Ricucire, ricostruire e rigenerare. Verso la città delle relazioni

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Oggi a Corviale, quartiere della periferia sud della Capitale, un convegno dedicato al tema della rigenerazione urbana e promosso da Spi Cgil, dipartimento benessere e diritti e l’associazione Nuove Ri-Generazioni in collaborazione con il Centro Antartide di Bologna.  Per riflettere sui contesti di periferia in cui le amministrazioni pubbliche stanno portando avanti programmi integrati di riqualificazione alla cui realizzazione e al cui successo contribuisce in maniera significativa la rete sociale che qui vive.

«Il Mitreo-Iside è la mia opera d’arte più complessa e significativa. Volevo ricondurre l’arte a una funzione sociale per lo sviluppo di un quartiere in grande difficoltà». Monica Melani, pittrice, videomaker e scultrice racconta l’origine di questo spazio sociale e culturale collocato sotto la sala consiliare dell’XI municipio, nel cuore del Corviale, storico quartiere dell’estrema periferia Roma. Inizia con l’artista e fondatrice del Mitreo-Iside, la maratona di riflessioni e video proiezioni organizzata dal Sindacato dei pensionati Cgil dal titolo Ricucire e ricostruire verso la città delle relazioni.

Guarda il video che racconta la storia del Corviale

Costruire la città delle relazioni

A introdurre la giornata di riflessione sul tema della rigenerazione urbana, Alessandra Romano, segretaria dello Spi Cgil del Lazio. «Roma contiene tante città invisibili e il Corviale è una di queste. Quando lo Spi Cgil – spiega Romano – apre uno sportello sociale, lo fa per riconnettere i cittadini che non hanno voce a tutto la comunità. Il nostro obiettivo dare voce e visibilità a quanti non l’hanno mai avuta o l’ha perduta».

Subito dopo la parola passa a Carla Mastrantonio, della segreteria dello Spi nazionale «Corviale è un esperimento storico sociale realmente innovativo per i tempi in cui è stato progettato, ma è stato gestito con incuria tale da determinarne il degrado. Di esperimenti di questo tipo se ne sono fatti troppi – prosegue Mastrantonio -. Lo Spi Cgil essendo un sindacato che opera nel territorio, non può non occuparsi di rigenerazione urbana. Per noi è un tema della negoziazione e deve riguardare gli aspetti sociali, del consumo di suolo; deve elevare la qualità della vita, la sostenibilità ambientale andata in crisi a causa delle politiche del governo e dal frantumarsi della coesione sociali, la partecipazione è un aspetto fondante della rigenerazione urbana. Non a casa le persone si fidano si fidano dello Spi Cgil, perché le leghe sono aperte ai cittadini e cercano di ricostruire empatia sociale, creare comunità per dileguare la solitudine».«Le città del futuro dovranno essere necessariamente sostenibili. Ciò non potrà essere possibile se non rivediamo il modello di sviluppo prevalente». Graziano Gorla, della segreteria della Fillea Cgil, illustra il manifesto-documento del sindacato degli edili, che indica le tappe fondamentali per arrivare ad avere città sostenibili: efficienza energetica, riuso delle materie prime, economia circolare, rigenerazione degli edifici obsoleti. «Purtroppo, il governo Meloni – dice il dirigente del sindacato degli edili della Cgil – rema in una direzione opposta. Noi abbiamo bisogno di un lavoro di grande qualità e soprattutto sicuro. Nella contrattazione abbiamo un principio saldo: le imprese di qualità creano lavoro di qualità».

Per Daniela Barbaresi della segreteria nazionale Cgil ciò che fa di un agglomerato di edifici una città sono le relazioni tra le persone. Nella negoziazione con gli enti locali, nonostante la strada sia sempre più in salita, la Cgil si batte per dare risposte alle difficolta quotidiane dei cittadini. Oltre 6 milioni di persone sono oggi sotto la soglia della povertà e il degrado non si supera con la logica sicuritaria del governo, ma sciogliendo i nodi che lo generano: disagio abitativo, disoccupazione, carenze educative, mancanza di aree verdi e di aggregazione». La segretaria della Cgil punta il dito contro i tagli che il governo ha apportato nel Piano nazionale di resilienza ( Pnrr). «I fondi sono stati sottratti – afferma Gorla – proprio in ambiti al limite dell’emergenza sociale: la sanità, gli asili nido, le periferie e la rigenerazione delle aree urbane».

Claudio Falasca, dell’Auser nazionale, spinge la riflessione sulla fragilità di tante persone che vivono nelle aree urbane disagiate, soprattutto gli anziani. «Al centro delle politiche urbane dobbiamo mettere i cittadini più vulnerabili. Dobbiamo cambiare il paradigma, se vogliamo cambiare davvero. La rigenerazione urbana deve viaggiare insieme con la riorganizzazione dei servizi altrimenti tutto resta esattamente com’è. Le risorse per percorrere questa strada il Pnrr le ha messe a disposizione, a questo punto la responsabilità è in carico al governo».

Pillole di benessere: esperienze e pratiche di rigenerazione sociale

Una carrellata di interventi, mediati da Rossella Muroni, sociologa e ambientalista e presidente dell’associazione Nuove Ri-Generazioni, ha presentato buone pratiche ed esperienze condotte sul territorio nazionale. Come quella di Maria Teresa Imparato – Legambiente – con il racconto della prima esperienza di comunità energetica e solidale d’Italia, quella di Napoli, nel quartiere est di San Giovanni a Teduccio, che ha permesso la condivisione dell’energia prodotta attraverso la rete per circa quaranta famiglie residenti nella zona. O ancora la testimonianza di Maurizio Santarelli dello Spi Cgil Roma Lazio che insieme ad altri compagni e compagne da circa un anno a Corviale offre supporto e ascolto agli anziani, servizi fiscali e di patronato attraverso l’apertura dello Sportello sociale. A testimoniare le buone pratiche di rigenerazione urbana diffuse in Italia, anche alcuni video. Come quello sull’esperienza bolognese della città a trenta chilometri e la straordinaria storia di accoglienza, integrazione reale e sviluppo del comune di Camini, in provincia di Reggio Calabria, un vero esempio di inclusione sociale e lavorativa.

Dalle buone pratiche a un nuovo sistema sociale

Nella seconda parte, Marco Pollastri, direttore del centro Antartide, protagonista insieme allo Spi Cgil della campagna nazionale Siamo tutti pedoni, si sofferma sulla necessità dell’ascolto «Dobbiamo interrogarci sulla nostra capacità di metterci nei panni delle persone a cui vogliamo dare voce. Con i suoi progetti, il centro Antartide, punta a rafforzare il senso civico e i rapporti di fiducia e di buon vicinato. Insieme allo Spi, da lunghi anni, lavoriamo sul cosiddetto “capitale sociale”, sulle diversità e per costruire ponti tra persone di estrazione ed età diverse». L’architetta Laura Peretti, vincitrice qualche anno fa del concorso Rigenerare Corviale, ha raccontato il grande piano di riqualificazione degli spazi pubblici di Corviale, un progetto che vuole ridare dignità al “serpentone” rimettendo insieme il paesaggio, la città e le relazioni tra le persone; mentre Carlo Cellamare, professore di urbanistica alla Sapienza di Roma, ha parlato di Tor Bella Monaca,  sottolineando come un progetto di rigenerazione urbana debba partire dal fondamentale riconoscimento delle realtà già attive sui territori e che da anni combattono per la riqualificazione.

Le conclusioni di Ivan Pedretti

L’intensa giornata di riflessioni e denunce sullo stato delle periferie urbane viene conclusa da Ivan Pedretti, segretario dello Spi Cgil. Secondo il leader del Sindacato dei pensionati, il vero nodo è la costante riduzione degli spazi di democrazia partecipata accompagnata dalla mancanza di servizi sociali e dall’invecchiamento della popolazione. «Da tempo sostengo che dovremmo tornare ad essere agitatori sociali oltre che sindacalisti. Dobbiamo riposizionarci, e tornare un po’ alle origini del modo di operare della nostra organizzazione, per adeguarci ai bisogni sociali dell’oggi. Le realtà associative locali o di quartiere sono oggi moltissime, il sindacato può operare insieme a loro per migliorare il territorio e le condizioni di vita dei cittadini». Secondo Pedretti il sindacato, da solo, non basta per vincere le tante battaglie dell’oggi: dall’ambiente alle povertà. «Dobbiamo collaborare con le associazioni locali e il Terzo settore; dobbiamo mettere insieme tutte le intelligenze che operano nel territorio. D’altra parte, – conclude Pedretti – il sindacato è per vocazione capace di fare sintesi (all’opposto di ogni corporativismo) di istanze diverse e di far crescere la partecipazione democratica».