Congresso Spi. La democrazia alla sfida dei populismi

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Perché da qualche anno emergono in Europa movimenti e partiti populisti?  Quali sono le radici del fenomeno e come affrontarlo? E, soprattutto, cos’è un movimento o un partito populista? Questo il tema del primo degli approfondimenti che lo Spi Cgil ha voluto inserire nell’assise congressuale che si sta svolgendo al Lingotto di Torino.

Il focus su un argomento di così grande attualità ha avuto come protagonista il Professor Roberto Biorcio dell’Università di Milano Bicocca, ed è stato dedicato a Riccardo Terzi, brillante intellettuale e dirigente della Cgil e dello Spi scomparso nel 2015. Il titolo della lezione, La democrazia alla sfida del populismo, rende bene l’idea del conflitto che in qualche modo, ha spiegato il professor Biorcio, è insito nella stessa parola democrazia.

Con l’avvio della globalizzazione, ha ricordato Biorcio, esplode la mobilitazione nel mondo che dà voce a un nuovo tipo di conflittualità fra gente comune e chi ha un ruolo di governo, a cui viene imputato un rapporto privilegiato con il potere economico e finanziario. Nel 2011 quello degli Indignados in Spagna fu il primo movimento a definirsi lontano dalla destra come dalla sinistra. Poi è stata la volta di Occupy wall street. Dagli Indignados nacquero i partiti Podemos e Ciudadanos, quest’ultimo più vicino alle idee della destra. Il loro fiorire dava l’idea di qualcosa di nuovo e non classificato tra le tradizionali categorie politiche. Il Movimento 5 Stelle, nato in Italia, somigliava a loro. Recentemente in Francia è stata la volta dei gilet gialli. La loro protesta è cominciata da alcune persone e sui social. Propongono la democrazia diretta, come il M5S, in alternativa a quella rappresentativa e non si sentono rappresentati dai partiti classici. Puntano a tagliare ogni tipo di rappresentanza creando un rapporto diretto, quello che Terzi definiva “mistico”, con il capo.

L’affacciarsi del fenomeno nasce quindi da più parti e ha una data, il 2011, quale punto di partenza, almeno in Europa. Segna il punto di tensione tra classi popolari e classi dirigenti e mette in moto una serie di processi che in Italia, ad esempio, ha portato al governo il M5S e la Lega di Salvini. Il populismo, ha precisato Biorcio, non è una devianza ma il processo di mutamento sociale che va indagato nelle radici e nei meccanismi.

Il punto sta nella crisi dei sistemi democratici. Democrazia è un termine dalle due facce: una populista e una costituzionale. Il disequilibrio tra queste, in certe fasi, mette in moto qualcosa che porta alla creazione di movimenti populisti perché il populismo è in qualche modo contenuto all’interno della stessa parola “democrazia”. In Francia il 70 per cento della popolazione è d’accordo con i gilet gialli sul giudizio intorno alla domanda:  i politici fanno abbastanza per il popolo? La casta, per la stragrande maggioranza dei francesi, è collegata con i poteri economici e finanziari e non con il resto della popolazione. Su questo problema, la politica viene percepita come a servizio dei ricchi e non  dei poveri. Anche tra i partiti tradizionali c’è che utilizza la protesta popolare per attaccare altri partiti. Trump è tra questi.

C’è poi, ricorda Biorcio, una distinzione netta tra populismo di destra, che identifica come popolo quello legato a un’etnia specifica addossando agli altri, gli immigrati in primis, la colpa di impoverirla, e quello di sinistra, meno preminente. Tra gli effetti negativi della globalizzazione e la crisi dei partiti tradizionali si allarga lo spazio per l’autonomia del sindacato e del mondo delle associazioni. Sono loro i soggetti che oggi vivono un rapporto più diretto con i loro rappresentati sul territorio e possono offrire un punto di riferimento dopo la scomparsa dei partiti. Si apre un ruolo per il sindacato e le associazioni purché si ascoltino i bisogni dei cittadini e si abbia la capacità di promuovere iniziative in loro favore. Difficilmente, secondo il professor Biorcio, torneremo ai partiti classici, ma resta il fatto che i cittadini mostrano comunque il bisogno di trovare contenitori “più solidi”.