venerdì 26 Aprile 2024
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Sciopero generale, Cgil e Uil in piazza: «Questo è il Paese reale»

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Sciopero generale, Cgil e Uil in piazza: «Questo è il Paese reale»

Cinque piazze d’Italia piene e colorate. Sono quelle di Roma, Milano, Bari, Cagliari, Palermo. A riempirle, sin dalle prime ore del mattino, sono migliaia di lavoratrici e lavoratori, giovani e pensionati che oggi hanno aderito allo sciopero generale indetto da Cgil e Uil per protestare contro le misure contenute nella legge di Bilancio presentata dal governo.

Milioni di lavoratori pubblici e privati e dei servizi, per otto ore hanno incrociato le braccia in tutto il Paese, disposti a rinunciare a una giornata di paga e ad affrontare un viaggio di centinaia di chilometri per partecipare alle manifestazioni, pur di far arrivare all’esecutivo un messaggio chiaro: la manovra economica, così come pensata, va cambiata e le riforme devono essere portate avanti con il coinvolgimento del mondo del lavoro e aiutando chi sta peggio.

Molti, secondo Cgil e Uil, i punti critici della manovra, in particolare fisco, pensioni, politiche industriali, contrasto alle delocalizzazioni e alla precarietà, sanità, non autosufficienza, pensione e scuola. Per le due confederazioni «non redistribuisce ricchezza, non riduce le disuguaglianze e non genera uno sviluppo equilibrato e strutturale e un’occupazione stabile».

«Sta aumentando la distanza tra il palazzo della politica e il Paese», ha affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, parlando a piazza del Popolo, a Roma. «Noi invece diamo voce al disagio sociale che c’è nel Paese. Abbiamo bisogno di prendere la parola e farebbe bene chi è in Parlamento ad ascoltarci. Oggi è l’avvio di una mobilitazione perché pensiamo che il Paese vada cambiato, con una riforma fiscale e delle pensioni degna di questo nome e cancellando la precarietà. È l’inizio di una battaglia».

«Oggi – ha detto nel suo intervento, a Roma, il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri – ci sono cinque piazze piene. È strano dire che non rappresentiamo il Paese reale o chi è rimasto indietro. Chiediamo al governo di fare scelte diverse. Il Paese ha bisogno di risposte che finora non sono sufficienti».

“Giovani e pensionati uniti nella lotta”

Nella capitale hanno manifestato anche gli studenti e i pensionati che si sono ritrovati insieme dietro a un unico striscione, in piazza del Popolo. Lo striscione del coordinamento degli studenti medi, dell’Udu e dello Spi Cgil, viene srotolato alle ore 10, all’esterno di Santa Maria del Popolo. Ragazzi giovanissimi insieme a chi ha i capelli grigi. Ivan Pedretti, segretario generale dei pensionati della Cgil, afferma: «Siamo qui insieme per contestare l’idea di separare, dividere le generazioni. Non esistite un conflitto generazionale. Sono invece le generazioni a tenere insieme il Paese, questo non va dimenticato. Abbiamo bisogno di un welfare innovato, perché senza lavoro di qualità, dignitoso e non precario, non ci sono sistema pensionistico né protezione sociale che tengano».

Dall’altro lato, è Giovanni Sotgiu, coordinatore nazionale degli studenti universitari a spiegare la decisione di sfilare insieme ai pensionati: «Studenti e pensionati non fanno parte del lavoro produttivo e quindi all’interno delle politiche sono spesso ai margini. Il punto è che il welfare per gli studenti e per i pensionati è sempre più ristretto. E proprio in questa compressione generalizzata dei diritti, che i diritti conquistati vengono fatti passare per privilegi. Noi non accetteremo mai questa logica. Lottare insieme, studenti e pensionati significa trovare quel filo rosso che unisce il diritto allo studio, il diritto a un lavoro stabile e di qualità a un sistema pensionistico che offra garanzie a tutti»

Centinaia di palloni rossi e blu, colorano il cielo. Migliaia di manifestanti arrivano alla spicciolata nel catino di piazza del Popolo, a Roma, superando i varchi dove volontari controllano, con meticolosità, i certificati verdi. Molti dei manifestanti arrivano da lontano. Sveglia ancora prima dell’alba per chi si è mosso da Toscana, Emilia, Umbria, Abruzzo, Campania. Nelle stesse ore migliaia di manifestanti si muovevano alla volta delle altre città in cui si svolgevano le altre manifestazioni.


Lavoratrici e lavoratori: «Ecco perché scioperiamo»

Attraversare la piazza è come fare un viaggio tra le tante crisi aziendali aperte in Italia. Elena viene dalla Campania, ed è una dei 3.300 lavoratori dei call center della Comdata, che lavora per l”Inps. Critica il governo per l’assenza dalle vertenze che mettono a rischio tanti posti di lavoro e le titubanze sul decreto antilocalizzazioni. «Con decine di call center delocalizzati all’estero – osserva – la battaglia è contro la riduzione dei diritti in casa nostra: cassa integrazione, orari massacranti, tempi di risposta che i datori vorrebbero sempre più corti, premi di produzione inesistenti, sono solo alcuni dei problemi che i lavoratori sono costretti a fronteggiare”.

Massimiliano è invece uno dei quindici ispettori del lavoro che operano a Carrara. Per venire alla manifestazione è partito da Carrara alle 2,30 del mattino, praticamente non ha chiuso occhio. «Anni di tagli – racconta – hanno ridotto ai minimi termini i controlli sulle aziende, e questo si riflette inevitabilmente sulle morti sul lavoro. Servono risorse – aggiunge – senza queste, il nostro lavoro è a rischio ed è a rischio la sicurezza sui luoghi di lavoro».

Dal palco la presentatrice ricorda le decine di aziende che hanno aderito allo sciopero. Negli insediamenti più grandi da Alitalia a Telecom, i tassi di adesione sono altissimi.

Alle 11 la piazza è completamente gremita. Manifestanti e bandiere rosse della Cgil, blu quelle della Uil, si assiepano sulle balconate dei tornanti che danno sulla piazza e che portano a Villa borghese. Dal palco una delegata fiorentina della Fisac Cgil ricorda le continue riduzioni di organico a cui è soggetta la banca in cui lavora. Il segretario generale della Filcams di Massa Carrara, Sebastiano Salaro, che rappresenta ventiquattro contratti di settore, racconta come la pandemia si sia abbattuta come uno tsunami su comparti dell turismo e dei servizi. «Abbiamo livelli di occupazione simili a quelli del Sud Italia. Solo nel turismo, quest’anno abbiamo 1.100 contratti in meno. Ci sembra assurdo che la riforma fiscale, invece di sostenere chi ha meno, aiuti chi ha di più. Abbiamo bisogno di politiche che sostengano i redditi medio-bassi».

Dalla Caterpillar di Jesi, i lavoratori arrivati in piazza sono ottanta, partiti alle cinque di questa mattina. Lo scorso 2 dicembre la multinazionale ha comunicato la chiusura dello stabilimento, e da allora i 270 lavoratori tra stabili e interinali sono in agitazione. Gli impianti verranno delocalizzati in Cina e Messico. «Senza un provvedimento contro le delocalizzazioni, il governo dimostrerà che non sta facendo niente per il lavoro».

Davide Cesioni, lavoratore della Conad di Cesena, dal palco ricorda la difficile situazione nella grande distribuzione: i part time involontari che riguardano in particolare le donne, il nuovo contratto che non viene rinnovato da due anni, le paghe basse. «I sacrifici compiuti durante la pandemia – ricorda – quando i lavoratori sono stati costretti a lavorare a loro rischio e pericolo, non sono stati ripagati. Non tutti i lavoratori sono uguali, per molti uscire dal lavoro a settanta anni è inimmaginabile. Nel nostro settore, i giovani lavorano spesso in maniera discontinua, con stipendi bassi. Non è accettabile il rischio che non non avranno la pensione o se ce l’avranno, sarà misera e a 70 anni».

Nel suo intervento, Landini ricorda i lavoratori della sanità e di quei settori che oggi non si sono astenuti dal lavoro per garantire nel Paese i servizi essenziali. La risposta più chiara a chi ha voluto dipingere lo sciopero generale come frutto dell’iniziativa di irresponsabili.