Il lungo volo delle microplastiche

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Oltre che fluttuare nelle acque degli oceani, milioni di tonnellate di queste minuscole particelle circolano anche nell’atmosfera, infestando l’aria che respiriamo e provocando danni alla nostra salute e alla natura

L’inquinamento causato dalle microplastiche non riguarda soltanto gli oceani, ormai coinvolge anche l’atmosfera. Un nuovo grattacapo per gli scienziati preoccupati per le conseguenze sull’ambiente e la natura. A lanciare l’allarme, già nel 2017, è stata Janice Brahney, docente di biochimica dell’università dell’Utah, negli Stati Uniti.

Esplorando alcune zone tra le più remote dell’ovest americano ha scoperto infatti una moltitudine di scorie colorate nei suoi campioni di aria, finissime particelle di plastica, le famigerate microplastiche, provenienti da oggetti di uso quotidiano: vestiti, imballaggi, cosmetici. E ha constatato così come il 4 per cento della polvere raccolta fosse in realtà plastica. «Una percentuale enorme per posti così isolati», ha commentato la scienziata, convinta che queste microplastiche ormai circolano nell’aria.

In un articolo di approfondimento pubblicato nel 2020 sulla rivista Science ha anche svelato che nelle zone protette dell’ovest americano si sono accumulate più di mille tonnellate di plastica, una quantità corrispondente a circa trecento milioni di bottiglie di questo materiale.

Tracce nell’Antartico

Altri ricercatori ne hanno trovate tracce di microplastica anche nell’Artico, in Antartide e nelle nevi del monte Everest. Tutto ciò perché, come attestano i dati dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la produzione mondiale di plastica è raddoppiata tra il 2000 e il 2019, superando i 450 milioni di tonnellate l’anno. Le particelle che si staccano da questa plastica, trasportate dal vento, si depositano su oceani e continenti. Secondo un modello informatico elaborato dalla stessa Brahney, alcune particelle possono fluttuare nell’aria per una settimana e compiere diverse volte il giro dell’intero pianeta, mescolandosi alla polvere, ai pollini e ad altri solidi e liquidi in sospensione, e dando vita ai cosiddetti aerosol, che hanno un’influenza determinante sul clima, perché, a seconda del tipo, assorbendo i raggi del sole riscaldano l’aria circostante mentre diffondendoli la raffreddano.

La formazione delle nuvole

Finora le microplastiche non erano prese in considerazione dai fisici nello studio della formazione delle nuvole. «Questi inquinanti, però, più si rimpiccioliscono più sono suscettibili di partecipare alla genesi delle nuvole», spiega Denise Mitrano, che insegna scienze ambientali al Politecnico di Zurigo. Ma la scienza non ha ancora tutti gli elementi per quantificare il fenomeno.

I rischi per la salute

Riguardo al rischio per la salute umana e animale, secondo la ricercatrice canadese, Liisa Jantunen, «la plastica è associata a diverse infiammazioni nell’organismo». Ma quello che più preoccupa sono tutte le sostanze, a volte tossiche, aggiunte alla plastica nel corso della sua fabbricazione, come ad esempio le sostanze ignifughe e le protezioni contro i raggi ultravioletti. Di fronte a questa minaccia, il Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep) ha istituito, lo scorso marzo, un ennesimo comitato intergovernativo per trattare giuridicamente il problema entro il 2024.

Articolo pubblicato sul numero di giugno di LiberEtà. Per abbonamenti alla nostra rivista clicca qui