Descrizione
ESAURITO
La memoria di Natalina ci introduce in un mondo di valori profondi. Dall`esperienza del dolore può nascere un sentimento di solidarietà; dalla vita di una persona si possono trarre indicazioni per la vita di tutti; condividere la sofferenza per arrivare infine all`amicizia e a un comune sentire.
«Se ti senti vittima degli ingranaggi implacabili del tuo destino, così come io lo fui un tempo tanto lontano che quasi non ricordo più, questo libro è dedicato a te. E se ti racconterò di me, di mia madre e un poco dei miei figli, mio paziente lettore, amico caro, in fondo racconterò di te. Perché se le storie sono diverse, la sofferenza è una sola». Così inizia la memoria di Natalina Sozzi e già ci introduce in un mondo di valori profondi perché vissuti: «la sofferenza è un sola». Dall’esperienza del dolore può nascere il sentimento della solidarietà; dalla vita di un individuo si possono trarre indicazioni per la vita di tutti: bisogna “conoscere” e “avere pazienza”, che significa proprio “soffrire insieme”, condividere la sofferenza per arrivare infine all’amicizia e quindi alla solidarietà.
E tanta parte dell’esperienza di Natalina è fatta di sofferenza: dalla nascita, con l’immagine della madre che stava per partorire «sulla terra dell’uva e della fame… Così nacqui io, tra le pieghe di una sottana nera e il profumo dell’erba appena tagliata. E quel profumo mi rimase per sempre nelle narici, tanto che ancor oggi è per me il profumo più buono di tutti». E poi l’infanzia, segnata oltretutto da una profonda ingiustizia: la presenza ossessiva del fratello, che si fa quasi padrone della vita di Natalina, e che pretende di controllarne le scelte. Ma il commento che ne fa oggi la protagonista è davvero magnifico: Natalina “perdona” il fratello pur riconoscendone l’insopportabile invadenza, e lo capisce proprio perché, dice, quella era la normale cultura di quel mondo contadino, fatto di fatica e sofferenza, dove dunque amare era impossibile.
Ma poi le cose cambiano e le trasformazioni avvenute nel tessuto civile dell’Italia sono particolarmente evidenti nel ruolo della donna cui Natalina dedica grande attenzione: «ai tempi di mia madre le donne erano schiave» (e dovevano lavorare, accudire la famiglia, fare figli); Natalina invece, almeno «da una certa età», ha riscattato questa vita di umiliazioni grazie a una testardaggine che l’ha esposta a reazioni anche violente, per diventare, come scrive, «padrona del mio corpo e anche dei miei pensieri»; adesso per le figlie le cose vanno ancora meglio, perché nascono e rimangono libere, «non devono subire l’umiliazione di essere donne», e «nessuno può obbligarle a stare zitte».
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