Ecco il libro vincitore del Premio letterario di LiberEtà

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Sul nostro catalogo è disponibile il libro vincitore della ventiduesima edizione del Premio Letterario di LiberEtà “Radici andata e ritorno” di Vincenzo Mazzeo.

La trama
Quando Vincenzo alla fine degli anni Cinquanta lascia il Cilento alla volta di Caracas è solo
un bambino. Tornerà in Italia da adulto, negli anni Settanta, prima a Napoli, poi a Milano, dove incontrerà il sindacato.
Una storia di emigrazione e di scoperta in cui le speranze verso il futuro e l’incontro con culture diverse si intrecciano costantemente tra forti tradizioni e legami familiari. Vincenzo non rinuncerà mai alle sue radici ma le arricchirà gradualmente di nuovi significati, identità, valori e affetti. Un romanzo di formazione che si anima anche di battaglie per i diritti e di piccole, grandi conquiste.

L’autore
Nasce in Cilento nel 1952; trascorre l’infanzia e l’adolescenza in Venezuela, negli anni Settanta torna in Italia e parte per Milano dove inizia a lavorare per le ferrovie come elettrotecnico. Ha quattro nipoti, con cui ha uno splendido rapporto, suona le percussioni e pensa che il sindacato sia stato per lui un vero e proprio ascensore culturale e di dignità che lo ha aiutato a definire anche la sua personalità e a tenere unite le radici italiane da una parte e la cultura sudamericana d’adozione dall’altra. Oggi vive nella Lunigiana in Toscana in aperta campagna. Fa il volontario per lo Spi Cgil.

Un brano del libro

Ondeggiavo tra le tradizioni cilentane e quelle afro-latinoamericane e questo, se da una parte metteva a dura prova la mia appartenenza e la mia identità, dall’altra mi faceva scoprire un mondo completamente nuovo e pieno di strane emozioni.

Appena si chiusero le scuole per le vacanze di fine anno, a casa iniziarono a fervere di preparativi natalizi. Ma mi incuriosivano le gaitas navideiias, i canti natalizi venezuelani. Un lungo tamburo veniva preferibilmente suonato a cavalcioni con due bacchette insieme a una piccola chitarra chiamata cuatro per il numero delle corde dal suono melodioso. Queste canzoni irrompevano nei riti ecclesiastici di Natale causando un certo smarrimento in quasi tutti gli europei che assistevano alle celebrazioni, soprattutto italiani e spagnoli.

Per quanto mi riguarda, invece, il ritmo del tamburo, il ticchettio della claves e il raschiare del gùiro mi trasmettevano energia e un senso di leggerezza; durante le funzioni religiose mi facevano fremere accanto a mia madre, che così vedeva concretizzarsi tutti i suoi timori relativamente alla nostra “perdizione” in una terra strana e misteriosa.

Trasformai questa energia e leggerezza in una mia originale forma di espressione individuale imparando a suonare il tamburo.