Quello dei pensionati che in Italia si prendono cura di figli, nipoti o parenti disabili è un vero e proprio esercito. Tanto lavoro, quotidiano, per i nipoti, in primis, mentre i genitori sono fuori a lavorare. Troppo spesso infatti le famiglie non possono permettersi una baby sitter e devono fare dunque affidamento sui nonni. Una rete vastissima che tocca milioni di pensionati da Nord a Sud. E poi ci sono i parenti, nonni o zii, che danno una mano con i figli o i nipoti non autosufficienti. Un lavoro di cura preziosissimo che colma in parte le falle di un welfare che non riesce a rispondere pienamente ai bisogni dei cittadini. Un lavoro di cura che vede oggi un primo riconoscimento che il sindacato della Cgil saluta positivamente.
Si tratta del bonus baby sitter introdotto dal decreto Rilancio, da poco approvato, che potrà essere utilizzato anche da chi si prende cura dei minori, a condizione che i parenti non vivano nella stessa casa. Il limite d’età è stato fissato a 12 anni. Limite che viene meno in caso di un familiare disabile. (Qui tutte le informazioni sul bonus: requisiti e modalità di richiesta). È inoltre possibile richiedere il bonus anche per pagare i centri estivi e i servizi integrativi per l’infanzia. Una boccata d’ossigeno per tutte quelle famiglie che in questi mesi con le scuole chiuse si sono dovuti sobbarcare un lavoro spesso al di là delle proprie capacità. In questa situazione i nonni hanno svolto un ruolo cruciale, consentendo di fatto a tanti genitori di poter continuare a lavorare.
Per lo Spi Cgil si tratta di una misura importante che aiuta i lavoratori e riconosce il lavoro di cura di nonne e nonni che quotidianamente si prendono cura dei propri nipoti sostenendo attivamente il lavoro dei figli. “Un lavoro gratuito e informale a cui viene dato finalmente riconoscimento”, dicono dal sindacato dei pensionati della Cgil.
Il bonus non si cumula in alcun modo con la pensione, anche perché la richiesta la fa il lavoratore, non il pensionato. “Stiamo ricevendo tantissime richieste in questi giorni”, ci dicono gli esperti dello Spi Cgil che rispondono alle domande che arrivano su facebook o via mail o, ancora, attraverso il form on line “l’esperto risponde”. “E sono tante anche le telefonate delle persone che vogliono chiarimenti e istruzioni”. Segno che c’è un gran bisogno di questo tipo di supporti, in mancanza di una riforma più ampia del sistema.
Lucia, per esempio, vive in provincia di Frosinone, ha due nipoti. Uno tra pochi mesi compirà dieci anni, la figlia più grande invece ne ha 14. La figlia di Lucia potrà dunque fare richiesta del bonus per il più piccolo. “I miei nipoti stanno con me tutto il giorno, fin quando mia figlia non finisce di lavorare. Gli preparo il pranzo, li faccio studiare e giocare”. La figlia di Lucia è separata, lavora per un’impresa di pulizie e poi aiuta qualche anziano in paese. Con le scuole chiuse, si è complicato tutto. “Io sono rimasta vedova pochi anni fa”, dice Lucia. “Stare con i miei nipoti mi aiuta molto, dopo tanti anni di matrimonio è difficile restare soli. Ma i nipoti mi danno anche molto da fare, ma sono contenta di aiutare mia figlia. Fino a pochi giorni fa non sapevo del bonus. Ora mia figlia ne ha fatto richiesta. Per me è una boccata d’ossigeno, un aiuto vero, soprattutto in questi mesi in cui tutto si è fermato e anche mia figlia ha guadagnato meno”.
Che del resto i pensionati svolgano un ruolo cruciale nel sistema di sostegno alle famiglie ce lo dicono anche i dati emersi da una ricerca di Tecné e Fondazione Giuseppe Di Vittorio pubblicata pochi mesi fa, ed estremamente attuale, che fotografa un welfare “parallelo” di fondamentale importanza. I pensionati che aiutano economicamente le proprie famiglie in Italia sono ben 6 milioni, per un importo totale di sostegni pari a 10 miliardi di euro l’anno. Quelli che invece si fanno aiutare dai propri figli sono molti di meno. Tantissimi quelli che non ricevono alcun sostegno economico da parenti stretti: ben 14 milioni. E poi c’è il milione e mezzo di pensionati che riceve solo saltuariamente un aiuto.
C’è poi un’altra voce importante, quella dei pensionati che in famiglia hanno una persona non autosufficiente, a proprio carico. Sono ben 3 milioni. Il 92% ritiene che le risposte fornite dal sistema pubblico al tema della non autosufficienza non siano assolutamente adeguate. L’80% ritiene che la risposta da dare ai bisogni assistenziali e sanitari di una persona non autosufficiente debba consistere in un mix di trasferimenti monetari e di servizi, il 14% in servizi qualificati e diffusi e il 2,5% solo in trasferimenti monetari.
Dunque è evidente che il bonus baby sitter, utilizzabile anche da tutti quei pensionati, nonni o parenti, che si prendono cura delle persone non autosufficienti, non risolve certamente tutti i problemi ma contribuisce a dare un sostegno concreto a tutti coloro che di fatto svolgono una funzione di supplenza rispetto a un welfare lacunoso.