11 ottobre, Giornata mondiale delle bambine

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C’è ancora tanta strada da fare per sradicare gli abusi e le discriminazioni perpetuate nei confronti delle bambine. Con lo slogan La mia vita, il mio diritto, la fine dei matrimoni precoci, l’11 ottobre si celebra la Giornata mondiale delle bambine con eventi e manifestazioni in tutto il mondo per richiamare l’attenzione su una questione irrisolta.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite, si contano sul pianeta 1,1 miliardi di ragazze di età inferiore ai diciotto anni. Per molte di loro le condizioni di vita non sempre sono sostenibili: istruzione negata, matrimoni forzati, modelli culturali che ostacolano l’autonomia e le libertà. Per farla breve, nascere donna, può essere un grande svantaggio e pregiudicare la qualità della vita.

Spose bambine
L’Unicef mette sotto accusa, in particolare, i matrimoni in età precoce. Le giovani spose sono spesso costrette a una vita di totale isolamento: allontanate dalla famiglia di origine, private del piacere di andare a scuola e di avere relazioni con i coetanei. Soprattutto sono esposte al rischio di gravidanze indesiderate, con conseguenze che possono condurre perfino alla morte. Tra le giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni – rivelano recenti stime Unicef – i decessi legati alla gravidanza e al parto rappresentano una quota importante della mortalità complessiva: circa 50 mila ogni anno. 

Violazione dei diritti umani
«Nelle comunità dove la tradizione delle spose bambine è diffusa, le norme sociali e gli stereotipi riflettono il basso valore dato ai diritti umani delle donne» spiega Anju Malhotra, responsabile della sezione genere e diritti dell’Unicef.

Negli ultimi trent’anni, lenti progressi nella violazione dei diritti umani che colpisce le giovanissime, ci sono stati. La percentuale di ragazze che hanno subito un matrimonio prematuro è diminuita del 15 per cento, passando dal 25 al 20 per cento a livello globale. Nondimeno, ancora una giovane su tre ­– tra i 15 e i 18 anni – subisce mutilazioni genitali nei paesi dove tale pratica è diffusa: nel 1990, questa percentuale era di circa una ragazza su due.

Tutti gli organismi internazionali, considerano l’istruzione come una delle strategie più efficaci per proteggere le bambine dalle deprivazioni. Quando le ragazze possono continuare a studiare, più facilmente migliorano anche le loro opportunità all’interno della comunità in cui vivono. I dati raccolti dall’Unicef mostrano che, tra il 1998 e il 2017, il numero di studentesse che lasciano la scuola è sceso del 37,5 per cento e, tra il 1995 e il 2016, sono diminuite le analfabete del 42 per cento. Non è un caso che oggi le bambine sotto i dieci anni d’età (rispetto alle generazioni precedenti) hanno maggiori probabilità di ricevere le principali vaccinazioni e sono meno esposte delle loro madri a problemi nutrizionali e di salute.