande forza evocativa. Lama nasce a Gambettola, in provincia di Forlì, il 14 ottobre 1921, figlio di un ferroviere, militante del Partito popolare italiano. S’iscrive a scienze politiche, ma nel 1940 deve interrompere gli studi per andare a combattere in Croazia. Rientrato in Italia nel 1943, si unisce ai partigiani dell’ottava brigata Garibaldi e partecipa, il 9 novembre 1944, alla liberazione di Forlì. Benché non abbia alcuna esperienza sindacale, Lama, che intanto è riuscito a laurearsi, viene nominato dal Cln segretario della Camera del lavoro provinciale.

Una vita per la Cgil. È l’inizio di una lunga e prestigiosa carriera che lo vede, già nel 1947, vicesegretario della Cgil, dal 1952 al 1957 segretario generale dei chimici, dal 1957 al 1962 dei metalmeccanici. Nel 1962 entra nella segreteria confederale e da allora la crescita della sua influenza politica è testimoniata dallo spessore e dal rilievo dei suoi interventi nel dibattito interno alla Cgil. Lama sostiene che il sindacato non deve occuparsi soltanto di salari, di cottimi, di organici, di trasporti, di case, di sicurezza sociale, ma ambire a essere una «autorevole e impegnata forza, che interviene per una modificazione più profonda delle strutture economiche e sociali».

I difficili anni Settanta. Quando, il 24 marzo 1970 viene eletto segretario generale della Cgil, il potere sindacale è enormemente accresciuto sull’onda delle lotte e delle conquiste dell’anno precedente e del consolidamento dei rapporti unitari tra Cgil, Cisl e Uil. Due anni dopo viene costituita la Federazione sindacale unitaria, che, in un periodo tra i più travagliati della storia repubblicana, svolge un ruolo fondamentale nella difesa della democrazia, nella lotta al terrorismo e nel superamento della grave crisi economica. Mentre Lama chiama il sindacato a fare la sua parte, c’è chi considera la “strategia dei sacrifici” la contropartita per il mantenimento di determinati equilibri politici. Tra gli studenti monta la protesta contro lo stesso sindacato, accusato di difendere gli interessi dei cosiddetti “garantiti”. Nel tentativo di ricucire la frattura con il mondo giovanile il leader della Cgil decide di esporsi in prima persona. Il 17 febbraio 1977 all’interno dell’università di Roma è vittima della violenza di un gruppo di cosiddetti “autonomi”, che assalgono il palco impedendogli di parlare. Alle contestazioni e anche alle sollecitazioni “corporative” di settori importanti del mondo del lavoro, Lama prosegue per la sua strada di responsabilità ponendo le basi di una nuova strategia sindacale sancita, nel febbraio 1978, dall’assemblea unitaria dell’Eur.

L’impegno unitario. Con l’esaurimento dell’esperienza dell’unità nazionale e il ritorno del Pci all’opposizione si chiude però il lungo ciclo dell’ascesa e dell’affermazione del sindacato come soggetto politico, quando – scriveva Aris Accornero – la figura imponente, il piglio sensato e la pugnace loquela di Lama impersonavano al meglio il sindacato come “gigante buono”. Di lì a poco sopravviene una fase difficile, caratterizzata da una vivace dialettica in seno al sindacato, prodotta anche dalla divaricazione crescente tra i due principali partiti della sinistra. La tenace ricerca di una mediazione pone non poche volte Lama in contrasto con il suo stesso partito, determinato a intervenire direttamente nel conflitto sociale, come accade nella vertenza Fiat dell’autunno del 1980. Deciso a concludere la sua esperienza sindacale, la principale preoccupazione di Lama diviene quella di ricucire i rapporti all’interno della Cgil e con le altre due confederazioni. La ripresa del dialogo conforta il suo commiato dalla Cgil nella quale ha militato per quarant’anni.