domenica 13 Ottobre 2024
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Le isole accoglienti che fanno integrazione

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Le isole accoglienti che fanno integrazione

di Stefano Milani

Da Ventotene nell’arcipelago delle isole pontine a Sant’Alessio in Aspromonte: quando i piccoli Comuni fanno grande l’integrazione.

C’è vento e il mare è agitato. Capita spesso se si vive su un’isola. E Ventotene non fa eccezione. Sarà per questo che chi abita da quelle parti comprende bene le dinamiche delle onde che s’ingrossano all’improvviso diventando letali per chi le sfida. Lo sanno sulla loro pelle le migliaia di persone che affidano al mare e a un barcone appena galleggiante il proprio destino. E in questo paese, l’Italia, dove i muri sembrano piacere più dei ponti, fa bene al cuore sapere dell’esistenza di avamposti di tolleranza. Piccoli Comuni dove integrazione e accoglienza non sono parole vuote, ma sentimenti da coltivare.

Ventotene può insegnare tanto. Del resto siamo nella patria dell’Europa. Qui, nel 1941, i confinati Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, insieme a Ursula Hirshmann ed Eugenio Colorni, scrissero il Manifesto per un’Europa libera e unita. E, 76 anni dopo, quel messaggio continua a riecheggiare forte e chiaro, tanto che oggi l’isola è diventata una sorta di modello sull’accoglienza. L’accelerazione questa estate, quando il nuovo sindaco, Gerardo Santomauro, ha proposto di far approdare sulla sua terra un gruppo di profughi bambini con l’idea controcorrente di ripopolare la scuola svuotata dal calo demografico, accogliendo in una casa alloggio per anziani, già pronta e vuota, una decina di migranti in età scolare. «Non abbiamo più bimbi, mandateci i profughi» è stato l’appello del primo cittadino, catapultato dopo quelle parole sul palcoscenico nazionale tra consensi e critiche. La proposta del sindaco ha avuto l’appoggio del parroco della chiesa di Santa Candida, don Vincenzo Macera, e soprattutto di Anna, la maestra della scuola elementare. Trentotto primavere d’insegnamento alle spalle e custode della memoria locale. «La nostra scuola è bella e capiente – dice orgogliosa – pensate a quanti ragazzi potrebbero studiare qui, invece ne sono rimasti soltanto otto. Se non ci saranno nuove iscrizioni l’anno prossimo l’istituto chiuderà».

Ventotene non è sola. La buona accoglienza si pratica anche in molti piccoli Comuni dello Stivale: Scicli, Riace, Petruno Irpino, Valle de’ Cavalieri, Ostana e tanti altri, tra cui Sant’Alessio in Aspromonte, centro calabrese di appena quattrocento anime. Qui il sindaco, Stefano Calabrò, ha preso la palla al balzo grazie allo Sprar, ovvero il servizio del ministero dell’Interno che gestisce i progetti di assistenza e di integrazione dei richiedenti asilo a livello locale. «In paese arrivavano saltuariamente degli egiziani, cristiani copti – racconta –. Poi è stata la volta di altri ragazzi nordafricani e curdi. Così ho detto a un mio amico medico: perché non cominciamo a conoscerli? Perché non inizi a visitarli gratuitamente, presso la sede del municipio? Da qualche anno, lavoravamo a un progetto di accoglienza mirato, dopo che nell’ultimo censimento avevamo constatato la presenza di diversi immobili sfitti sul nostro territorio. Volevamo riutilizzare quegli spazi. Così, siamo partiti». E mentre rinascevano alcune botteghe artigiane, mentre si riscoprivano antichi mestieri come il maniscalco, il paese cambiava fisionomia. Più cresceva il bisogno di dare ospitalità ai rifugiati più si strutturava la squadra di persone che doveva occuparsi dei loro percorsi di integrazione: oltre all’amico medico, Calabrò ha coinvolto giovani laureati tentati dall’esodo verso Roma e successivamente riconquistati alla causa, psicologi, educatori, mediatori culturali, infermieri, volontari messi in campo nei corsi di italiano, musica e nei vari tirocini formativi. Un’intera comunità al lavoro per dare una mano. Alla faccia di chi pensa a costruire solo muri.