Descrizione
Finalment una mimìna! Con questo grido nonno Aurelio accolse la notizia della nascita di Anna. Era il 26 luglio del 1937. Dopo tanti maschietti una bambina ci voleva. Il papà Luigi, “papà pacifico”, era un tipo allegro, ottimista, rispettoso e leale verso il prossimo, la mamma Maria era schiva, seria, sempre in movimento. La loro era una grande casa rurale addossata alla collina dell’Appennino tosco emiliano: «Giù in fondo, il paese di San Benedetto Val di Sambro». La storia di Anna si intreccia con quella della società italiana fra il 1937 e il 1956: la guerra, la ricostruzione, la democrazia, la trasformazione del contesto sociale, le battaglie civili, il nuovo ruolo della donna. Ecco la rievocazione divertita e affettuosa delle serate “a veglia”, in cui la comunità si riuniva nelle stalle riscaldate dal fiato degli animali, e si alternavano il lavoro dell’intrecciare la paglia, il canto, i racconti di storie di diavoli, assassini, maghi, mostri e orchi. «E non venisse mai giorno!» era l’esclamazione che nascondeva l’illusione che quel clima potesse prolungarsi, ma poi tutto si concludeva molto più semplicemente con solenni sbronze.
Poi, Anna decide di andare in città, a lavorare. E sono anni duri: c’è il confronto con un’altra realtà e c’è un doloroso processo irreversibile di presa di coscienza. Ma pur nelle difficoltà, affronta la vita con coraggio e ottimismo.
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