giovedì 25 Aprile 2024
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Roma, uomini in piazza contro la violenza sulle donne

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Roma, uomini in piazza contro la violenza sulle donne

Oggi i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil si sono ritrovati in piazza del Popolo a Roma per un sit sotto lo slogan “Cari uomini, abbiamo un problema”. Il presidio fa seguito all’appello (www.abbiamounproblema.it) lanciato proprio pochi giorni fa dai tre segretari generali dei sindacati dei pensionati, Ivan Pedretti, Carmelo Barbagallo e Piero Ragazzini. Un appello che vuole scuotere le coscienze, degli uomini innanzitutto, e spingere a un cambiamento radicale di atteggiamenti e comportamenti.

In tanti sono arrivati in Piazza del popolo sfidando le distanze e la pioggia. Come Carmelo Gullì, dello Spi Cgil di Reggio Calabria, partito stamattina prima dell’alba. “Sono in piazza contro la violenza. Bisognerebbe iniziare a pensare all’8 marzo non solo come una festa. È arrivato il momento di capire perché i diritti delle donne sono messi in pericolo in un momento storico come quello che stiamo attraversando”.

“Il problema è tutto degli uomini. Siamo noi, con la nostra cultura, a causare violenza. È giusto riflettere sulle cause della violenza sulle donne. Dobbiamo farlo oggi ma anche tutti i giorni”, dice Giuseppe Di Girolamo, dello Spi del Veneto, anche lui in piazza. “La violenza si esprime sul lavoro, perché se c’è una crisi le donne sono le prime a perdere lavoro, perché hanno le pensioni più basse, perché prendono stipendi più bassi. Queste sono tutte forme di violenza”.

“Il problema è la violenza maschile contro le donne e non possiamo più fare finta di niente”, si legge nell’appello. “Perché siamo noi uomini i violenti, non ci sono scappatoie. È una violenza strutturale che ha radici profonde e tante facce, il femminicidio è solo quella più estrema e più visibile”, si legge nell’appello. “Vive nelle azioni quotidiane, nel lavoro, nella società, negli stereotipi e nella cultura, in famiglia, nel rapporto di coppia. La parità di genere perde di senso se si trasforma in un artificio retorico dietro al quale ci nascondiamo e ci mettiamo a posto la coscienza”.

“Anche se ci crediamo assolti, siamo tutti coinvolti”. “Ci mettiamo la faccia”, “Ora basta”, “Basta, usciamo dal silenzio”, “Basta uomini violenti”, sono alcuni degli slogan scritti sui tanti cartelli che sfilano in piazza nonostante la pioggia fitta.

In piazza ci sono anche le donne, come Claudia Carlino dello Spi della Calabria. “È importante questa manifestazione promossa dagli uomini e molto partecipata. Oggi ci sono in piazza tanti uomini che ci credono, che vogliono cambiare le cose. E questo ci fa ben sperare. Ne va della qualità della vita di tante donne”.

L’iniziativa dei tre segretari di Cgil, Cisl e Uil, che ha già raccolto migliaia di adesioni, non intende fermarsi all’8 marzo. L’appello intende superare l’ambito sindacale e vuole stimolare la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica sul carattere emergenziale che continua purtroppo a caratterizzare il problema della violenza sulle donne nel nostro paese e non solo. L’obiettivo, dicono dallo Spi Cgil, “è quello di arrivare al maggior numero di persone. Tutti possono aderire, a prescindere dall’appartenenza”.

Ivan Pedretti, Carmelo Barbagallo e Piero Ragazzini sono tre uomini a capo di tre importanti organizzazioni sindacali. Hanno deciso di utilizzare il proprio ruolo pubblico per sollecitare una riflessione che deve coinvolgere tutti. “Quella che vogliamo è una società inclusiva che deve dare diritti a un diverso femminile. Ci assumiamo la nostra responsabilità e vogliamo essere vicini alle donne che si battono in famiglia e sui luoghi di lavoro tutti i giorni”, ha detto poco fa il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti in Piazza del Popolo. “Questo è il senso dell’iniziativa: noi uomini ci vogliamo assumere le responsabilità che ci competono. Siamo noi che usiamo la violenza contro le donne. Quindi dobbiamo costruire un percorso anche per le nuove generazioni”.

“Abbiamo deciso di metterci la faccia, ha aggiunto il segretario generale di Fnp-Cisl Piero Ragazzini. “In questo tempo di pandemia le donne sono ancora più colpite. Dobbiamo combattere gli stereotipi che ancora dominano il discorso pubblico. Servono giusti diritti, giusti salari, giusti riconoscimenti, carriere eque. Facciamo in modo che tutti i giorni sia l’8 marzo”.

Carmelo Barbagallo del sindacato pensionati della Uil aggiunge: “Dobbiamo fare noi un battaglia che parte dalle famiglie, che parte dal bullismo dei giovani e arriva fino al femminicidio. Dobbiamo fare in modo che anche le migliori leggi del nostro paese vengano applicate”, conclude. “E dobbiamo trasferire una nuova cultura anche ai nostri nipoti”.

Oggi non si scende in piazza solo a Roma. In tante altre città d’Italia i sindacati dei pensionati hanno raccolto l’appello alla mobilitazione e hanno fatto la loro parte coinvolgendo tanti uomini in una mobilitazione che più che mai intende sollecitare risposte concrete al problema.

Un problema che è innanzitutto culturale. La violenza sulle donne parte dai nostri più piccoli comportamenti, da abitudini e schemi mentali consolidati, dall’incapacità di guardare sotto l’apparenza dei nostri automatismi. Per questo l’appello e la mobilitazione di oggi sono stati pensati come uno strumento per uscire dal torpore e dall’indifferenza dei nostri pensieri e delle nostre intenzioni. “Come uomini dobbiamo metterci la faccia e rompere quel silenzio assordante nel quale siamo colpevolmente avvolti”, si legge nell’appello. È arrivato il tempo della consapevolezza e della responsabilità. “E di una modifica radicale della società, che è ancora profondamente patriarcale, sessista e maschilista”.

Ma il problema è anche economico. A sottolinearlo con forza sono gli inequivocabili dati sulla povertà e sull’occupazione femminile che da mesi parlano chiaro. Le donne sono le prime ad aver subito le pesanti conseguenze di questa crisi pandemica.
“Non solo la cronaca ci dice che la disoccupazione femminile sta crescendo, ma ci parla di un lavoro femminile fatto di precarietà, di tempi determinati, di part time involontari, di lavori più marginali, ma contemporaneamente di lavori svolti nei settori essenziali come quello dei servizi, della sanità, dell’educazione. L’aumento della povertà, la precarizzazione del lavoro e la sua diminuzione sono tutti attacchi alla loro autonomia”, dice Daniela Cappelli, responsabile del coordinamento donne del sindacato dei pensionati della Cgil. “È difficile poter decidere delle proprie scelte se si è dipendenti: dal reddito altrui, dall’assenza di lavoro o dalla povertà. Abbiamo bisogno di cambiare il paradigma e abbiamo bisogno di farlo ora. Con una battaglia seria”, conclude Cappelli.