Ieri il segretario dello Spi Cgil Ivan Pedretti è stato intervistato da Rassegna.it. “Servizi e risorse stanno diminuendo, invece devono aumentare”, ha detto Pedretti. Rilanciamo l’intervista in un momento in cui gli anziani sono i soggetti più deboli dell’emergenza coronavirus. Servono interventi urgenti anche per affrontare la situazione all’interno delle case di risposo dove i decessi purtroppo aumentano giorno dopo giorno.
I dati sono brutali. Il documento di Sorveglianza Integrata Covid-19 Italia, curato dall’Istituto superiore di sanità e aggiornato a ieri, 23 marzo, ci informa che dei 57.989 casi di contagio da Coronavirus il 37,8% riguarda persone over 50 e il 36% gli over 70. L’età mediana dei casi è di 63 anni. Tra i 5.019 deceduti, 138 appartengono alla fascia d’età 50-59 (3,3%, letalità 1,5%), 541 avevano dai 60 ai 69 anni (10,8%, letalità 5,2%), nella fascia d’età 70-79 sono morte 1.768 persone (35,3%, letalità 15,6%), 2.023 tra gli 80-89 anni (40,3%, letalità 23,6%), 465 tra gli over 90 (9,3%, letalità 24%). Il virus colpisce le persone anagraficamente più fragili, spesso toccate da altre patologie gravi. Ma il fronte non è solo nei reparti di terapia intensiva degli ospedali. Si comprende da questo rozzo preambolo come la popolazione e gli iscritti rappresentati dallo Spi Cgil (il Sindacato pensionati italiani) siano tra i più esposti alla crisi sanitaria e ai suoi effetti collaterali. Abbiamo provato a fare il punto col segretario generale dello Spi, Ivan Pedretti, rivolgendogli alcune domande.
Quali sono, nei territori e a livello nazionale, le principali criticità che lo Spi Cgil e le sue Leghe stanno affrontando riguardo alla pandemia? Quali le iniziative che avete preso e state per prendere? In che modo usate le sedi, compatibilmente con le misure del governo e la salute dei compagni da tutelare?
“I nostri sindacalisti, collaboratori e attivisti rappresentano la fascia più a rischio della popolazione e per questo non ci è stato possibile tenere aperte fisicamente le nostre sedi. Chiuderle è stata una scelta dolorosa ma necessaria. Non ci siamo però dati per vinti, anzi. I nostri sul territorio hanno messo a disposizione i propri numeri di telefono, in molti casi stanno chiamando decine di migliaia di iscritti, anche solo per sapere come stanno e se hanno bisogno di qualcosa. In molte parti d’Italia le Leghe si stanno riunendo attraverso i mezzi che ci mette a disposizione la tecnologia. Per noi pensionati magari è un po’ più difficile, ma ci stiamo ingegnando in tutti i modi per continuare a rappresentare un punto di riferimento per i pensionati e per gli anziani”.
La grande emergenza del virus rischia di far esplodere, nel lungo periodo, le “piccole” emergenze quotidiane: persone non autosufficienti lasciate sole in abitazioni dalle quali non possono uscire, case di riposo ingestibili, patologie croniche non più seguite. Qual è il tuo giudizio al riguardo e cosa chiede lo Spi Cgil?
“Il primo, enorme, problema riguarda le case di riposo. Purtroppo ogni giorno ci arrivano notizie di contagi e di decessi all’interno di queste strutture. Spesso il virus arriva dagli operatori socio-sanitari, magari asintomatici, a cui non sono stati ancora forniti i dispositivi di protezione individuale. In altri casi invece arriva da parenti, anche se la maggior parte delle strutture sono state chiuse all’esterno per proteggere gli anziani ospiti. C’è un ulteriore dramma che stiamo registrando che è quello della solitudine. Gli anziani non ricevono più visite, si sentono abbandonati, non riescono a comunicare con le proprie famiglie. Banalmente servirebbero tablet che non tutte le strutture hanno o si possono permettere. Abbiamo chiesto risorse sia per questi e soprattutto per dotare tutto il personale dei dispositivi di protezione. Abbiamo lanciato un allarme, raccontando al paese che ci sono 500mila persone che si trovano in queste condizioni. Chiediamo che si faccia di più per loro, che si eviti che il contagio si propaghi ancora e che si faccia di tutto per far stare al meglio queste persone. C’è poi il problema dell’assistenza domiciliare per tutti quelli che si trovano a casa”.
Ritieni che la popolazione anziana italiana, in questo momento, stia ricevendo cure e assistenza sufficienti, e, al di fuori degli ospedali, l’attenzione e il rispetto dovuti?
“Purtroppo registriamo da più parti la riduzione dei servizi agli anziani, che tra l’altro erano già particolarmente scarsi. In tutti i territori stiamo facendo i sindacalisti contrattando con gli enti locali soluzioni immediate per non lasciare da solo nessuno e siamo riusciti a sottoscrivere diversi accordi importanti. Noi chiediamo anche che si stanzino maggiori risorse per il terzo settore e per il volontariato che in questa fase possono fare molto portando spesa, medicine e assistenza a chi è recluso dentro casa”.
Hai affermato che deve essere il tempo della responsabilità e non del profitto. Hai lanciato una campagna informativa, per disinnescare fake news e bufale, che mette a disposizione tutte le piattaforme dello Spi (sito nazionale, pensionati.it, LiberEtà) per fornire informazioni corrette. Avete lanciato la campagna “Giovani che aiutano gli anziani”. Quali sono i valori e gli obiettivi degli strumenti che avete messo in campo?
“Quando è cominciata questa emergenza abbiamo sentito dire, anche da autorevoli esperti e membri delle istituzioni, che non bisognava preoccuparsi più di tanto perché morivano solo i vecchi. Come fosse una liberazione, quasi fosse giusto. Ci siamo ribellati a questo modo di raccontare il virus e abbiamo avuto ragione. Oggi tutti, dal presidente della Repubblica al papa fino ai più importanti membri della comunità scientifica, riconoscono la dignità delle persone anziane e rivolgono a loro messaggi di vicinanza. C’è in giro per l’Italia un esercito silenzioso di giovani volontari che vanno a fare la spesa per gli anziani del loro condominio o del loro quartiere. Stiamo raccogliendo le loro storie, per dare un messaggio di speranza e di solidarietà tra le generazioni. È un piccolo ‘regalo’ che ci ha fatto questo virus. Gli anziani in questo momento hanno bisogno di tutto. Di assistenza, di compagnia, di aiuti concreti. Hanno bisogno di sapere e di capire quello che sta succedendo. Noi abbiamo messo tutti i nostri strumenti a disposizione”.
Sarebbe un errore ridurre la popolazione anziana nella sola cornice del bisogno e della vulnerabilità. Centinaia di medici pensionati sono tornati in corsia. A parte loro, cosa stanno facendo, e cosa possono fare gli anziani per aiutare il paese?
“Gli anziani sono la colonna portante di questo paese. Lo sono e lo saranno sempre, anche e soprattutto quando tutto sarà passato. Ci sono anche degli insegnanti in pensione che si sono messi a disposizione per fare le ripetizioni online ai ragazzi che non stanno andando a scuola. Ora è bene che stiano il più possibile a casa, per ripararsi da questo virus. Stare a distanza dai figli e dai nipoti è uno strazio, ma è un male necessario per superare tutti insieme questa emergenza”.