“Bellissima” di Alessandro Capitani vince il concorso di cortometraggi Spi Stories promosso da Liberetà

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La quarta edizione del concorso di cortometraggi “Spi Stories” – promosso da LiberEtà, mensile dello Spi Cgil – si conclude con la vittoria di Bellissima di Alessandro Capitani, già vincitore del David di Donatello 2016 come miglior cortometraggio. Il film di Capitani ha la meglio sugli altri due lavori scelti nella rosa dei finalisti: Non è volare di Marcello Cotugno e Un mondo possibile di Mauro Martinelli.

 

Ciascuno dei tre film giunti sul podio offre una personale declinazione del tema della rassegna: la frontiera. A differenza del confine, che separa nettamente due zone immobili, la frontiera “indica uno spazio tra due spazi”, un luogo incerto, di divisione e condivisione allo stesso tempo; in particolare, il concorso chiedeva ai partecipanti di riflettere sul significato delle frontiere fra illegalità e legalità, fra ricchezza e povertà, fra salute e malattia, fra passato e futuro.

Un mondo possibile, quasi avvicinandosi al documentario, racconta la vera storia dell’ottantaduenne Franco Marchegiani, affetto da una brutta malattia dalla quale è riuscito a riprendersi anche grazie alla riscoperta dell’atletica (si distingue nella categoria Master MM80 come vice campione nazionale del Lancio del martello e come campione regionale del Lancio del martello e del Lancio del disco). La sua esperienza introduce ai valori dello sport, a quella ferrea volontà di non mollare che contraddistingue i veri sportivi. Un messaggio che spezza le differenze anagrafiche, rivolto soprattutto ai più giovani e a chi si sente male, per trovare la forza di reagire e di maturare.

In misura diversa, anche Non è volare tocca il tema della malattia, camminando lungo quella zona che separa il resto del mondo dal parkinsoniano Paolo, costantemente impegnato a superare i limiti imposti dal morbo. Si va dagli sguardi e dal cinismo dei “sani” (alcuni totalmente indifferenti alle necessità di Paolo) alla scoperta di luoghi più ospitali, dove si può stare tranquilli e trovare le motivazioni per andare oltre le proprie difficoltà, per quanto complesse.

Il film vincitore sceglie un’unica ambientazione, piuttosto singolare, per parlare di frontiere: il bagno degli uomini di una discoteca di Napoli. Qui, all’interno di una cabina, Veronica si rinchiude a piangere perché un ragazzo l’ha offesa per il proprio aspetto fisico, mentre in quella accanto tre giovani fanno tranquillamente uso di cocaina. Uno dei tre, rimasto solo, inizia a parlare con la ragazza dopo aver sentito i suoi lamenti. Il muro che li divide garantisce l’invisibilità, e, di fronte alle avance di lui, Veronica mente su se stessa, descrivendosi magra, bionda e con gli occhi chiari. La garanzia di menzogna offerta dalla barriera fisica che separa i due personaggi è simile a quella data dallo schermo del computer, grazie al quale è facilissimo camuffarsi e fingersi qualcun altro (con chat, email, social network e messaggi privati che incitano le persone ad allontanarsi sempre più dal contatto materiale con le cose e gli altri individui). L’abitudine di trasformarsi, tipica di questi tempi, si mescola al bisogno di apparire diversi, accettabili, belli secondo i modelli offerti dai peggiori stereotipi. Alla fine Veronica cede alle insistenze del ragazzo ed esce allo scoperto, ma nel bagno ci sono anche altri uomini, e quello con cui ha parlato negli ultimi minuti, dopo averla vista, fa il finto tonto e se ne va. Veronica, però, non rimane da sola: nella stanza resta un ragazzo che ha origliato tutta la conversazione precedente e pur consapevole delle bugie di lei decide di trattenersi lì, facendole credere di essere lui quello dall’altra parte del muro. È un emarginato come lei, e forse tra i due potrebbe sbocciare qualcosa di sincero, un sentimento genuino che superi la barriera della solitudine, anche se alla base di tutto c’è un gioco combinatorio di finzioni (lei si finge bella, il cocainomane nel bagno finge di non riconoscerla, il ragazzo alla fine finge di essere quello oltre la parete). Un’altra frontiera, dunque, tra finzione e realtà questa volta, tra apparenza e spontaneità, oppure, più genericamente, tra essere e voler essere.