Amazon e i colossi del web che si sono arricchiti con la crisi

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Nelle grandi crisi – come una guerra o un’epidemia – c’è sempre almeno un settore che sa trarne profitto e qualche capitalista che lucra. E l’emergenza Covid-19 non ha fatto eccezione.

Così molte aziende hi tech, farmaceutiche, di vendite online o della grande distribuzione alimentare, nel momento in cui milioni di persone rimanevano serrate in casa, hanno accresciuto i loro profitti, in alcuni casi in maniera scandalosa.

Sono ancora una volta i grandi colossi americani del digitale a fare la parte del leone, come ha rivelato in un report l’Institute for Policy Studies, ripreso dalla rivista Forbes.

Ebbene, secondo l’indagine condotta dalla struttura di ricerca, i 600 uomini più ricchi d’America hanno visto crescere del 15% la loro ricchezza negli ultimi due mesi, portando la loro fortuna complessiva a 3.380 miliardi di dollari, con un guadagno di 434 miliardi di dollari.

Tutto ciò accadeva mentre 38,6 milioni di americani presentavano richiesta di sussidio di disoccupazione e altre centinaia di milioni di lavoratori negli Stati Uniti e in Europa facevano ricorso agli ammortizzatori sociali. Solo in Italia, ad aprile sono state chieste 772 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento di 3761% rispetto a marzo, quando ne erano state chieste meno di 20 milioni.

Ma questi problemi sembrano non riguardare i giganti del web, che a quanto pare dalla pandemia sono usciti più forti di prima.

Chi ha fatto il maggiore guadagno è Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, che prima del lockdown valeva 57,5 miliardi di dollari ed è oggi a 87,8 miliardi risalendo dalla quinta alla terza posizione dei paperoni. Facebook ha evidentemente sfruttato l’aumento degli introiti pubblicitari, tirati su dall’ansia di miliardi di utenti barricati in casa, ma desiderosi di rimanere in contatto con la propria rete di conoscenti.

Rimane in testa alla lista dei paperoni dell’etere Jeff Bezos, amministratore delegato di Amazon ma con un aumento previsto del suo patrimonio pari al 30% tra marzo e giugno, raggiungendo la cifra monstre di 147 miliardi di dollari.

“La chiusura di centinaia di migliaia di piccole imprese – osserva lo studio – stanno dando ad Amazon l’opportunità di aumentare la sua quota di mercato”.

Lauti affari anche per Zoom, la società di tecnologia di videoconferenza online, ha realizzato un rapido aumento della sua ricchezza durante l’epidemia e si dice che valga ora circa 2,58 miliardi di dollari.

Discorso a parte merita Alphabet, la holding di Google: il gigante dei motori di ricerca, ha messo a segno una crescita delle entrate, del 13% nel primo trimestre, giungendo a 41,2 miliardi di dollari di fatturato. La crescita ha avuto l’effetto di riequilibrare il calo di profitti degli ultimi mesi.

Ancora: Netflix nei primi tre mesi dell’anno si conferma tra i business vincenti nell’era della pandemia da coronavirus. Quasi sedici milioni di nuovi abbonati al mondo, il doppio del previsto, per un totale di 183 milioni, in crescita del 22,8% rispetto all’anno precedente.

Crescono i profitti, certo, ma di tasse nemmeno a parlarne. Secondo l’Institute for Policy Studies, la ricchezza dei miliardari è cresciuta, anche perché la negli Stati Uniti la percentuale di tasse pagate dai miliardari è diminuita del 79% dal 1980. Ma anche in Europa, nonostante le batoste comminate via via negli anni dall’Unione europea, è tutt’altro che facile spillare quattrini ai giganti della rete.

“I miliardari – è il commento della rivista Forbes – non sono nella nostra stessa barca: mentre la maggior parte delle persone cerca di non annegare, i ricchi viaggiano nei loro yacht di lusso”.