Un negoziato record per lunghezza, giustificato in parte dall’importanza dalla posta in palio, e in parte dalla resistenza, apparsa a momenti invalicabile, del cosiddetto fronte dei frugali. Ma alla fine lo scatto in avanti c’è stato e per il nostro Paese le cose si mettono bene, se si guarda all’ammontare delle risorse che potrebbero giungere per la “ricostruzione” post Covid: 209 miliardi, addirittura 38 miliardi in più rispetto ai 171 che in prima battuta erano stati promessi all’Italia.
“Stiamo parlando di circa un terzo dei 750 miliardi del Next Generation Eu che andranno in parte in sussidi (82 miliardi), in parte in prestiti a tasso zero (127 miliardi) e che ora il nostro Paese dovrà dimostrare di saper spendere con piani all’altezza e riforme”. È la considerazione che fa Walter Cerfeda, ex leader della Confederazione dei sindacati europei (Ces), oggi nel direttivo dell’Alta Scuola Spi Cgil Luciano Lama, autore per le edizioni di LiberEtà del libro “Finale di partita“, commentando la decisione arrivata alla fine del serrato summit in scena a Bruxelles.
“Sul piano politico – aggiunge Cerfeda – una vera svolta che non solo consoliderà il mercato interno, ma che segna un punto a favore di una maggiore integrazione continentale”.
Il perché è presto detto: il fondo sarà finanziato dagli eurobond, quel debito comune che fino all’ultimo i Paesi “frugali” hanno cercato di scongiurare prima e poi di ridimensionarne la portata. Alla fine è passata la proposta della Commissione europea: 750 miliardi, di cui 390 di sussidi e 360 di prestiti. Sul lato politico, un nuovo ruolo della Commissione, che avrà frecce al proprio arco per finanziare i Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia.
Sul piano dei numeri, l’Italia potrà contare sui 209 miliardi del Recovery Fund, a cui si aggiungono le risorse già disponibili della Bei, del Sure e del Mes. “Si tratta di cifre inimmaginabili fino a qualche tempo fa: nel complesso 306 miliardi, pari a 17 punti di Pil. Per dare idea della proporzione, basti pensare che dal 2000 al 2019, il nostro Paese è cresciuto appena del 3,9 per cento”.
“A Conte – rileva Cerfeda – va dato atto di aver giocato molto bene la partita, facendo sponda con gli altri Paesi dell’area mediterranea. Ora la vera sfida si gioca sul fare piani di spesa seri e sulle riforme. Abbiamo tempo fino a ottobre per individuare progetti significativi per impiegare risorse che, ricordo qui, sono per gli investimenti e non per coprire eventuali buchi di bilancio”.
Cerfeda ritorna anche sul Mes e sul dibattito italiano su questa misura. “La discussione in atto è priva di senso. Chi pensa di usare i fondi del Recovery Fund per la sanità e per prevenire una nuova nuova emergenza già in autunno è fuori pista. Quelle risorse saranno disponibili solo nel 2021 e non hanno quella funzione, mentre i soldi messe a disposizione attraverso il Meccanismo di stabilità sono già pronti, sarebbe assurdo non usarli”.