sabato 27 Aprile 2024
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Anziani, le richieste dei sindacati. Servono risposte

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Anziani, le richieste dei sindacati. Servono risposte

Che sia giunto il momento di intervenire sul tema della non autosufficienza in modo organico e definitivo è sotto gli occhi di tutti. L’emergenza Covid, le lacune del sistema sanitario nazionale, la necessità di intervenire sulla medicina del territorio e sulla domiciliarità, hanno dimostrato quanto sia necessario e urgente dare risposte concrete ai tanti anziani e alle persone non autosufficienti che vivono nel nostro paese.

È per questo che i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil oggi hanno scritto al premier Conte ma anche ai ministri del Lavoro Nunzia Catalfo, dell’Economia Roberto Gualtieri e della Salute Roberto Speranza.

Sul tavolo non c’è solo il tema della non autosufficienza ma in generale la condizione di milioni di pensionati e di persone anziane. Le richieste dei sindacati riguardano l’abbassamento delle tasse dei pensionati, l’aumento del loro potere d’acquisto e, appunto, una legge quadro nazionale sulla non autosufficienza. La discussione tra governo e sindacati si è interrotta bruscamente a causa della pandemia e dunque, per lo Spi Cgil, insieme a Fnp Cisl e a Uilp Uil, è giunto il momento di riprendere il dialogo.

E a livello regionale i sindacati dei pensionati si stanno muovendo per chiedere risposte chiare e certe alle amministrazioni locali. Lo stanno facendo in modo unitario. Pochi giorni fa abbiamo raccontato l’ambizioso progetto di riforma del sistema delle rsa e di rilancio della medicina del territorio promosso dallo Spi Cgil di Roma e Lazio insieme ai sindacati di Fnp Cisl e Uilp Uil. Ma iniziative analoghe si stanno concretizzando su tutto il territorio nazionale. Stavolta siamo andati in Emilia Romagna, dove gli anziani ultra 65 sono il 26 per cento della popolazione e gli ultra ottantenni sono più del 12 per cento, con tendenze in crescita fino al 15 per cento.

“Durante il picco dell’emergenza”, spiega il segretario regionale Emilia Romagna dello Spi Cgil Bruno Pizzica, “gli anziani che sono rimasti a casa sono stati lasciati di fatto senza supporto. Per questo abbiamo presentato alla Regione un progetto per riorganizzare i servizi per gli anziani sia nelle rsa che a casa”.

Il progetto parte dal presupposto, rimarcato più e più volte dai sindacati dei pensionati anche a livello nazionale, che gli anziani sono una risorsa per la comunità e non un peso. “Il fatto che in questi mesi nell’opinione pubblica si sia fatta strada l’idea che gli anziani non servono a nulla e che si possono anche lasciare morire”, dice Pizzica, “è una cosa mortificante e pericolosa e che non corrisponde alla realtà”.

In Emilia Romagna le strutture per anziani in regione residenziali sono 1292. 304 quelle per disabili. I posti di letto complessivi sono 34.650. I contagi sono stati 4.553 e 1.300 decessi. “Sicuramente la criticità maggiore è consistita nella sottovalutazione iniziale del pericolo”, dice Pizzica. “Nessuno pensava che queste strutture potessero essere luoghi di contagio e di pericolo. Ovviamente i sindacati si sono mobilitati subito chiedendo a gran voce alla Regione di intervenire tempestivamente”.

Pizzica spiega come proprio dall’emergenza covid siano emerse alcune criticità sistemiche a cui ora è giunto il momento di dare risposte. Una delle criticità è la filiera di controllo. Le rsa dovrebbero essere controllate dal sistema sanitario e dai comuni ma questo controllo non c’è mai stato. “E quando chiedevamo i dati, i dati non erano mai precisi, erano approssimativi”, dice Pizzica. Per questo nel documento unitario ora i sindacati chiedono una filiera di controllo e di governo di queste strutture. Serve una maggiore trasparenza.

Poi ci sono state le difficoltà logistiche. Una volta arrivati i contagiati, non c’erano spazi per l’isolamento. E questo è un altro punto della piattaforma dei sindacati dei pensionati dell’Emilia Romagna. Servono riforme strutturali e interventi nelle rsa, soprattutto in quelle più datate.

E ancora, gli organici. Pochi gli operatori e spesso formati per fare altro, non per dare assistenza sanitaria. È necessario mettere gli operatori nelle condizioni di poter lavorare bene e formarli per fornire non solo un servizio assistenziale ma anche sanitario.

E poi c’è il problema del personale medico: “Spesso”, dice Pizzica, “manca l’integrazione con il sistema sanitario, nelle strutture non c’è un medico ma solo un infermiere. Noi invece chiediamo anche che ci sia un’assistenza infermieristica h24”. Non a caso ciò che ha funzionato sono state le équipe multiprofessionali che a un certo punto dell’emergenza hanno lavorato dentro le strutture. Si è trattato di equipe di tipo sanitario composte da geriatri, psicologi, infermieri, istituite dalle Usl. E questo ha aiutato anche gli operatori che lavoravano dentro. “Queste equipe sono stata utilissime, in alcuni casi hanno consentito di commissariare le strutture in crisi con gravi problemi. E poi hanno supportato gli operatori interni”, dice Pizzica.

Come pure sono state utili le Usca, le unità speciali di continuità assistenziale, perché hanno fatto prevenzione e hanno impedito che la gente si presentasse al pronto soccorso e intasasse gli ospedali.

La medicina del territorio dunque è fondamentale. Perché se il territorio non è presidiato, e ci sono solo gli ospedali, tutto il sistema va in tilt. E l’emergenza Covid lo ha dimostrato chiaramente.

E poi c’è il discorso più generale di come far vivere gli anziani dentro le strutture. Per molti mesi sono rimasti isolati, senza possibilità di comunicare con le famiglie. Anche su questo i sindacati chiedono interventi strutturali. Le strutture in cui gli anziani vengono ricoverati spesso hanno una logica ferrea di organizzazione del lavoro ma non rispondono alle esigenze delle persone. “Spesso gli anziani vengono tenuti in struttura senza alcuna attività di tipo relazionale e cognitivo o vengono fatti mangiare alle 6 del pomeriggio solo per ragioni organizzative. Invece bisogna farli vivere dignitosamente”, dice Pizzica. Ed eccoci al punto di partenza: gli anziani sono una risorsa e un valore, per quello che hanno dato e continuano a dare in termini di lavoro di cura, supporto ai figli e ai nipoti, ma anche in termini di memoria e saggezza. Anche per questo per i sindacati dei pensionati è fondamentale prolungare il più a lungo possibile la permanenza in casa. E qui si torna alla legge sulla non autosufficienza.

L’assistenza domiciliare così com’è ora può funzionare solo in “momenti di pace”, non in situazioni di emergenza. “Così com’è ora il sistema di domiciliarità non prevede che gli anziani abbiano un rapporto con l’esterno. C’è solo una care giver che fa assistenza 4-5 ore a settimana”, spiega Pizzica. “Invece la domiciliarità deve diventare il perno degli interventi”. Bisogna anticipare il tempo dell’intervento per monitorare le persone anziane individuando situazioni di fragilità prima che arrivi il bisogno di assistenza continua, prima di arrivare alla non autosufficienza totale. Bisogna individuare il disagio finanziario, sanitario, architettonico. “È un concetto di medicina proattiva, perché si vanno a cercare le persone, non ci si limita a curare quando ormai è troppo tardi. Poi man mano che il bisogno cresce, allora cambiamo gli interventi”, aggiunge il segretario generale dello Spi Cgil Emilia Romagna.

In quest’ottica è di fondamentale importanza creare un legame maggiore tra le famiglie con familiari non autosufficienti a carico e le strutture del territorio, come i centri sociali, i centri diurni. In questo modo le famiglie potrebbero sentirsi davvero supportate e non isolate e abbandonate come spesso accade oggi. “Non dimentichiamoci poi che ritardare il ricovero in ospedale o in una residenza non è solo di fondamentale importanza per la salute degli anziani o delle persone non autosufficienti e dei propri familiari, ma costituisce anche un tassello fondamentale del risparmio in termini di spesa sanitaria”, conclude Pizzica. Facciamo solo un esempio banale: quanto costa fare dei controlli in ospedale con ricovero e quanto invece prevedere la possibilità di farli a domicilio? E quanto costa per una famiglia con un familiare non autosufficiente dover ricorrere al ricovero in una rsa?

In Emilia Romagna il piano sociosanitario della regione è scaduto lo scorso anno. Ora nuovo piano sarebbe dovuto essere approvato in primavera ma con l’emergenza è slittato tutto. Dunque l’augurio dei sindacati dei pensionati è che il piano tenga conto delle richieste per dare risposte concrete ai tanti anziani che vivono in una regione con un altissimo tasso di longevità. E anche sul piano nazionale è giunto il momento di un confronto, che la lettera inviata oggi dai sindacati si spera possa accelerarne l’avvio.