Indagine sindacati: dopo Covid urgente riforma Rsa

0
1625

Se avessimo avuto ancora dubbi sul fatto che la gran parte delle strutture residenziali per anziani, nei mesi più duri dell’epidemia, ha fallito la missione di proteggere i propri ospiti, i dati di una ricerca dei tre sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil del Piemonte hanno il merito di fare chiarezza e farci intendere la necessità, non più rinviabile, di una riforma dei sistemi di cura in Italia.

L’indagine dello Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil rivela che in tutto il Piemonte l’incremento della mortalità rispetto agli anni precedenti, è stato tra gli anziani pari al 45 per cento, con un picco del 53 per cento tra gli over 85. Nella classifica delle regioni più colpite, il Piemonte si attesta in quinta posizione dopo Lombardia (113 per cento), Trentino Alto Adige (54,4), Valle d’Aosta (50,7) ed Emilia Romagna (45,2 per cento). Più colpite le province orientali: a Biella l’incremento è stato del 72 per cento. A Novara, Vercelli e Alessandria le percentuali oscillano tra il 63 e il 65 per cento.

I valori più significativi del report arrivano però dal confronto tra comuni che hanno sul territorio strutture residenziali per anziani e municipalità in cui questo tipo di residenze sono assenti.

In provincia di Alessandria, ad esempio, l’incremento è stato del 71 per cento nei comuni con almeno una struttura, contro il 44 per cento dei comuni privi di residenze assistite. Ad Asti, rapporto più che doppio: 54,6 contro il 21 per cento. Così come a Biella: l’84 per cento contro il 38.

Ma anche nelle province con comuni più popolosi, come quella di Torino, il rapporto è di 38,4 per cento contro il 21. L’indagine conferma in tutto il Piemonte una differenza sostanziale: 47,5 per cento contro il 29 per cento.

Graziella Rogolino, responsabile Sanità dello Spi Cgil è durissima: «La strage era sicuramente evitabile con una gestione più attenta e un presidio medico adeguato presso le strutture. Le drammatiche vicende dei mesi scorsi, l’incapacità e, in alcuni casi, l’impossibilità delle Rsa di provvedere con maggiore efficacia ai propri fragili ospiti dimostrano che l’intero sistema della residenzialità va radicalmente rivisto”.

Come evidenzia ancora la ricerca, l’incremento della mortalità è stato più alto nelle strutture accreditate, e cioè a gestione privata. «Generalmente queste realtà sono meno efficienti e medicalmente meno assistite di quelle pubbliche», osserva la sindacalista. «Ma va anche sottolineato il fatto che le Rsa più piccole hanno gestito meglio la situazione. In generale, sappiamo da tempo che nelle Residenze sanitarie assistite gli anziani vivono in una situazione di assoluta spersonalizzazione che aggrava le loro già precarie condizioni di salute e l’epidemia ha dimostrato in maniera lampante che non sono neppure assistiti in maniera adeguata».

In termini assoluti, i morti nelle Rsa e nelle case di riposo piemontesi sarebbero almeno un migliaio. Di questi, molti senza una diagnosi. Ricordiamo tutti le polemiche dei mesi passati: la Regione Piemonte, come la Lombardia, aveva avuto grandi problemi a testare gli ammalati per il Covid 19, e tanti anziani erano deceduti nelle case di riposo senza cure adeguate.

I sindacati chiedono, anche alla luce dei dati, una revisione profonda del sistema: «Le Rsa devono diventare strutture a prevalenza sanitaria dove ricoverare solo persone con gravissime malattie, incompatibili con l’assistenza domiciliare. Per la maggior parte delle situazioni invece gli anziani devono essere lasciati in casa mettendo in atto un’organizzazione medica, infermieristica e di sostegno economico e di servizi per le famiglie. Nei casi meno gravi si possono sperimentare forme di case solidali, condomini assistiti, co-housing». «La vergogna delle Rsa come lazzaretti per morire deve finire, le strutture vanno modernizzate e utilizzate per curare le persone più gravi. La domiciliarità e il sostegno solidale – concludono – sono il futuro e sono investimenti e non costi perché consentiranno un risparmio tangibile in sanità e una vita migliore per tutti».