Il sindacato del futuro, il futuro del sindacato

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Al XXI congresso dello Spi Cgil a Verona la discussione tra storici esponenti del sindacato e della sinistra come Luciano Castellina, Fausto Bertinotti e Sergio Cofferati

Stretto tra due fuochi, il sindacato si trova a dover ripensare il proprio ruolo e il proprio modello organizzativo. Da un lato, un mondo del lavoro sempre più frammentato e destrutturato; dall’altro, il processo di svilimento del ruolo dell’intermediazione dei corpi intermedi nella gestione delle questioni sociali e del lavoro: così il sindacato rischia di non riuscire più a tenere insieme l’interesse generale e collettivo. Di fronte a un processo di involuzione che rilancia forme di corporativismo e individualismo, il sindacato confederale deve riuscire a ridefinirsi e affrontare le sfide sempre più complesse che gli anni a venire pongono al mondo del lavoro.

Quale futuro si prospetta quindi per il sindacato? E quale sindacato si prospetta per il futuro? Su questi quesiti si sono confrontati, nella terza giornata del XXI congresso Spi Cgil – intervistati da Martina Toti, giornalista di Collettiva – storici rappresentanti della Confederazione e della sinistra politica come Fausto Bertinotti, Luciana Castellina, Sergio Cofferati, e nuovi esponenti di alcune categorie della Cgil come Sandra Ognibene, Antonia Labonia, Francesco Melis, Gabriella Zucchelli.

Per Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil, nel definire il sindacato del futuro, si deve tenere conto di due questioni: ciò che il sindacato fa nello svolgimento delle proprie funzioni e del proprio ruolo e quello che chiede di fare agli altri soggetti di rappresentanza sociale e politica. In primo luogo, serve estendere lo Statuto dei lavoratori, legge storica e straordinaria ma che non basta più a coprire molte attività e prestazioni di lavoro. Il Parlamento deve intervenire con una nuova legge che estenda le tutele e colmi quindi questo vuoto. L’altra questione riguarda invece la certezza della rappresentanza. E anche qui serve una legge. Oggi siamo vicini ai mille contratti di lavoro che in realtà hanno l’obiettivo di mettere in difficoltà e ridimensionare il sindacato confederale, stabilire valori sempre più bassi, ridurre le protezioni e i salari. Per quanto riguarda invece il ruolo e le funzioni del sindacato, il problema principale è tornare a fare il sindacato di territorio e quindi rafforzare la caratteristica confederale. E poi è assolutamente necessario riuscire a rappresentare il nuovo, le nuove forme di lavoro. La fondazione di Nidil aveva questo obiettivo: rappresentare le nuove identità di lavoro le figure professionali il cui lavoro non era riconducibile a nessuna delle altre categorie esistenti.

Francesco Melis è, appunto, un sindacalista di Nidil Cgil e parte dall’esperienza del colosso dell’e-commerce, Amazon, che attua un sistema di controllo e sorveglianza volto a massimizzare i profitti a scapito della salute e dei diritti dei lavoratori. Un modello organizzativo che rappresenta un campo di prova per il sindacato confederale e può dare un’idea di che cosa potrà essere il sindacato del futuro. In Italia Amazon impiega 17.000 lavoratori diretti e 14.000 lavoratori in somministrazione: precariato strutturale. Ma, oltre la propaganda di Amazon –  è vero che questo gigante crea lavoro, e si tratta di lavoro di qualità? Il tasso di stabilizzazione dei lavoratori precari risulta molto basso. Per noi è importante organizzarci e attuare l’effettiva contrattazione inclusiva, perché Nidil intercetta per prima questi lavoratori, e con la Filt e la Filcams ci poniamo sempre questa domanda: se un lavoratore non si sente rappresentato dalla Cgil nel momento più precario, quando è più ricattabile, una volta che viene stabilizzato si rivolgerà alla Cgil? Credo di no. A questi lavoratori dobbiamo restituire una rappresentanza dentro il grande quadrato rosso della Cgil. Si tratta di una sfida fondamentale per noi.

Il punto focale dell’intervento di Luciana Castellina riguarda la ricucitura della rappresentanza sociale e politica: “Siamo arrivati a una svolta epocale che comporta un mutamento profondo del lavoro. Non siamo – spiega – di fronte a una crisi congiunturale ma di sistema che viene da lontano, dagli anni Settanta. E cioè da quando gli attori del capitalismo internazionale, di fronte alle lotte dei lavoratori, decisero che il sistema non poteva permettersi questa conflittualità e che le decisioni cruciali non dovessero più essere lasciate alla democrazia. La fine del compromesso tra capitalismo e democrazia ha aperto la strada alla deregulation di Reagan e della Thatcher. Da noi, la vertenza alla Fiat fu il punto di svolta”. La riflessione si sposta sulla ricomposizione e il ruolo della sinistra: “Serve una visione di insieme: confederalità contro corporativismo, formazione, territorio, sono il terreno sul quale costruire alleanze per contrastare il capitalismo. La rivoluzione non si può fare, ma noi vogliamo la rivoluzione intesa come cambiamento radicale del modello di sviluppo”.

Gabriella Zucchelli è delegata della Corneliani e ha raccontato la vertenza che ha coinvolto lo stabilimento mantovano specializzato in abbigliamento maschile di lusso. Il piano industriale dell’azienda presentato nel novembre 2019 prevedeva 130 esuberi. Da lì una lunga battaglia che si è dipanata lungo i mesi più duri della pandemia. La vicenda della Corneliani è anche una storia di straordinaria solidarietà: “La Corneliani siamo noi”, recita il motto dei lavoratori in lotta, stampato sulle T-shirt che a poco a poco tanti hanno cominciato a indossare a Mantova. “Alla fine, la lotta ha pagato – spiega Zucchelli – l’azienda è stata rilevata per il 49 per cento dallo Stato. Questa potrebbe essere una soluzione anche per altre vertenze. È nella

Sandra Ognibene è nella segreteria Fiom Cgil di Bologna e racconta la vicenda della Saga Coffee di Gaggio Montano, una comunità di 5mila abitanti sull’appennino tosco-emiliano. La vicenda inizia nel 2021, quando l’azienda annuncia di voler delocalizzare lo stabilimento in Romania. Per cento giorni i lavoratori rimangono in presidio fuori ai cancelli della fabbrica. Anche qui conta la rete che i lavoratori, appoggiati dal sindacato (lo Spi manda un camper per sostenere il presidio) riescono a costruire. “Grazie alla mediazione della Regione Emilia-Romagna nasce una nuova società che avrà il compito di rilanciare lo stabilimento e di assorbire gran parte della manodopera occupata nell’impianto.  “Quando ci mettiamo insieme, quando riusciamo ad allargare la vertenza – conclude Ognibene – riusciamo a vincere”.

Fausto Bertinotti parte dall’attualità politica: «Per la prima volta nella storia di tutto il dopoguerra – ha sottolineato Bertinotti – abbiamo un governo di destra organico e allo stesso tempo per la prima volta viviamo l’assenza di una sinistra politica influente. Mai è esistita nella storia contemporanea una tendenza così crescente alle disuguaglianze. Siamo entrati dentro un nuovo ciclo politico, un rinnovato e totalizzante capitalismo che punta a realizzare il dominio sull’economia, sulla società e sull’umanità». Che spazio avrà quindi il conflitto sociale nel futuro e chi se ne farà carico? «Non abbiamo altra risorsa se non il conflitto come idea di ricostruzione. Penso che il sindacato debba riuscire a scalare la dimensione europea. Guardando ai movimenti dei lavoratori in Francia, in Inghilterra e «ammettendo la sconfitta del movimento operaio del Novecento. Abbiamo voluto scalare il cielo, volevamo tutto e tutto ci sembrava possibile. Prendiamo atto però che ora la rivoluzione la sta facendo il nuovo capitalismo, ma è una rivoluzione che ci condurrà alla catastrofe e alla precarietà». Il modello di sviluppo di questo capitalismo è contro l’uomo, contro l’ambiente. «Da qui ripartiamo – ha concluso Bertinotti – consapevoli che la possibilità di rivolta parte ancora da tutte le forme sindacali e politiche che vogliono un’alternativa a questa società».

Antonia Labonia è la responsabile dello sportello sociale dello Spi Cgil di Tor Bella Monaca, un quartiere difficile della periferia romana. Per lei il sindacato del futuro deve continuare a fare quello che ha sempre fatto: non dimenticare chi resta indietro, camminare accanto alle persone, alla comunità, impegnarsi nel territorio, come fa il sindacato dei pensionati Cgil attraverso la rete degli sportelli sociali. Antonia opera in uno dei quartieri più giovani e più complessi, caratterizzato da una grande presenza di microcriminalità e da povertà economica ed educativa, una forte componente di anziani, di cui il 47% non autosufficienti, tante coppie giovani e una importante immigrazione: «Lo sportello sociale nel tempo e non senza difficoltà ha accolto tutta la popolazione, aiutando le persone nell’accompagnamento e nel riconoscimento dei propri bisogni e nell’esigibilità dei diritti inespressi. Tutto attraverso l’ascolto e l’accoglienza, che restano per noi elementi fondamentali».