Guerra e crisi climatica, due fronti con la stessa posta in gioco

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Guerra e crisi climatica sono due fronti di una stessa battaglia la cui posta in gioco è l’energia. Le decisioni di questi mesi possono influire non solo sulla pace in Europa, ma anche sulla transizione ecologica da compiere per fermare il surriscaldamento del pianeta causato dall’uso eccessivo delle fonti fossili

Due mesi prima che i carri armati russi entrassero in Ucraina, l’Europa aveva deciso di conquistare la neutralità climatica entro il 2050. Il gas russo era parte di questo programma di transizione energetica. Si spiega così il perché in Italia a gennaio avevamo quarantotto centrali elettriche a gas che aspettavano il via libera del governo. La guerra ha cambiato tutto. Il prezzo del gas è salito alle stelle e la guerra ha ribaltato lo scenario geopolitico. Ne prende atto il Parlamento italiano che, in un documento del Copasir, scrive: “Le dinamiche della guerra hanno investito, oltre a evidenti profili di ordine militare, geopolitico e umanitario, anche la sicurezza energetica”. Ne è convinto il presidente Mario Draghi secondo il quale “la guerra russa comporterà la nascita di un nuovo “campo” autosufficiente non solo dal punto di vista militare, ma anche energetico”. È su questa linea pure l’Europa che, secondo Ursula von der Leyen, dovrà rivedere le sue scelte energetiche puntando più di prima sulle fonti alternative.

Guerra e crisi climatica sono due fronti di una stessa battaglia la cui posta in gioco è l’energia. Si può vincere una perdendo l’altra. O si possono perdere entrambe. Negli stessi giorni in cui l’orrore della guerra devastava le città ucraine, al Polo nord e al Polo sud si registrava un innalzamento record delle temperature medie. Anche se la notizia non è passata nei Tg della sera, l’ondata di calore artico e antartico ci ha ricordato come le stesse fonti di energia che nutrono il conflitto in Ucraina (gas e petrolio) stiano velocemente portando l’umanità verso la catastrofe ambientale. Eppure, nonostante l’esito catastrofico dell’uso sconsiderato delle energie fossili, la guerra potrebbe rimettere in discussione la transizione energetica.

Due scelte possibili. Secondo Luca Iacoboni, esperto di energia del centro studi Ecco Climate, due sono le scelte sul tavolo dei governi europei. La prima è sostituire il gas russo con quello proveniente da altri paesi. L’Italia ci si è buttata a capofitto. In poco meno di due settimane il governo ha stretto accordi con Algeria, Azerbaijan, Qatar, Angola, Congo, Mozambico. In prospettiva abbiamo poi un accordo con Israele ed Egitto per lo sfruttamento del mega giacimento del mar Mediterraneo. La seconda possibilità guarda di più al futuro. Emanciparsi dal gas e dalle fonti fossili in generale si può fare puntando su risparmio, efficienza e fonti rinnovabili. In questo modo potremmo correre in avanti e non all’indietro come ci costringe la guerra, oltretutto spendendo meno: dal 2019 il fotovoltaico, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), è la fonte più a buon mercato che l’umanità abbia mai avuto.

Le fonti rinnovabili. L’economista Valeria Termini, autrice del libro Energia, la grande trasformazione, pubblicato da Laterza, dimostra come le fonti energetiche rinnovabili – sole, vento, acqua, geotermia, biomasse – possano cambiare il mondo: “Prospettano un freno al riscaldamento del pianeta, intossicato dai combustibili fossili; disegnano scenari più democratici, rendendo partecipi e responsabili i cittadini che diventano non solo consumatori, ma produttori diretti dell’elettricità che utilizzano con pannelli solari e pale eoliche, e protagonisti di nuovi stili di vita improntati al risparmio energetico”.

Passi avanti, anche se frenati da burocrazia e spinte localistiche, si stanno facendo anche in Italia. Il parco eolico inaugurato nel golfo di Taranto alla fine di aprile è una buona notizia. È il primo realizzato nel Mediterraneo, con una potenza installata di 30 megawatt, in grado di soddisfare la domanda di energia di 60 mila persone. Può sembrare poca cosa, ma l’impianto pugliese è il primo passo di un percorso che potrebbe trasformare i mari italiani nella porta sud d’Europa per l’energia del vento. Secondo Terna, che gestisce la rete elettrica nazionale, durante il 2021 sono state ricevute richieste di impianti eolici per ulteriori 26,5 gigawatt, pari a un aumento del 500 per cento. In buona sostanza, la realizzazione dei progetti in corso potrebbe sostituire fino al 10 per cento delle importazioni di gas, pari a sette-otto miliardi di metri cubi all’anno.

Il risparmio. Un altro modo per emanciparsi dal gas e dalle fonti fossili in generale è il risparmio. Cambiare i consumi, abbassare i termosifoni, modificare i bonus energetici, aumentare l’efficienza degli impianti domestici, è un insieme di soluzioni che potrebbe dimezzare la dipendenza dal gas e non solo. La cultura del risparmio e dell’efficienza energetica non nasce oggi con la metafora del condizionatore evocata da Draghi. Risale alla crisi petrolifera generata dalla guerra del Kippur tra egiziani e israeliani. Quello shock fu un formidabile stimolo verso un uso più consapevole dell’energia. Le domeniche a piedi, ad esempio, contribuirono a creare una coscienza civica che ebbe il suo peso anche se eravamo in un periodo storico in cui c’erano ancora i partiti storici della sinistra che avevano la capacità di orientare in senso positivo e progressista l’opinione pubblica. Oggi purtroppo non ci sono più quelle condizioni politiche. Eppure secondo quanto rivela un sondaggio Swg, la grande maggioranza degli italiani chiede di puntare sulle rinnovabili. Ed è pronta a cambiare le proprie abitudini per non sprecare energia. È la politica che ancora non è pronta al grande passo in avanti. Ma questa è un’altra storia.Rinnovabili