Per affrontare il Covid 19 l’Unione europea ha “allentato” le regole sugli aiuti di Stato, varando una normativa temporanea che li rende sostanzialmente legittimi (prima, se lo Stato voleva intervenire per aiutare un’impresa in crisi, doveva farlo sempre a condizioni di mercato). Questo ha consentito, ad esempio, all’Italia di soccorrere l’Alitalia (tre miliardi di euro), e alla Germania di fare altrettanto con la Lufthansa (che riceverà aiuti per dieci miliardi, in parte pagati anche da Belgio e Austria). Per Air France Parigi ha pensato a prestiti agevolati con l’impegno della compagnia a ridurre le emissioni inquinanti.
Ma il tema degli aiuti di Stato sta sollevando parecchie preoccupazioni a Bruxelles. Il motivo è semplice: finora sono i Paesi forti ad aver approfittato di più di questa “finestra” garantita dalla Commissione. Gli altri restano indietro, con effetti negativi sulla diseguaglianza tra i partner. Su duemila miliardi autorizzati dalla Commissione negli ultimi due mesi, più della metà è stata chiesta dalla Germania. Segue la Francia, ma molto distaccata, che ha chiesto il 17 per cento delle risorse, poi l’Italia con il 15, mentre il resto dei partner Ue si ferma tra l’1 e il 4 per cento. Il commissario per il mercato interno, Thierry Breton, ha sollevato il problema di una risposta diseguale a una crisi dura per tutti, e ha avanzato l’ipotesi di misure che aiutino di più i Paesi più colpiti. Forse sta proprio in questa preoccupazione l’idea di erogare risorse a fondo perduto attraverso il Fondo per la ripresa (Recovery Fund) a partire dagli Stati che hanno dovuto affrontare focolai più virulenti della pandemia. La settimana prossima conosceremo in dettaglio la proposta della Commissione.
Rubrica a cura di Bianca Di Giovanni
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