Marche. Spi, Fnp, Uilp: "Serve un Fondo specifico per la non autosufficienza, ma la Regione ancora non risponde"  

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Messi insieme formerebbero la terza o quarta città delle Marche per numero di abitanti. Ma per loro, circa 60 mila persone non autosufficienti, in maggioranza anziani,  la Regione Marche non ha ancora predisposto un Fondo specifico per finanziare un piano straordinario di interventi e servizi a domicilio, residenziali e diurni a sostegno dei diretti interessati e delle loro famiglie. Solo interventi decisi di anno in anno e, quindi, senza grandi elementi di programmazione. È quanto hanno denunciato Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil Marche nel corso di  una conferenza stampa.

Il 5 luglio scorso, hanno ricordato i rappresentanti dei pensionati marchigiani durante l’incontro con la stampa,  Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil Marche hanno inviato alla Regione un documento unitario dal titolo “Proposte per una nuova politica regionale sulla non autosufficienza”. Nel documento, in estrema sintesi, i tre sindacati dei pensionati chiedevano alla Regione Marche di costituire uno specifico Fondo per la non autosufficienza – all’interno del Fondo regionale per le politiche sociali istituito dalla legge regionale n. 32 del 2014 – alimentato anche da risorse del bilancio regionale, ulteriori a quelle nazionali ed europee, per finanziare un piano straordinario di interventi e servizi domiciliari, residenziali e diurni a sostegno degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. “Ad oggi, però –  affermano Spi, Fnp e Uilp Marche – la Regione non ci ha ancora risposto”.

Un intervento che è quanto mai urgente, hanno ricordato le tre figlie sindacali: le Marche sono una delle Regioni italiane con il più alto indice di invecchiamento della popolazione. Il 23,7 per cento della popolazione complessiva ha più di 64 anni. I cittadini marchigiani non autosufficienti sono stimabili in una forbice compresa tra 51.000 e 68.500 unità. Di essi, meno del 30 per cento entrano nel circuito dei servizi pubblici mentre almeno il 75 per cento della spesa per esigenze di cura a lungo termine è ancora oggi sostenuta dalle famiglie.

 “A distanza di più di 3 mesi dalla presentazione del documento – spiega Emidio Celani, Segretario generale Spi Cgil Marche – , restano aperte una serie di questioni rispetto alle quali è urgente riaprire il confronto con la Regione. Tre gli aspetti sui quali Spi, Fnp, Cisl concentrano l’attenzione.

Cure domiciliari e integrazione socio sanitaria

 Per i sindacati dei pensionati restano aperte “criticità importanti sull’area dell’integrazione socio sanitaria, nella quale la Regione Marche investe un budget risibile (circa 170 milioni di €), insufficiente a garantire l’erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza) socio sanitari. I settori più critici sono quelli della salute mentale, delle dipendenze patologiche e delle cure domiciliari. Su queste ultime, in particolare, nonostante reiterate richieste da parte nostra –sostengono Spi, Fnp, Uilp – e promesse da parte dei nostri interlocutori, non si hanno dati certi sullo stato dell’assistenza domiciliare erogata. Di certo si sa solamente che i livelli dell’assistenza socio sanitaria a domicilio nelle Marche sono inferiori alla media nazionale, e che il numero degli utenti assistiti è in calo (-3.350 persone circa dal 2008 ad oggi) rispetto ad un bisogno crescente. Anche per questo – ribadiscono i sindacati dei pensionati – riteniamo necessario uno sforzo ulteriore da parte della Regione, per incrementare le risorse da destinare alla misura degli assegni di cura per gli anziani non autosufficienti, cui deve affiancarsi un impegno degli Enti locali per garantire risorse certe ed adeguate per i Servizi di Assistenza Domiciliare”.

Servizi residenziali

 “Con Delibera di Giunta n. 851 del 1 agosto 2016 – è scritto sul documento consegnato alla stampa – viene dato avvio al percorso di attivazione di 400 posti letto di Residenza Protetta per anziani non autosufficienti, sottostimato rispetto al reale bisogno. Il criterio utilizzato per l’assegnazione dei posti alle strutture fa riferimento all’obiettivo di convenzionare almeno il 60% dei posti autorizzati ed operativi nelle Residenze Protette regionali. Solo una quota residua ed eventuale sarà collocata sul territorio seguendo il criterio del riequilibrio regionale, che al contrario avrebbe dovuto rappresentare il criterio principale per la scelta delle strutture nelle quali convenzionare i posti letto di RP Anziani. In questo modo, tra i vari soggetti gestori delle strutture, continuano ad essere premiati quelli che, sfruttando rendite di posizione e disponibilità di alcuni amministratori locali, ottengono autorizzazioni ad aprire nuove strutture (certi di un successivo convenzionamento) a prescindere dalle reali esigenze dei territori e al di fuori di qualsiasi logica di programmazione dei servizi sul territorio. Un criterio inaccettabile, sulla quale chiediamo alla Regione di fare un passo indietro e riaprire il confronto”.

Ospedali di comunità e Case della Salute

 “Più di una preoccupazione desta il percorso di trasformazione dei piccoli ospedali in Ospedali di Comunità, che diverrà definitivo al 1 gennaio 2017. L’accordo raggiunto tra Regione e Medici di Medicina Generale, ratificato dalla Delibera di Giunta n. 746 del 18 luglio 2016, lascia aperti una serie di interrogativi da sciogliere quanto prima. Per quanto riguarda l’assistenza medica diurna, sembrano insufficienti 2 ore di presenza mattutina per garantire la presa in carico di n. 10 pazienti cronici, principalmente anziani, che rischiano così di restare “abbandonati a se stessi”. Allo stesso tempo preoccupa chiusura dei Punti di Primo Intervento Territoriale, che saranno sostituiti da Punti di Assistenza Territoriale nei quali, per le ore notturne, l’assistenza sarà garantita solo dal Medico di Continuità Assistenziale e dal Medico della Potes in stand by. Rispetto alla gestione delle urgenze negli Ospedali di Comunità, riteniamo necessario avviare una serie di iniziative pubbliche volte ad informare la cittadinanza sulla tipologia dell’assistenza che al loro interno verrà erogata – riservata alla gestione dei “codici bianchi e verdi” – in modo da evitare accessi impropri e dannosi per la salute dei cittadini. Resta sulla carta, almeno per il momento, il progetto di sviluppo delle 15 Case della Salute di tipo A (bassa intensità assistenziale) da attivare ex novo sul territorio regionale. Al momento non è partito neppure il primo step di questo percorso, che prevedeva l’attivazione di 5 strutture nei capoluoghi di Provincia entro il 2014. Non vi sono certezze, infine, sulla fisionomia che dovranno assumere queste strutture. Noi – ribadiscono Spi, Fnp, Uilp – restiamo fermamente convinti che le Case della Salute debbano rappresentare qualcosa di più evoluto degli studi medici associati e di molto diverso dai centri medici privati. Noi pensiamo a strutture pubbliche che integrino l’attività dei Medici di famiglia con la specialistica ambulatoriale pubblica e con il servizio infermieristico, dislocate sul territorio secondo i bisogni della popolazione ed operanti sotto stretto coordinamento del Distretto sanitario.”